Crisi politica in Sud Sudan: il Paese rischia un nuovo ciclo di violenza etnica

Il Sud Sudan è nuovamente sull’orlo di una crisi. La tensione tra il presidente Salva Kiir e il suo vice, Riek Machar, che da anni si contendono il potere, è esplosa la scorsa settimana, sollevando seri timori per il futuro del Paese. Il ministro della Difesa, leale a Kiir, ha guidato un convoglio armato verso la residenza di Machar, disarmando le sue guardie e arrestando il vice presidente. Un atto che, secondo il partito di Machar, segna la fine dell’accordo di pace firmato nel 2018, che aveva messo fine a una guerra civile devastante durata cinque anni e costata la vita a circa 400.000 persone.

La popolazione è in stato di allarme. Choul Magil, sopravvissuto al conflitto passato che gli ha strappato padre e fratello, racconta della sua fuga in Sudan e del ritorno, oggi a 40 anni, a Juba. Tuttavia, la crescente presenza militare nelle strade della capitale gli fa temere il peggio. “Non posso fuggire di nuovo. Vorrei solo che Kiir e Machar trovassero un accordo e ci lasciassero vivere in pace”, ha dichiarato.

Intanto, gli Stati Uniti hanno annunciato la revoca di tutti i visti per i cittadini sud sudanesi, accusando il governo di non aver rispettato gli impegni presi in merito al ritorno dei cittadini espulsi.

La crisi sud sudanese si inserisce in un contesto regionale sempre più instabile. I ribelli dell’M23, appoggiati dal Ruanda, hanno recentemente conquistato due città cruciali nella Repubblica Democratica del Congo. La Somalia sta affrontando una lunga insurrezione islamista, l’Etiopia combatte una rivolta interna, mentre il Sudan è devastato dalla guerra ormai da due anni, con oltre 12 milioni di rifugiati.

Sul piano interno, il Sud Sudan è alle prese con un collasso economico drammatico. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, il reddito medio dei cittadini è sceso a meno di un quarto rispetto a quello del 2011, anno dell’indipendenza. Più della metà degli oltre 11 milioni di abitanti vive in condizioni di fame. Le storiche divisioni tra il nord musulmano e il sud cristiano-animista si sono trasformate in violente rivalità etniche tra i Dinka di Kiir e i Nuer di Machar, alimentando un conflitto che sembra ciclico e mai risolto.

Nel 2018, l’accordo di condivisione del potere aveva previsto che Kiir mantenesse il controllo del 60% dei seggi governativi e che le due fazioni dividessero i proventi del petrolio, la principale fonte di reddito del Paese. Ma l’economia è ormai allo stremo: la valuta è in caduta libera, le inondazioni devastano le terre agricole e il blocco delle esportazioni di petrolio attraverso il Sudan ha peggiorato ulteriormente la situazione. Le truppe e le milizie non retribuite stanno seminando il terrore nelle campagne.

Il presidente Kiir ha rinviato le elezioni sei volte da quando è salito al potere nel 2005, quando il Sud Sudan era ancora parte del Sudan. Il suo mandato attuale scade il prossimo anno, ma i timori che cerchi di prolungarlo stanno alimentando le tensioni. “La situazione sta iniziando a somigliare a quella del 2013”, ha dichiarato Edmund Yakani, attivista per i diritti umani a Juba. “L’etnicità è diventata uno strumento politico per accedere al potere. È uno scenario pericoloso.”

A marzo, la situazione è ulteriormente peggiorata quando l’Esercito Bianco, una milizia composta principalmente da Nuer legati a Machar, ha attaccato una base militare a Nasir, nel nord del Paese. Centinaia di soldati governativi sono stati catturati, tra cui il generale Dinka David Majur Dak Dak. L’episodio ha segnato una nuova escalation, con l’Esercito Bianco che ha aperto il fuoco su un elicottero delle Nazioni Unite, uccidendo diversi soldati feriti.

L’International Crisis Group ha avvertito che la morte di Dak potrebbe essere usata da Kiir per galvanizzare il sostegno della sua base etnica, alimentando ulteriori divisioni nel Paese. Inoltre, l’intervento delle forze speciali ugandesi, richiesto da Kiir per rafforzare la sicurezza a Juba, sta destando preoccupazioni. Nonostante l’Uganda ospiti già milioni di rifugiati sud sudanesi, l’ingresso di truppe straniere potrebbe esacerbare ulteriormente le tensioni.

Il Sud Sudan sembra trovarsi a un punto di rottura. Se non si interviene con decisione per invertire la rotta politica e rilanciare gli sforzi per la pace, il Paese rischia di cadere di nuovo in un ciclo di violenza che sarebbe devastante per la sua fragile popolazione.

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