F-35 e droni: il futuro del volo tra uomo e macchina

Lockheed Martin investe nel progetto Carrera per integrare droni autonomi con i caccia F-35, rivoluzionando le operazioni aeree

di Antonio Di Ieva

C’è un filo che lega l’umanità da sempre: il sogno del volo. Un sogno che ha iniziato a prendere forma con i disegni visionari di Leonardo da Vinci, ha attraversato i cieli con i fratelli Wright, si è spinto oltre il muro del suono e nello spazio. Ma oggi, in un mondo sempre più dominato dalla tecnologia, il sogno cambia forma e per l’uomo sembra più sicuro rimanere con i piedi per terra.

Il sogno non svanisce: si trasforma. E in questa nuova fase del volo, l’uomo non è più da solo nella cabina di pilotaggio. Al suo fianco, o forse qualche metro sopra di lui, c’è una nuova presenza: il drone.

Lockheed Martin, gigante dell’aerospazio statunitense, ha deciso di investire sul futuro del volo militare attraverso un progetto ambizioso dal nome evocativo: Project Carrera. L’obiettivo non è soltanto costruire nuovi droni, ma sviluppare una vera e propria collaborazione intelligente tra i caccia F-35 e velivoli senza pilota, capaci di operare in modo semi-autonomo o completamente autonomo, sotto la supervisione del pilota in cabina remota, anche fisicamente situata a migliaia di miglia di distanza dal velivolo in volo. Si parla di intelligenza artificiale al servizio delle missioni, di macchine capaci di apprendere e rispondere alle situazioni in tempo reale. Non fantascienza, ma evoluzione concreta.

Al centro del progetto c’è il cosiddetto “Speed Racer”, un prototipo di drone stealth pensato per volare in formazione con gli F-35. Non solo un gregario, ma un compagno operativo in grado di estendere la portata e la sicurezza del caccia pilotato, anticipando minacce, disturbando radar nemici o intervenendo in ambienti ad alta intensità bellica senza mettere a rischio vite umane.

Questa evoluzione arriva in un momento in cui l’F-35 si è già affermato come il caccia più avanzato al mondo. Prodotto in tre versioni – convenzionale, a decollo corto e a decollo da portaerei – ha già trovato casa in oltre 18 paesi. L’Italia è tra i partner principali del programma. La base di Cameri, in Piemonte, non solo ospita l’unica linea europea di assemblaggio e collaudo degli F-35, ma rappresenta un centro tecnologico di eccellenza anche per la manutenzione a lungo termine dei velivoli impiegati in tutto il continente. 

Attualmente, l’Italia ha già ricevuto una parte significativa dei velivoli previsti, suddivisi tra Aeronautica e Marina. Questi caccia sono già pienamente operativi e hanno preso parte a esercitazioni congiunte internazionali, tra cui quelle con le forze britanniche. Le basi di Amendola e Cameri, assicurano la difesa aerea del nostro territorio e non solo, le porta aeromobili Cavour, da subito, e Trieste, prossimamente, operano per ampliare le capacità di proiezione della nostra difesa.

Tuttavia, ciò che oggi emerge con forza è che l’F-35, nonostante la sua avanzata progettazione, non è pensato per volare da solo nel domani della guerra. L’idea di Lockheed Martin è chiara: il pilota deve diventare comandante di una “famiglia” di velivoli, umani e autonomi, uniti da una rete digitale che scambia informazioni in tempo reale. Una visione che sposta il centro dell’azione dalla macchina al sistema, e dal singolo caccia all’intera squadra.

Questa prospettiva affascina e inquieta allo stesso tempo. Perché se da un lato aumenta la protezione dei piloti, riducendo la loro esposizione al pericolo, dall’altro ci obbliga a fare i conti con l’etica dell’automazione e con l’idea che il cuore pulsante di una missione non sia più solo umano.

L’Italia, da parte sua, si muove con pragmatismo. Mantiene l’impegno nel programma F-35, valuta con attenzione l’evoluzione dei droni alleati, partecipa a programmi europei paralleli sul combattimento aereo del futuro, come il FCAS. In questo equilibrio tra innovazione e responsabilità, il nostro Paese continua a giocare un ruolo da protagonista.Alla fine, il sogno del volo non è mai stato solo questione di tecnologia. È qualcosa che riguarda la libertà, il coraggio e l’intelligenza. E se oggi quel sogno viene condiviso da una macchina pensante, forse è perché il futuro non si costruisce contro la natura umana, ma insieme a essa. Affiancando le sue capacità, amplificandole, mai cancellandole. Il cielo resta aperto. Cambiano solo i compagni di viaggio.

F-35 e droni: il futuro del volo tra uomo e macchina