Proposta “incredibile”, creare città a noleggio in Africa per fermare la migrazione

La proposta di un ministro tedesco di consentire alle potenze straniere di acquistare terreni in Africa per frenare la migrazione è stata respinta dall’Unione Africana, scrive Dickens Olewe della BBC. 

L’Unione europea, o un organismo come la Banca mondiale, dovrebbe costruire e gestire le città in Africa per promuovere la creazione di posti di lavoro e lo sviluppo del continente, ha detto alla BBC il ministro per l’Africa Gunter Nooke in un’intervista in cui ha delineato il suo pensiero su come arginare la migrazione verso l’Europa. Nooke,  in riferimento alla proposta del ministro tedesco ha detto : “ significherebbe che i paesi africani dovrebbero affittare le loro terre per 50 anni ad una entità straniera per “consentire lo sviluppo? E’ un’idea che  puzza di colonialismo”.

Ma altri – come Carol Musyoka, accademico alla Strathmore Business School, una delle migliori università del Kenya – sono aperti al concetto.

In un’intervista della BBC, la sig.ra Musyoka ha descritto la proposta come “affascinante” e ha detto che l’avrebbe sostenuta se fosse un tentativo genuino per garantire agli africani – e non alle potenze straniere – un reale beneficio.

Anche l’economista americano premio Nobel Paul Romer aveva sviluppato la medesima idea circa un decennio fa.

Nel 2009, disse che i paesi in via di sviluppo dovrebbero prendere in considerazione la cessione di parte del loro territorio a stati stranieri per  costruire  da zero le cosiddette “città a noleggio”. Nel 2008, l’allora presidente del Madagascar, Marc Ravalomanana, aveva espresso interesse per l’attuazione del piano di Romer  nell’isola dell’Oceano Indiano.

Pensava, infatti, che due città di questo tipo potevano essere  costruite dove potevano vivere persone del luogo e migranti degli stati confinanti.

L’opposizione, invece, accusò  Ravalomanana di alto tradimento  provocando  la sua caduta nel 2009.

Anche l’allora presidente dell’Honduras, Porfirio Lobo Sosa, aveva espresso il proprio sostegno all’idea, affermando nel 2011 che le “città a noleggio” avrebbero migliorato  la vita degli honduregni offrendo posti di lavoro competitivi, salute e istruzione migliori e un sistema legale e di sicurezza di prim’ordine.

Il quotidiano indipendente dell’Honduras La Prensa disse che il piano avrebbe reso il paese “l’Hong Kong dell’America Centrale”.

Il sig. Sosa non riuscì  a metterlo in atto, in seguito a una reazione molto forte da parte delle opposizioni.

Così come in Europa, la migrazione è diventato un problema politico anche nelle Americhe dove molti honduregni fanno parte della carovana migratoria che si sposta verso il confine degli Stati Uniti. L’attuale governo honduregno spera, quindi, che la creazione di quelle che chiamano zone economiche speciali (ZES) favoriranno lo sviluppo.

Sebbene non abbia del tutto delineato i suoi piani, ha affermato che le ZES rientrerebbero sotto la giurisdizione delle leggi straniere e renderebbe l’Honduras, quindi, più attraente per gli investitori occidentali.

“Crediamo che quando queste speciali zone economiche prenderanno vita e le persone vedranno i risultati in termini di occupazione, i politici di tutti gli stati si convinceranno dell’idea, ha detto alla BBC il ministro dell’Economia Arnaldo Castillo.

Ma la resistenza all’idea rimane forte perché molti honduregni credono che le ZES andranno solo a beneficio dei ricchi e che creeranno comunità chiuse secondo regole diverse dal resto del paese.

Il sig. Romer, in un TED Talk del 2011, ha sostenuto che le città gestite dall’estero potrebbero essere un modello di governance efficiente e offrire una buona qualità della vita, impedendo alle persone di emigrare per motivi economici.

Alcuni sostenitori dell’idea vedono Hong Kong come un modello pratico sostenendo che il territorio cinese deve il suo sviluppo economico grazie al protettorato  britannico tra il 1841 e il 1997.

Ci sono anche tanti oppositori dell’idea,  “Creare un’economia di enclave sarebbe un’idea folle”, ha avvertito Ken Opalo della Georgetown University negli Stati Uniti. Tali città favorirebbero la migrazione interna a discapito dell’intera economia, senza risolvere la miriade di problemi degli  stati africani. “Sarebbe meglio lavorare attraverso le istituzioni statali”, ha affermato Opalo, aggiungendo che il modo migliore per aiutare il continente è investire nelle piccole e medie imprese per creare posti di lavoro. Anche la direttrice della comunicazione dell’Unione Africana (UA), Leslie Richer, ha respinto l’idea di città a gestione straniera, affermando che “è una risposta pigra” alle preoccupazioni sulla migrazione e “implica che l’Africa debba rinunciare alla propria sovranità”. Il piano di sviluppo dell’UA, chiamato Agenda 2063, è diametralmente opposto a quello di Mr Nooke. “Immagino che il nostro modello di crescita africana guiderà il miracolo africano. Sarà sostenuta un’alta crescita economica nel continente spinto dall’unità africana e dall’integrazione politica ed economica “, ha detto l’inviato dell’UA per lo sviluppo delle infrastrutture, Raila Odinga. Ma il signor Nooke è determinato a perseguire l’idea di città a gestione straniera, affermando che il progetto ” deve essere concepito in modo tale da evitare  il conflitto tra i governi europei e africani”. Musyoka è tra gli africani che sperano che tali città saranno costruite, dicendo che accetterà” il colonialismo volontario “a causa del fallimento di molti governi africani el fornire una vita migliore per la loro gente.

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