Difesa europea: la svolta franco-tedesca e il ritorno al dialogo tra Macron e Meloni

di Emanuela Ricci

Il futuro dell’Unione Europea nel campo della difesa è stato al centro di un dibattito di alto livello alla Filarmonica di Trento, dove si è discusso di come Francia e Germania stiano ridefinendo il proprio ruolo strategico. All’incontro, organizzato dall’Istituto per gli studi di politica internazionale (ISPI), sono intervenuti Sylvie Goulard, ex ministra della Difesa francese e attualmente docente alla SDA Bocconi, l’ambasciatore Armando Varricchio, rappresentante italiano a Berlino, e Paolo Magri, presidente del comitato scientifico dell’ISPI.

Il titolo del panel – “L’Ora della verità: Francia e Germania” – non è stato casuale. Il confronto ha messo in luce un cambiamento profondo negli equilibri interni all’Unione, guidato in particolare dalla nuova impostazione impressa dal cancelliere tedesco Friedrich Merz. Significativo il fatto che tra il pubblico fosse presente anche l’ex presidente della Commissione UE Romano Prodi, di cui Goulard fu in passato consigliera politica.

Come ha evidenziato Varricchio, la Germania, a lungo percepita come una potenza prevedibile e stabile, ha scelto di reinventarsi. Dopo anni di cautela strategica, Berlino si prepara a una nuova fase di leadership: al prossimo vertice NATO presenterà un piano ambizioso per destinare il 5% del PIL alla sicurezza nazionale, suddiviso tra spesa militare (3,5%) e protezione delle infrastrutture critiche (1,5%). Secondo Merz, la Germania intende costruire il più grande esercito convenzionale d’Europa e proporsi come perno della sicurezza continentale. In quest’ottica, il tema della cooperazione nucleare con la Francia assume una valenza centrale e delicata.

Goulard ha sottolineato che tanto Parigi quanto Berlino sono pronte ad avanzare ulteriormente verso una difesa comune, nonostante le resistenze di alcuni Stati membri. Ha definito il sovranismo “una manifestazione delle nostre insicurezze” e ha lanciato un messaggio deciso: “Chi vuole partecipare venga con noi. Chi non è pronto, resti fuori”. Secondo lei, dall’introduzione dell’euro manca un grande progetto politico condiviso. “La forza nucleare francese da sola non basta. Serve una strategia comune, anche economica e diplomatica. E finché ci si muove in ordine sparso, l’Europa non potrà contare davvero”.

Questo scenario si intreccia con gli sviluppi più recenti sulla scena internazionale, dove i rapporti con Washington stanno mettendo in difficoltà i leader europei. Emmanuel Macron e Giorgia Meloni si sono trovati, in pochi giorni, a fronteggiare due smentite americane che hanno indebolito i loro tentativi di mediazione.

Il presidente francese ha visto sfumare la sua proposta per un cessate il fuoco in Ucraina, bocciata in pochi minuti da Donald Trump nel corso di una telefonata con gli alleati. Allo stesso modo, la premier italiana si è ritrovata esposta dopo aver promosso un dialogo commerciale tra Bruxelles e Washington, che ora rischia di essere vanificato da nuove minacce di dazi contro l’Europa.

Questi sviluppi hanno rafforzato, a Parigi come a Roma, la consapevolezza che serve una maggiore convergenza tra capitali europee. I due leader, dopo settimane di tensioni, come rivela Repubblica, si sarebbero parlati al telefono in una conversazione definita “positiva” dai rispettivi entourage. Le divergenze non sono scomparse, ma l’urgenza della situazione ha imposto un approccio più pragmatico.

Macron e Meloni hanno condiviso l’idea che Mosca non può avere il controllo sul formato e sui tempi di un eventuale negoziato. Dopo che Trump ha parlato con Putin, facendo temere un disimpegno americano, i governi europei hanno alzato il livello di allerta: se la Casa Bianca si defila, l’intero impianto diplomatico rischia di crollare.

L’ipotesi di un vertice in Vaticano, inizialmente sostenuta da Roma, sembra essere stata accantonata, ma la Santa Sede resta un attore rilevante, specie sui dossier umanitari come i prigionieri di guerra, i bambini deportati e la centrale di Zaporizhzhia. Intanto, la Svizzera – proposta da Macron e appoggiata da Berlino e Londra – è diventata il canale negoziale più credibile, anche se complesso.

Meloni appoggia questa linea con realismo, convinta che l’alternativa, ovvero un’Europa divisa e un’America assente, sia molto più pericolosa. Intanto, Erdogan mantiene aperta la possibilità di una mediazione turca, sfruttando i suoi rapporti con Mosca.

In questo delicato equilibrio, l’intesa ritrovata tra Francia e Italia appare come un primo passo per evitare il tracollo della diplomazia europea. Per entrambi i leader, non si tratta più di protagonismo, ma di salvaguardare l’interesse comune dell’Unione. E il tempo stringe.

Subscribe to our newsletter!

Difesa europea: la svolta franco-tedesca e il ritorno al dialogo tra Macron e Meloni