Rifiuti come risorsa: quando differenziata e termovalorizzatori fanno la differenza

(di Alberto Azario) Secondo il rapporto “What a Waste 2.0 : A Global Snapshot of Solid Waste Management to 2050” della Banca mondiale, entro quella data produrremo il 70% di rifiuti solidi in più rispetto ad oggi. La denuncia ci fa comprendere che, in mancanza di un modello economico volto ad incentivare il riuso ed il riciclo, rischiamo di passare dai 2,01 miliardi di tonnellate del 2016, ai 3,14 miliardi nel 2050 con danni inimmaginabili per la salute dell’uomo e del nostro pianeta.Se non raccolti e gestiti correttamente, questi rifiuti rischiano di compromettere lo stato di salute di interi ecosistemi per migliaia di anni; se consideriamo ad esempio gli oceani, i dati sono drammatici con almeno il 90% dei rifiuti marini costituito da plastica.

Secondo il Rapporto qui preso in esame, fondamentale sarà migliorare l’intera gestione della filiera dei rifiuti, ripensarla in un’ottica di economia circolare, in cui i prodotti sono progettati per essere riciclati e riutilizzati. Importante è dotare oggi i Paesi di impianti sufficienti ed adeguati a trattare i rifiuti perché non siano un problema, un’emergenza, ma una risorsa. “What a Waste 2.0” evidenzia, inoltre, che nei Paesi a basso reddito la gestione dei rifiuti è trascurata; infatti solo il 4% della produzione viene avviato a riciclo, una differenza abissale se consideriamo che nei Paesi ad alto reddito, più di un terzo dei rifiuti viene recuperato attraverso il riciclaggio e il compostaggio. Una situazione delicata che va affrontata con una pianificazione ad ampio raggio e su rigorose basi scientifiche: le soluzioni esistono, bisogna solo renderle attuabili e facilmente riproducibili ed accessibili. In nessun Paese europeo, infatti, il rifiuto è considerato un problema e se facciamo prevalere il buon senso, anche a livello di decisori, e utilizziamo le tecnologie a disposizione, anche in Italia non lo sarà più.

Discorso che forse al Nord Italia già fanno dal momento che, per trovare l’ultima volta in cui si è parlato di “emergenza rifiuti” nella città di Milano dobbiamo riandare con la memoria al 1995. Una crisi che in poche settimane riversò nelle strade di Milano più di ventimila tonnellate di rifiuti a causa del blocco della discarica di Cerro Maggiore (nel Milanese). Da allora nel capoluogo lombardo, ormai una delle capitali europee più visitate per affari e turismo, quella tremenda frase, troppo volte sentita sui media per molte altre zone d’Italia, non ha praticamente più un significato. Anzi, Milano è diventata addirittura un modello nel mondo, ad esempio, per la raccolta differenziata. Nel 2017 sono state raccolte oltre 670mila tonnellate di rifiuti, circa 2.200 al giorno. Di queste 362.331 tonnellate (pari al 59,6% del totale) sono state avviate a recupero di materia, attraverso appunto la raccolta differenziata. In particolare, con la differenziata nel 2017 sono state smaltite 77.900 tonnellate di carta e cartone, 44.615 tonnellate di plastica e metalli, 65.501 di vetro, 141.281 tonnellate di organico e, infine, altre 33.034 tonnellate di “frazioni differenziate”.

Milano sulla pulizia della città insiste da sempre e diverse sono state le soluzioni che negli anni sono state introdotte per migliorare la situazione. Per esempio, sono state create le cosiddette ‘reciclerie’ dove i cittadini possono portare i rifiuti che abitualmente non riescono a smaltire a livello domestico, come per esempio i mobili o gli elettrodomestici guasti, servizio fornito anche a livello domiciliare per chi ha difficoltà a spostare grandi oggetti da casa. Con un sguardo aggiuntivo all’innovazione tecnologica, da poco inoltre è iniziato il posizionamento in città dei primi cestini intelligenti (8.000 entro la fine del 2018), sviluppati con Cefriel – Politecnico di Milano. Gli “smart bins” sono una soluzione tecnologica che ha il fine di monitorare con continuità lo stato di riempimento dei contenitori dislocati sul territorio. Il merito di tutto questo va però, oltre che alle amministrazioni che si sono susseguite nel tempo, ovviamente anche al senso civico dei milanesi che cercano di rispettare le regole del decoro e del vivere insieme.

Il modello Milano viene così studiato anche in altre parti del mondo, come a New York dall’amministrazione comunale di Bill De Blasio, per essere esportato nella sua efficienza e funzionalità grazie ad un modello che si basa sulla gestione integrata dell’intera catena dei rifiuti, dalla raccolta al trattamento, dal recupero di materia alla produzione di energia. Oltre alla differenziata, ed ai grandi numeri di rifiuti che interessa, la parte che non può essere nuovamente portata a nuova vita viene, infatti, utilizzata per produrre energia. Tali rifiuti finiscono infatti in impianti di termovalorizzazione in grado di trattare oltre 500 mila tonnellate all’anno cogenerando energia elettrica, utile per far fronte al consumo energetico annuo di circa 130mila famiglie, e calore per il teleriscaldamento, sufficiente a riscaldare oltre 30mila famiglie producendo acqua calda che viene convogliata in pressione, attraverso tubature sotterranee, alle abitazioni.

Dalla cittadina italiana al cielo, l’utilizzo dei rifiuti per produrre energia è una pratica studiata da tempo, ma la notizia del primo volo commerciale alimentato da rifiuti riciclati è notizia fresca di giornata. Nel Regno Unito, un volo della Virgin Atlantic ha, infatti, volato da Orlando a Gatwick alimentato da una miscela di carburante fatta da una parte di normale carburante per jet e da una parte di etanolo prodotto dai gas di scarico. Un composto che potrebbe sostituire i normali propellenti fino ad un 50% almeno secondo le attuali tecnologie e conoscenze e ridurre le emissioni di gas serra del 65% rispetto al petrolio convenzionale. Questo è stato solo il primo volo, ma qualunque nuova strategia per cambiare rotta e considerare sempre di più i rifiuti come risorsa è ben accetta.

Rifiuti come risorsa: quando differenziata e termovalorizzatori fanno la differenza