In montagna dopo un ictus: si può ma con nulla osta del medico

(di Nicola Simonetti) La cronaca ha riportato il caso di alcuni soggetti che, a distanza di tempo variabile dall’aver subito un ictus cerebrale, hanno tentato di riprendere l’abituale vacanza in montagna.

I risultati sono stati poco soddisfacenti per le complicanze cui gran parte di questi soggetti sono andati incontro.

A.L.I.Ce. Italia Onlus (Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale) ha diramato alcune regole per godere a pieno di una vacanza in alta quota.

Se fino a 1500-2000 metri, perlomeno in estate e con il bel tempo – avverte il comunicato – non si incontrano grandi rischi, sopra i 2000 – e in particolare in inverno – ci si può imbattere in pericoli oggettivi: carenza di ossigeno, freddo, vento, valanghe.

La riduzione della pressione atmosferica e, di conseguenza, della pressione dei gas presenti nell’aria che respiriamo, fa sì che salire in alta quota, soprattutto per soggetti con patologie acute o croniche, debba essere un’attività da svolgere sotto il controllo medico. A 2000 metri si ha una riduzione del 20% dell’ossigeno presente nell’aria, a 3000 ne manca già il 30%, a 4800 metri (l’altezza del Monte Bianco) ne manca circa la metà. Un organismo sano può mettere in campo tutti i meccanismi necessari ad un adattamento anche rapido, ma per soggetti con patologie acute o croniche la carenza di ossigeno può essere problematica. Questo è ancora più vero per chi ha sofferto di un ictus o un TIA, patologie che si caratterizzano per il ridotto apporto di ossigeno al tessuto cerebrale. La montagna quindi non diventa un tabù, ma bisogna fare attenzione a regole precise.

A.L.I.Ce. Italia Onlus consiglia di non superare i 1500 metri di altitudine nei primi tre mesi successivi all’ictus e non di andare oltre i 2000 tra il quarto e il sesto mese. Trascorso questo periodo, le condizioni cliniche sono già stabili ed è possibile consultare il proprio medico curante e lo specialista neurologo pianificare gite anche più complesse spingendosi al di là dei 2000 m, ma questo dipende molto da soggetto a soggetto e quindi una valutazione preventiva del rischio si rende indispensabile.

In caso di ipertensione arteriosa i valori della pressione devono essere ben controllati già a bassa quota, così come la glicemia nei pazienti diabetici. I valori di colesterolo devono essere nei livelli di normalità e non bisogna fumare; è necessario, infine, assumere con scrupolo tutte le terapie prescritte dal neurologo.

“Tendenzialmente superare i 3500 metri rimane un discreto rischio. Vanno evitate – dice Guido Giardini, ospedale “U. Parini” – USL della Valle d’Aosta.  le giornate molto fredde e con forte vento, dal momento che le temperature rigide possono causare vasocostrizione. Tanto più se il paziente ha una concomitante patologia ischemica cardiaca. Quote superiori a 4000 m restano un traguardo impegnativo, mentre le quote lievi e moderate non rappresentano un rischio. Bisogna evitare le giornate eccessivamente fredde, controllare bene i fattori di rischio, assumere le medicine prescritte, alimentarsi e idratarsi in modo corretto, avere sempre con sé tutti gli indumenti e le attrezzature necessarie”.

In ogni caso, la persona interessata può rivolgersi ad un centro di medicina di montagna con esperienza anche nel campo delle malattie neurologiche, presso il quale effettuare non solo una visita specialistica, ma anche test specifici inerenti l’adattamento alle alte quote. Oltre all’esecuzione di esami strumentali volti allo studio del sistema nervoso con la valutazione di neurologi esperti in medicina di montagna (Ecodoppler carotideo e transcranico, Elettroencefalogramma, Polisonnografia, Elettromiografia, Potenziali evocati, TC o Risonanza Magnetica), in alcuni casi viene posta indicazione ad un test in ipossia o altitudine simulata.

“L’ictus è un evento improvviso, inatteso e traumatico, ma oggi – dice la dr Nicoletta Reale, presidente di A.L.I.Ce. –è possibile tornare, dopo un percorso di riabilitazione, condurre una vita il più possibile normale, senza dover essere costretti ad abbandonare le proprie passioni e i propri interessi. La nostra Associazione ( www.aliceitalia.org.) da sempre affianca le persone colpite da ictus con l’obiettivo di creare una rete di contatto e condivisione con chi ha già vissuto la stessa esperienza, fornendo informazioni non solo sulla prevenzione primaria, ma anche sulle opportunità disponibili nelle complesse fasi del post ictus”.

In montagna dopo un ictus: si può ma con nulla osta del medico

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