È il momento di finanziare le PMI dello spazio

di Alessandro Sannini – giurista & Head of strategy di 3IP Space

L’Italia dello spazio è fatta di piccole e medie imprese. Non sono nomi noti al grande pubblico, non costruiscono razzi né lanciano satelliti, ma rappresentano la spina dorsale tecnologica di un settore in continua crescita. Una galassia di fornitori, integratori, subfornitori e specialisti di nicchia: ottiche, propulsione, materiali avanzati, software di bordo, sensoristica, algoritmi predittivi.

Un mosaico brillante ma frammentato, distribuito su tutto il territorio nazionale, con presenze rilevanti in Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Lazio, Puglia e Campania.

Oggi questo sistema, pur ricco di competenze e innovazione, rischia di restare irrilevante nella sfida globale se non sarà sostenuto da capitali pazienti e strategie industriali lungimiranti. È il momento del private equity.

Un’industria che chiede aggregazione

L’industria spaziale non è più – e da tempo – monopolio delle agenzie governative e dei grandi gruppi. Accanto ai big player come Leonardo o Thales Alenia Space, operano centinaia di PMI che svolgono un ruolo fondamentale nell’ecosistema europeo.

Ma questa moltitudine è spesso priva della massa critica necessaria per affrontare le sfide dei grandi contratti, dell’export regolamentato, della certificazione militare e della scalabilità tecnologica.

Serve una logica di consolidamento. Il modello buy and build, già diffuso nel manifatturiero, nella sanità e nella tecnologia, può rappresentare la chiave di volta per creare veri poli industriali dello spazio.

Occorre individuare aziende complementari – per tecnologie, mercati o clienti – e integrarle sotto una guida finanziaria e strategica capace di valorizzare sinergie, razionalizzare i costi, rafforzare la governance e scalare la produzione.

Non si tratta di speculazione o dismissioni, ma di crescita sostenibile e strutturata. Un modello che richiede tempo, visione e impegno attivo da parte degli investitori. Ma è anche l’unico modo per trasformare un sistema artigianale in una filiera moderna, resiliente e competitiva, a livello europeo e globale.

Tecnologie dual use: un nodo strategico

Un aspetto spesso sottovalutato dell’economia spaziale è il suo legame con la difesa. Sempre più tecnologie sviluppate per l’osservazione terrestre, le telecomunicazioni satellitari, la navigazione o la propulsione trovano applicazione sia nel settore civile che in quello militare.

È il cosiddetto dual use: la capacità di una tecnologia di servire scopi multipli.

Molte PMI italiane producono – spesso inconsapevolmente – asset strategici: payload ottici ad alta risoluzione, sistemi avionici, materiali compositi per applicazioni estreme, software di guida autonoma per velivoli non pilotati. Il potenziale di queste tecnologie è non solo industriale, ma anche geopolitico.

In un’Europa sempre più attenta alla propria autonomia strategica, investire nel dual use significa rafforzare il posizionamento del Paese, costruire sovranità tecnologica e contribuire alla sicurezza collettiva.

Per gli investitori si apre così una nuova frontiera: quella dei fondi specializzati in space & defense, capaci di muoversi all’intersezione tra tecnologie civili e militari, gestire la complessità di certificazioni e licenze, e dialogare con stakeholder istituzionali, dall’ESA alla NATO, dal Ministero della Difesa al MIMIT.

Il private equity come leva industriale

In questo scenario, il private equity può diventare il vero catalizzatore della transizione industriale. Non si tratta solo di finanziare l’espansione, ma di accompagnare le PMI in un percorso evolutivo: migliorare la governance, rafforzare i bilanci, proteggere la proprietà intellettuale, stringere partnership internazionali, attrarre talenti e aprire nuovi mercati.

Un fondo specializzato può fungere da architrave per costruire una piattaforma aggregata, con un centro decisionale forte, una visione tecnologica chiara e una strategia industriale coerente.

Può inoltre attrarre capitali aggiuntivi – pubblici e privati – amplificando l’impatto dell’investimento iniziale.

I segnali già ci sono: operazioni in corso, dossier allo studio, veicoli in fase avanzata di fundraising pronti a intervenire nel cuore della filiera, puntando sulle aziende più promettenti con l’ambizione di creare il primo cluster privato dello spazio italiano.

Gli effetti a catena degli spillover tecnologici

Lo spazio è da sempre un grande laboratorio di innovazione trasversale. Le tecnologie sviluppate per le missioni orbitali generano spillover che impattano l’intera economia: sensoristica per l’agricoltura di precisione, materiali per l’automotive, algoritmi per la diagnostica medica, droni e robotica avanzata, software per l’intelligenza artificiale e la cybersicurezza.

Investire nello spazio non significa solo puntare su un settore verticale, ma su un’intera rete di settori adiacenti, ad alto valore aggiunto. È un moltiplicatore di innovazione e competitività.

Per l’investitore, rappresenta un’esposizione intelligente e strategica a molteplici ambiti industriali.

Una strategia da costruire oggi

La finestra di opportunità è aperta. L’Italia dispone di competenze, università, talenti e un patrimonio industriale unico. Ma mancano ancora strumenti finanziari adeguati, politiche pubbliche efficaci e un coordinamento strategico tra centro e territori.

L’accesso al capitale resta difficile, la burocrazia penalizzante, e la mancanza di una visione sistemica rallenta il potenziale aggregativo.

Tuttavia, qualcosa si muove: cresce l’attenzione politica, così come l’interesse degli investitori e dei fondi specializzati. Le condizioni per costruire una piattaforma nazionale dello spazio, fondata sul private equity, ci sono.

Ma vanno colte con rapidità e competenza.

Il futuro si gioca adesso

Finanziare le PMI italiane dello spazio significa investire nel futuro del Paese. Significa creare lavoro qualificato, consolidare competenze, proteggere l’indipendenza tecnologica e rafforzare il legame tra innovazione e sicurezza.

È un’occasione unica per costruire valore industriale e, al tempo stesso, strategico.

Perché oggi, più che mai, lo spazio non è solo una questione di orbite e satelliti. È una sfida economica, geopolitica e industriale. E chi saprà guidarla con visione e strumenti adeguati, avrà un posto garantito nel futuro.

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