Alla Galleria Sordi spunta un mosaico romano… ma co’ ‘n panino in testa. Omaggio pop o sacrilegio?
McDonald’s incorona il Big Mac nell’antico Impero. Ma ar posto de Cesare, c’è Ronald
di Antonio Di Ieva
Se Alberto Sordi potesse fare capolino oggi nella Galleria che porta il suo nome, probabilmente si fermerebbe, guarderebbe il mosaico, alzerebbe un sopracciglio e direbbe: “Ma ‘ndo semo finiti?”
Già, perché a Roma ormai non ce se crede più a niente. E così, tra una colonna e ‘na vetrina, è spuntato un mosaico che pare antico romano, ma invece è ‘na pubblicità de McDonald’s. Co’ tanto de Big Mac incoronato, patatine fritte a mo’ de tralci d’alloro e caratteri latini che manco Tito Livio s’azzardava a usà pe’ fa ride.

L’opera, esposta nella Galleria Alberto Sordi – che già dal nome dovrebbe suggerì un certo rispetto per la romanità vera, quella de “Un americano a Roma” che se magnava ‘na forchettata de maccheroni pe’ dispetto – è stata lanciata con la solita retorica del “dialogo tra passato e presente”. Ma a Roma ‘sti dialoghi spesso finiscono co’ un rutto.
Secondo Angelo Argento di Artribune, si tratta di “un’operazione pubblicitaria imbarazzante, che scivola nel carnevalesco trash”. Altri, come il Giornale dell’Arte, sottolineano come l’installazione sia stata creata in occasione del Giubileo, trasformando la Galleria Sordi in un “sito archeologico” simulato.
Secondo noi, è ‘na sòla travestita da archeologia, un’americanata fatta mosaico. ‘Na specie de termopolio fake dove invece del vino de Falerno te danno la Coca-Cola in plastica.
E ce sta pure chi ce casca, eh. I turisti americani, che già pensano che in Italia viviamo tutti co’ la toga, adesso se fanno i selfie davanti ar “mosaico imperiale” del paninazzo, convinti d’aver scoperto er nuovo Foro. E magari, je lo raccontano pure a casa: “We found an ancient fresco of a burger in Rome!” Sì, come no.
Eppure, questa cosa succede proprio nella galleria dedicata a lui, Alberto nostro, che Roma la raccontava co’ l’occhi de chi la conosce davvero, co’ tutto l’amore, l’ironia e pure ‘na certa incazzatura bonaria per come certi coatti o certi forestieri je mettono le mani addosso.
Lui, che de Roma diceva: “Io so’ romano, romano de Roma, e pe’ me questa città è come ‘na madre. E se qualcuno je fa male, io me sento male uguale.” Se fosse vivo, ar mosaico je avrebbe dato un ceffone… artistico, s’intende.
Perché Roma non è un set, non è un luna park, e manco un McDrive co’ le colonne doriche. È un posto vero, pieno de storia vera, che se merita rispetto. E sì, pure qualche risata – ma non de quelle che fanno ride solo i brand.
Alla fine, Alberto Sordi ce lo immagineremmo così: seduto a guardà er mosaico, co’ ‘na carbonara vera davanti, che te dice: “Americà, lascia perde er mosaico. Vieni a magnà, ma fallo serio!”
E allora sì che Roma sarebbe ancora un po’ la sua. E pure la nostra.
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