Crisi in Sahel non secondaria a quella in Ucraina

(Di Marinella Pacifico, componente Commissione Esteri Senato”) Focalizzare lo sguardo esclusivamente sulla crisi militare in Ucraina è un esercizio che, se non letto con le giuste lenti, rischia la permanenza dello stallo nel cuore dell’Europa. Nel resto del globo si stanno giocando partite altrettanto importanti, tali da determinare gli assetti geopolitici per le sfere di influenza, oramai accertate nella quasi totalità del continente africano.

I ritardi e le deleghe consegnate dalla UE ad alleati non continentali nell’affrontare le crisi di casa nostra, ci rimanda al presidente Macron che, insieme alla Merkel, incoraggiava la UE ad essere protagonista nei rapporti con Mosca. Mentre la Ue è impegnata a sigillare i confini ad est con linee militari, per il timore di invasioni o provocazioni di Mosca, l’alleato più importante della Russia, la Cina, stringe rapporti economici proprio con la Polonia per costruire il più grande hub commerciale cinese in Europa.

Esattamente con le stesse modalità, nel cuore dell’Africa, nel Sahel, l’alleanza Sino-Russa sta riproducendo lo stesso schema. Da una parte la Russia, con l’invio dei suoi consiglieri militari e con la presenza dei Wagner, sta offrendo protezione al Mali, estromettendo quasi totalmente la Francia dalle dinamiche e dai rapporti con Bamako. Contestualmente la Cina, con la sua forza economica, ha fatto ingresso in quel mercato acquistando debito.

Inutile ricordare gli innumerevoli errori o sottovalutazioni della UE circa gli assetti politici di quei Paesi che, ricordiamolo, sono Paesi cuscinetto tra l’Africa centrale e le sponde del Mediterraneo. Il susseguirsi di colpi di Stato in quasi tutti i paesi del Sahel, sta destabilizzando l’intera regione.

L’UNCHR stima in quattro milioni i profughi che stringono verso nord. Controllare l’intera fascia equivale a gestire l’immigrazione di milioni di profughi pronti ad essere usati anche per destabilizzare le deboli democrazie dei paesi confinanti a nord.

Alla luce del sinallagma tra la Russia ed alcuni paesi del Sahel, sarebbe auspicabile un intervento della comunità internazionale al fine di favorire un percorso veramente democratico di quei Paesi, evitando guerre a bassa intensità costellate da decenni di colpi di Stato, troppe volte accettati, se non favoriti, dall’ occidente.

In questo contesto, ho apprezzato molto le parole del presidente Macron, che all’incontro con Putin ha ribadito che l’unica strada percorribile sia quella del dialogo con Mosca e auspica la de-escalation necessaria per la UE e per la Russia. Si stanno così delineando le leadership europee. Macron, presidente di turno della UE con questa impostazione traccia la via per la rielezione e il riconoscimento di unico leader europeo in grado di esercitare una politica estera coerente con lo spirito del nostro continente. La politica estera italiana, invece, risulta poco incisiva. Ed è anche su questo che bisogna ragionare.

L’Italia nel Sahel

Il nostro Paese è presente in quel territorio con la “Missione bilaterale di supporto nella Repubblica del Niger – MISIN”, comandata dal colonnello pilota dell’aeronautica militareDavide Cipelletti, (con area geografica di intervento allargata anche a Mauritania, Nigeria e Benin) al fine di incrementare le capacità volte al contrasto del fenomeno dei traffici illegali e delle minacce alla sicurezza, nell’ambito di uno sforzo congiunto europeo e statunitense per la stabilizzazione dell’area e il rafforzamento delle capacità di controllo del territorio da parte delle autorità nigerine e dei Paesi del G5 Sahel.

Circa 200 militari italiani operano, invece, all’interno della TF Takuba, garantendo capacità di evacuazione medica del personale della coalizione in operazione mediante l’impiego dei 3 velivoli da trasporto CH 47 F dell’Esercito, in configurazione medevac che si avvalgono della necessaria cornice di sicurezza assicurata dai 3 elicotteri da esplorazione e scorta AH – 129D “Mangusta”, del 5° e 7° reggimento della Brigata Aeromobile dell’Esercito, inquadrati nella Task Force “Jacana”.

Crisi in Sahel non secondaria a quella in Ucraina