Il caso dell’omicidio di Chiara Poggi a Garlasco torna al centro dell’attenzione giudiziaria e mediatica, con la Procura di Pavia che sembra voler riaprire la partita contro un nuovo indagato: Andrea Sempio. Dopo anni di archiviazioni e sentenze definitive, un’impronta palmare riaccende i riflettori su una vicenda che sembrava chiusa con la condanna di Alberto Stasi.
Secondo una nuova consulenza diffusa alla stampa, un’impronta presente sulla parete destra della scala dove fu trovato il corpo della giovane sarebbe riconducibile a Sempio. Ma l’informazione risulta parziale: quella traccia, etichettata con il numero 33, è nota fin dal 2007. I RIS di Parma l’avevano già analizzata e considerata inutile, classificandola come impronta palmare senza alcuna utilità investigativa. I test eseguiti all’epoca non avevano rilevato la presenza di sangue: il più sensibile, l’Obti test, aveva dato esito negativo. In quella stessa area erano state rilevate altre impronte, appartenenti a carabinieri e a Marco Poggi, fratello della vittima.
Nonostante ciò, in una relazione del 2020 i carabinieri di Milano sembrano dare nuovo peso a quell’impronta, affermando che è “logico-fattuale” che appartenga all’assassino. Una ricostruzione che entra in contrasto con le conclusioni dei RIS e che ignora il fatto che Sempio non ha mai nascosto di essere stato in casa Poggi. La presenza dell’impronta non implica necessariamente la sua contemporaneità con il delitto.
Anche il presunto DNA di Sempio sotto le unghie della vittima, altro elemento tornato ciclicamente nel dibattito, è stato già giudicato come inutilizzabile dai genetisti che hanno partecipato ai processi precedenti: si tratterebbe di un contatto mediato, non riconducibile con certezza a una colluttazione o a un’aggressione diretta.
In questo contesto, la Procura ha convocato Sempio per un interrogatorio, ma un vizio procedurale ha impedito l’incontro. La sua eventuale presenza sarebbe comunque stata muta: la difesa aveva già annunciato che il giovane non avrebbe risposto alle domande. Intanto, è stato ascoltato a Venezia Marco Poggi, al quale sarebbe stata mostrata la foto dell’impronta, forse nel tentativo di scalfire la convinzione della famiglia sulla verità già accertata dalla giustizia.
Alberto Stasi, condannato in via definitiva per l’omicidio, è stato interrogato per oltre due ore. Ha risposto a tutto, dal pranzo con Chiara il giorno prima della tragedia alle frequentazioni della casa. Nessun nuovo elemento decisivo sembra emergere, mentre l’accusa contro Sempio continua a reggersi su elementi già valutati e scartati in passato: uno scontrino del parcheggio che prova la sua presenza a Vigevano la mattina del delitto e alcune telefonate giudicate sospette, ma già ritenute insufficienti per procedere.
Infine, resta l’ipotesi che gli inquirenti possano puntare su nuovi accertamenti sulle impronte delle scarpe trovate sulla scena del crimine. Ma anche su questo fronte la Cassazione è stata chiara: una delle impronte più nitide è attribuibile a una scarpa numero 42 prodotta da Frau, e ciò limita ulteriormente lo spazio per eventuali nuove piste.
A quasi vent’anni dai fatti, il tentativo di riaprire il caso si scontra con gli esiti già acquisiti e consolidati in sede giudiziaria. La famiglia Poggi non rifiuta la verità, ma continua a credere nella giustizia che ha già parlato, dichiarando Alberto Stasi colpevole dell’omicidio di Chiara.