Il grande problema del rientro in Europa dei Foreign Fighter e la sicurezza dei cittadini

I foreign fighter che rientreranno o che sono già rientrati dalla Siria e dall’Iraq non possono essere percepiti come una novità.

Anche nel passato i foreign fighter sono rientrati nei paesi di origine , ciò in quanto non tutti i guerriglieri rimangono nei paesi teatro della guerra per l’intero periodo della conflittualità.

Il fatto di essere al corrente del problema del rientro è già un buon passo in avanti per la mitigazione dei rischi per il paese e, i custodi delle sicurezze nazionali stanno già operando, per evitare strascichi di conflittualità nelle nazioni di arrivo.

Il fenomeno del rientro dei foreign fighter era già noto dal 1989, dal ritiro dell’URSS dall’Afghanistan, ma in quella occasione il problema del rientro coinvolse marginalmente alcuni paesi occidentali e del golfo persico, guerriglieri e occidentali avevano combattuto insieme.

Con la caduta del muro di Berlino e con la dissoluzione dell’Unione Sovietica, ritenuta grande artefice della violenza politica e terroristica, si dissolse l’ideologia comunista e alcuni analisti pensarono che si sarebbe dissolto anche il fenomeno del terrorismo: pensarono troppo in anticipo.

Il terrorismo purtroppo è solo uno strumento, sbagliato per i molti, utilizzato da tutte le organizzazioni basate su ideologie radicate e massimaliste che, sradicate da una parte possono rifiorire dall’altra e le ideologie sono senza passaporto.

Quando si combatte dalla stessa parte e non con le stesse motivazioni, ciò che unisce insiemi eterogenei è l’obiettivo finale non l’ideologia, e questo è stato il caso dell’Afghanistan con l’invasione sovietica, dove la CIA si era presa cura di addestrare i Mujaheddin e i guerriglieri per combattere contro l’URSS e rifornirli di armi di tutti i tipi.

Con l’annientato dell’obiettivo: termina anche il lavoro fatto insieme e, ognuno, porta a casa il risultato, la sconfitta dell’Unione Sovietica da una parte premessa, poi, per la dissoluzione del comunismo sovietico, la liberazione dell’Afghanistan dall’altra, ai guerriglieri rimane il capo, l’organizzazione, l’addestramento della CIA, l’esperienza del conflitto e gli armamenti accumulati.

L’eredità lasciata all’organizzazione dei guerriglieri potrà essere poi capitalizzata per altri obiettivi.

Il problema sorge quando noi diventiamo l’obiettivo: fornire addestramento e armi è una decisione politica molto piena di responsabilità e incognite per il futuro: le armi fanno fuoco nella direzione di puntamento e non conoscono padroni.

Già nel 1992 e nel 1993 ci furono due attacchi contro gli interessi USA, il primo ai danni dei Marine americani ad Aden, il secondo fu un attacco con razzi contro l’Ambasciata americana a Sana’a nello Yemen.

Inizialmente furono sospettati i libici, dopo la conclusione delle indagini invece, venne fuori che erano stati i jihadisti, all’epoca guerriglieri, addestrati dalla CIA in Afghanistan.

Anche per l’attacco al World Trade Center del ’93 il furgone era stato noleggiato da jihadisti provenienti dall’Afghanistan.

Ci vollero ulteriori due anni per capire che tutti questi jihadisti facevano parte dell’organizzazione di al Qaeda.

Significativo, al riguardo, fu il tragico attentato di Riyadh del 13 Novembre del 1995.

Un’auto imbottita con120 chili di esplosivo fu fatta brillare presso il palazzo sede del distaccamento americano che stava addestrando la guardia nazionale saudita.

Il bilancio dell’attentato fu di sette morti di cui cinque americani e trentaquattro feriti.

Gli attentatori furono catturati e successivamente condannati a morte e decapitati, uno di loro confessò in televisione che erano stati ispirati dagli scritti di Osama Bin Laden.

Fu Osama Bin Laden nel 2003 a incoraggiare i volontari ad accorrere in Iraq per cacciare gli infedeli (“take of to the battlefields to cut off……….infidelity.”).

Dopo l’intervento in Iraq del 2003, il messaggio ai jihadisti è rimasto immutato nel tempo e il rientro in patria di questi guerriglieri ha prodotto il fenomeno ora chiamato dei foreign fighter.

Il ritorno di questi personaggi dediti a un diverso turismo, deve essere strettamente monitorato dall’intelligence e curato dalla legge .

Il non aggiornamento delle leggi crea insicurezza per la nazione, avere la conoscenza della situazione e non avere gli strumenti per l’intervento può essere avvilente per le forze di sicurezza.

Non solo, il cittadino svolge un ruolo chiave per il riporto d’iniziativa di situazioni anomali nel territorio dove vive, il rapporto forze dell’ordine cittadino è uno degli elementi importanti per il sistema di sicurezza nazionale.

Le comunità musulmane nel territorio sono importantissime per la verifica di tutte le situazioni a rischio.

Molti jihadisti tentano di reclutare ragazzini e le famiglie di appartenenza, quasi sempre, denunciano l’allontanamento senza permesso dei loro figli, molti di questi ragazzini vengono intercettati e i reclutatori identificati e perseguiti.

Per quelli un po’ più grandicelli il monitoraggio è più complesso.

Sapere chi è partito e per dove e quando è rientrato diventa basilare per capire cosa ha imparato e quali intenzioni abbia nel futuro.

Da quello che il foreign fighter ha imparato nei campi di battaglia, ci si può aspettare la mossa successiva applicata a obiettivi non protetti nei paesi del rientro, cioè la gente innocente, però nei nostri paesi chi uccide un cittadino innocente è solo un criminale e basta.

Il cittadino malcapitato è quello che si troverà per primo di fronte a questi criminali e dovrà riconoscere subito le situazioni di pericolo per prendere le contromisure per la sua incolumità in attesa dell’arrivo delle forze di sicurezza che devono essere avvisate immediatamente.

Questo è il futuro che ci attende e lo supereremo solo lavorando come una squadra fatta dai cittadini e dalle istituzioni.

di Pasquale Preziosa

Il grande problema del rientro in Europa dei Foreign Fighter e la sicurezza dei cittadini