Difesa Europea: tra minacce globali e innovazione militare. Missili, satelliti e caccia di nuova generazione, ma serve unità

L’idea di una Difesa europea è spesso evocata nei dibattiti politici e strategici, ma cosa significa realmente? Per comprenderlo, è utile ascoltare l’analisi del generale Pasquale Preziosa, ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica, che ha dedicato un intero libro al tema.

Come riportato in un articolo pubblicato oggi su La Stampa, il generale non usa mezzi termini: l’Europa ha bisogno di una deterrenza credibile, capace di scoraggiare qualsiasi minaccia esterna, in particolare quella russa, che si estende dal campo convenzionale a quello nucleare, spaziale e cyber. Tuttavia, il nodo cruciale non è solo il rafforzamento militare in senso tradizionale – artiglierie, carri armati, munizioni – ma anche l’adattamento alle nuove tecnologie che già oggi stanno rivoluzionando il concetto stesso di attacco e difesa. Il percorso per raggiungere questo obiettivo, però, resta ancora tutto da definire.

In questo nuovo equilibrio mondiale, l’Europa si trova di fronte a una sfida epocale: costruire una Difesa comune capace di garantire sicurezza e deterrenza in un mondo in cui le minacce sono sempre più complesse e multidimensionali.

Secondo il generale Preziosa, i passi da compiere sono chiari, ma richiedono volontà politica, cooperazione e investimenti su scala continentale.

Il primo nodo da affrontare è l’ipersonico. L’introduzione del missile ipersonico infatti ha ridefinito gli equilibri della deterrenza militare. Si tratta di un’arma rivoluzionaria, capace di viaggiare tra le cinque e le otto volte la velocità del suono, raggiungendo i 12.000 km/h. Questo significa che, dal momento del lancio, impiega pochissimo tempo per colpire il bersaglio, rendendo obsolete le attuali difese antimissile. Se persino gli Stati Uniti si trovano scoperti di fronte a questa tecnologia, la situazione europea appare ancora più critica, data la quasi totale assenza di sistemi di difesa aerea avanzati.

La portata strategica di questa innovazione è enorme. Finora, la deterrenza nucleare si è basata su un equilibrio di forze: se una potenza lancia un missile, l’avversario risponde con la stessa capacità distruttiva. Tuttavia, con il missile ipersonico, questo equilibrio viene alterato. Se la Russia decidesse di dotarlo di una testata nucleare, la capacità di risposta degli Stati Uniti e dei loro alleati risulterebbe compromessa. Un’asimmetria che il generale Pasquale Preziosa aveva già segnalato nel 2016, quando avvertì della necessità di prepararsi a questa nuova minaccia. Oggi, mentre gli americani cercano di colmare il gap tecnologico, l’Europa appare ancora più vulnerabile.

Affrontare questa sfida richiede investimenti colossali, che nessun singolo Stato europeo può sostenere da solo. L’unica soluzione possibile è un approccio comune a livello di Unione Europea, con una strategia condivisa e uno sviluppo coordinato delle tecnologie di difesa. Senza una risposta adeguata, il rischio è quello di restare indietro in un mondo in cui la sicurezza dipende sempre più dalla capacità di adattarsi alle innovazioni militari.

Un altro pilastro fondamentale è il dominio spaziale. Nel contesto della sicurezza globale, lo spazio non è più solo un luogo di esplorazione e ricerca scientifica, ma un dominio operativo strategico, dove si combatte una guerra silenziosa e costante. La capacità di controllo e utilizzo dello spazio è ormai cruciale: senza una rete satellitare efficiente, le comunicazioni militari si interrompono, i droni diventano inutilizzabili e le minacce provenienti dal cielo restano invisibili.

L’Europa, tuttavia, si trova in una posizione di forte ritardo rispetto alle grandi potenze. Mentre Stati Uniti e Cina investono in programmi spaziali avanzati, conducendo anche missioni segrete con navicelle che operano per anni nello spazio, il dibattito europeo sulla difesa spaziale è ancora poco sviluppato. Ciò che spesso viene taciuto è che lo spazio è già teatro di attacchi quotidiani ai satelliti, con tecniche mirate a renderli ciechi o a danneggiarne le funzionalità.

Di fronte a questa realtà, non si può più ignorare la necessità di una strategia spaziale europea. Nessun singolo Stato del continente ha le risorse per competere da solo con le superpotenze, ma un’azione comune potrebbe permettere all’Unione Europea di dotarsi di una propria capacità operativa nello spazio. Questa sfida non riguarda solo il prestigio tecnologico, ma la stessa sopravvivenza della sicurezza europea in un’epoca in cui il controllo dell’orbita terrestre è diventato sinonimo di potere strategico.

Non meno rilevante è la dimensione digitale. Nel mondo di oggi, la dimensione digitale è onnipresente: dalla comunicazione alla finanza, dalla sicurezza alla difesa. Anche la guerra si combatte sempre più nel cyberspazio, dove la capacità di proteggere infrastrutture e dati è diventata un fattore determinante per l’autonomia strategica di una nazione o di un intero continente.

Eppure, l’Europa è drammaticamente indietro. Il dominio del settore è nelle mani delle grandi aziende americane, che detengono la maggior parte dei dati e delle infrastrutture digitali. La stragrande maggioranza dei data center si trova negli Stati Uniti, mentre in Europa gli investimenti in questo settore sono limitati. Basta osservare una tendenza significativa: negli Stati Uniti, si assiste alla conversione di vecchi edifici, come supermercati, in enormi centri dati, mentre nel continente europeo si continua a privilegiare la regolamentazione rispetto allo sviluppo di un’infrastruttura digitale autonoma.

Il rischio è evidente: senza un piano strategico per il digitale, l’Europa rimane dipendente da attori esterni, esponendosi a vulnerabilità in caso di crisi o conflitti. Se il continente vuole davvero raggiungere l’autonomia strategica, non può limitarsi a stabilire regole: deve investire in cybersicurezza, infrastrutture digitali e capacità di gestione dei dati, altrimenti resterà un semplice spettatore in un mondo in cui il potere passa sempre più attraverso il controllo delle informazioni.

Secondo l’analisi del Generale Preziosa, oltre alle sfide legate alle nuove tecnologie militari e al dominio digitale, l’Europa soffre anche di un grave ritardo negli armamenti convenzionali. Il problema principale non è la mancanza di investimenti, ma la dispersione delle risorse dovuta alla competizione interna tra i Paesi europei. Si stima che, dei circa 800 miliardi destinati alla difesa, ben 600 miliardi vengano sprecati a causa della frammentazione dell’industria militare.

Un esempio emblematico è quello dei carri armati. Esiste già un polo italo-tedesco con Leonardo e Rheinmetall, ma parallelamente un’altra azienda tedesca sta sviluppando un progetto con francesi e svedesi. Il risultato? Invece di unificare gli sforzi per realizzare un modello unico ed efficace, si procede con più progetti concorrenti, rallentando il processo e disperdendo risorse preziose.

La stessa dinamica si ripete con il caccia del futuro, dove coesistono due programmi contrapposti: uno anglo-italo-giapponese e uno franco-tedesco. Questo scenario – spiega il generale Preziosa – ricorda quanto accaduto con l’Eurofighter: inizialmente, anche la Francia era stata invitata a partecipare al progetto, ma le ambizioni di leadership assoluta l’hanno portata a sviluppare un proprio velivolo, che, in termini di numeri, non ha ottenuto lo stesso successo del caccia europeo.

La mancanza di coordinazione e visione unitaria penalizza gravemente l’Europa, rendendola meno competitiva rispetto ad altre potenze militari. Se il continente vuole davvero costruire una Difesa europea efficace, deve superare gli egoismi nazionali e sviluppare un approccio integrato alla produzione di armamenti, ottimizzando risorse e capacità industriali. Senza questa svolta, l’Europa rischia di restare un gigante economico, ma un nano militare.

Ma, per il Gen. Preziosa, il vero nodo resta la volontà politica. Gli egoismi nazionali hanno storicamente frenato ogni tentativo di unificazione della Difesa europea. Finché gli Stati continueranno a privilegiare i propri interessi rispetto a una visione comune, l’Europa resterà vulnerabile. La NATO ha già identificato la Russia come una minaccia, ma spetta all’Europa definire una strategia autonoma, capace di stabilire quali siano le priorità per la propria sicurezza.

L’Europa ha le capacità per costruire una Difesa credibile, ma il tempo stringe. Senza una vera unione degli intenti, rischia di restare irrimediabilmente indietro in un mondo che evolve rapidamente.

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