La crescente tensione commerciale tra Stati Uniti e Cina si intensifica con l’annuncio di Pechino di nuove contromisure tariffarie, in risposta all’ultimo aumento dei dazi voluto dal presidente statunitense Donald Trump. Il 28 febbraio, il governo cinese ha ribadito la propria determinazione a contrastare la politica protezionistica di Washington, dichiarando che adotterà “tutte le contromisure necessarie”.
La guerra commerciale tra le due superpotenze ha raggiunto un nuovo livello di ostilità. Il 4 febbraio era entrata in vigore negli Stati Uniti un’ulteriore imposizione tariffaria del 10% su tutti i prodotti provenienti dalla Cina. Pechino aveva immediatamente reagito con un aumento dei dazi su diverse importazioni statunitensi, colpendo in particolare i settori del carbone, del gas naturale liquefatto, del petrolio e dell’automotive. Ora, con il nuovo pacchetto tariffario americano che porta al 20% le tasse sulle importazioni cinesi, la Cina ha deciso di colpire il settore agroalimentare statunitense, introducendo dazi aggiuntivi fino al 15% su prodotti chiave come pollo, grano, mais e cotone.
Oltre alla questione commerciale, Trump ha giustificato le nuove misure con l’accusa alla Cina di non fare abbastanza per contrastare il traffico del fentanyl, una droga sintetica responsabile di una grave crisi sociale negli Stati Uniti. Pechino ha respinto queste accuse e ha denunciato le misure tariffarie statunitensi come una grave violazione delle regole del WTO, accusando Washington di voler minare le basi della cooperazione economica bilaterale.
Mentre la tensione economica con gli Stati Uniti cresce, la Cina si prepara a uno degli eventi politici più importanti dell’anno: le “due sessioni”, ovvero le riunioni annuali dell’Assemblea Nazionale del Popolo e della Conferenza Consultiva Politica del Popolo Cinese. Questo evento, tradizionalmente una vetrina del governo, viene quest’anno utilizzato per rafforzare l’immagine della Cina come modello politico stabile rispetto alle divisioni dell’Occidente.
La leadership cinese, con Xi Jinping al centro della scena, punta a presentare un quadro di ripresa economica, nonostante le difficoltà legate al mercato immobiliare e alla post-pandemia. I media di Stato hanno esaltato il contrasto tra la stabilità del sistema cinese e il caos della politica americana, amplificato dalla recente lite alla Casa Bianca tra Trump, il suo vicepresidente JD Vance e il presidente ucraino Zelensky.
Se da un lato le “due sessioni” serviranno a Xi per consolidare il controllo interno, dall’altro offriranno una piattaforma per inviare messaggi mirati a livello internazionale. Il governo cinese sta cercando di rafforzare la fiducia nel proprio sistema economico, puntando su successi nell’intelligenza artificiale e sostenendo l’innovazione tecnologica come risposta alle sanzioni statunitensi.
Al di là delle dispute commerciali, il confronto tra Stati Uniti e Cina assume sempre più una dimensione ideologica. La Cina vuole dimostrare che il proprio modello politico ed economico sia più affidabile rispetto alla democrazia americana, sempre più percepita come caotica. La guerra dei dazi, dunque, non è solo una questione di economia, ma uno scontro tra due visioni del mondo.
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