Domenica alle 08.30, l’inizio della tregua a Gaza

Israele e Hamas hanno firmato un accordo che rappresenta una tregua temporanea nel conflitto che ha devastato la regione. L’intesa è stata approvata dal gabinetto di sicurezza israeliano dopo sette ore di discussioni, concluse a tarda notte. Su 32 ministri, 24 hanno votato a favore e 8 contro, inclusi i ministri di estrema destra Itamar Ben Gvir e Bezalel Smotrich, che si sono opposti alla decisione. Il cessate il fuoco inizierà domenica alle 8:30 ora locale (le 7:30 in Italia), come annunciato dal portavoce del ministero degli Esteri del Qatar, Majed al-Ansari, tramite un post su X in arabo. “Consigliamo ai nostri fratelli di rimanere cauti, di esercitare la massima attenzione e di attendere istruzioni da fonti ufficiali”, ha scritto.

Nella prima fase dell’accordo, Hamas rilascerà 33 ostaggi israeliani, tra cui donne, bambini, anziani e persone con problemi di salute. In cambio, Israele libererà oltre 1.700 detenuti palestinesi. Tra questi figurano circa 700 persone accusate di terrorismo, di cui 250-300 condannati all’ergastolo, 1.000 cittadini di Gaza arrestati dall’8 ottobre durante i combattimenti e 47 detenuti già liberati nel 2011 nell’ambito dello scambio per il soldato Gilad Shalit. Inoltre, nella prima lista di detenuti rilasciati, vi saranno 95 persone, principalmente donne, arrestate dal 2020 in poi, tra cui la deputata palestinese Khalida Jarrar.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato che, se i negoziati sulla fase due dell’accordo fallissero e Hamas non accettasse le richieste di sicurezza, l’esercito israeliano riprenderà le operazioni militari a Gaza con il sostegno degli Stati Uniti. Ha inoltre sottolineato di aver ricevuto garanzie sia dall’amministrazione Biden che da quella Trump per un appoggio in caso di ripresa del conflitto.

L’accordo ha suscitato reazioni contrastanti in Israele. Mentre i familiari degli ostaggi si sono dichiarati sollevati dalla notizia, l’estrema destra ha manifestato forte opposizione. Itamar Ben Gvir, ministro della Sicurezza Nazionale, ha annunciato le sue dimissioni, affermando che il rilascio di terroristi rappresenta una minaccia per la sicurezza nazionale. Ha esortato i colleghi del Likud e del sionismo religioso a opporsi all’accordo, nonostante abbia assicurato che non tenterà di rovesciare il governo Netanyahu.

Sul piano internazionale, l’Alto Rappresentante dell’UE per la Politica Estera, Kaja Kallas, ha accolto con favore l’accordo, definendolo un passo importante verso una pace duratura. Ha ribadito l’impegno dell’UE per una soluzione a due Stati e ha annunciato l’intenzione di avviare una missione umanitaria al valico di Rafah, previo consenso di Israele, dell’Autorità Palestinese e dell’Egitto.

Anche l’ONU, attraverso il Segretario Generale Antonio Guterres, ha commentato gli sviluppi. In visita in Libano, Guterres ha chiesto a Israele di cessare le operazioni nel sud del Paese, definendo la presenza militare israeliana una violazione della Risoluzione 1701. Ha inoltre rivelato che i Caschi Blu hanno scoperto oltre 100 depositi di armi appartenenti a Hezbollah o altri gruppi armati.

Nel frattempo, l’Italia ha intensificato il suo impegno umanitario. Dal porto di Monfalcone è partita una nave diretta a Cipro, con a bordo oltre 50 tonnellate di beni di prima necessità destinati alla popolazione di Gaza. Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha dichiarato che l’Italia continuerà a supportare chi soffre in questa difficile situazione.

Nonostante l’accordo rappresenti un progresso, le sfide rimangono molteplici. Israele e Hamas dovranno negoziare ulteriori dettagli sulla seconda fase, che potrebbe includere il rilascio di altri ostaggi in cambio della fine delle ostilità e l’avvio di accordi per la ricostruzione di Gaza. Tuttavia, Netanyahu insiste affinché le forze israeliane rimangano nel corridoio Filadelfia, tra Gaza ed Egitto, almeno fino al 50° giorno dell’accordo, un punto che potrebbe complicare ulteriormente il processo.

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