I sistemi d’armi autonomi, potenziati dall’Intelligenza Artificiale (IA), stanno rapidamente trasformando il campo di battaglia. Le moderne tecnologie militari stanno subendo una profonda trasformazione e gli eserciti occidentali potrebbero non essere ancora preparati ad affrontare questa nuova era perchè il futuro dei conflitti sembra dipendere sempre più da droni autonomi, sistemi ipersonici e altre tecnologie guidate dall’IA. Verrebbero messe in discussione le aziende globali militari con le loro produzioni di multimiliardari sitemi d’arma
di Emanuela Ricci
Alcune settimane fa, si è assistito ad un evento che molti analisti considerano una svolta significativa nella moderna dottrina militare. L’esercito ucraino è stato costretto ad evacuare i carri armati americani M1A1 Abrams dopo che diversi di essi sono stati distrutti da droni kamikaze russi. E’ l’inizio di un cambiamento radicale nella guerra meccanizzata: i veicoli da combattimento con equipaggio umano, centrali per oltre un secolo, potrebbero presto diventare obsoleti.
I droni russi, così come altre forme di veicoli senza equipaggio che si stanno diffondendo sui campi di battaglia globali, non utilizzano le IA basate su modelli di linguaggio di grandi dimensioni o su tecnologie comuni nell’ambito civile, ma si basano su algoritmi di machine learning per identificare, cercare e distruggere i loro bersagli, sollevando critiche dal punto di vista etico. Anche i dispositivi che non sono interamente gestiti dall’Intelligenza Artificiale stanno comunque integrando queste tecnologie per migliorare le capacità di puntamento, rilevamento e guida.
La realtà è che i sistemi autonomi, alimentati dall’IA, stanno già modificando radicalmente il volto della guerra, e coloro che si oppongono a queste tecnologie ne sottovalutano il potenziale. La presenza di droni autonomi non è più confinata alle potenze globali. Hezbollah ha recentemente utilizzato droni esplosivi che hanno provocato lo sfollamento di almeno 76.000 israeliani lungo il confine con il Libano, mentre i ribelli Houthi stanno utilizzando, sistematicamente, droni marini per minacciare il traffico marittimo internazionale nel Mar Rosso.
La guerra tra Russia e Ucraina ha messo, pertanto, in luce un punto cruciale: i sistemi autonomi stanno dimostrando di poter distruggere facilmente i costosissimi veicoli e le armi tradizionali. I droni kamikaze russi hanno reso vulnerabili persino carri armati tra più avanzati al mondo. In un conflitto sempre più dominato da queste nuove tecnologie, le costose piattaforme meccanizzate con equipaggio umano, come i carri armati e i caccia stealth, rischiano di diventare antiquate e non più deterrenti.
Questo cambiamento di paradigma nella guerra moderna trova un parallelo nelle tattiche di Hamas, che ha utilizzato droni quadricotteri durante gli attacchi del 7 ottobre 2023 per disabilitare le torri di sorveglianza israeliane lungo il confine di Gaza, permettendo così di compiere le atrocità balzate alla cronaca mondiale e che hanno poi provocato l’attuale guerra tra Israele e Hamas. I recenti eventi dimostrano chiaramente come droni e tecnologie autonome siano già in grado di influenzare radicalmente il corso delle guerre moderne.
Nonostante l’evidente importanza di queste nuove tecnologie, il Pentagono continua a investire ingenti risorse in sistemi d’arma “legacy”, ovvero quei sistemi tradizionali come carri armati, navi e portaerei. Un esempio è il caccia F-35 che, progettato all’inizio degli anni 2000, ha un potere di elaborazione inferiore a molti smartphone moderni. Questo lento ciclo di aggiornamento impedisce, pertanto, all’F-35 di sfruttare appieno i rapidi progressi dell’IA e dei software moderni, lasciando un vuoto tecnologico tra le esigenze militari e lo stato dell’arte delle tecnologie di consumo.
Per colmare questo divario, il Pentagono ha avviato un processo di innovazione. Nel 2015, è stata creata l’Unità di Innovazione della Difesa (DIU), con sede nella Silicon Valley, con lo scopo di introdurre tecnologie commerciali innovative nel settore militare, comprese quelle basate sull’Intelligenza Artificiale. La DIU, operando come un fondo di venture capital, ha già permesso al Dipartimento della Difesa di acquisire oltre 70 miliardi di dollari in nuove tecnologie.
Mentre gli Stati Uniti stanno cercando di modernizzare il proprio apparato bellico, altre potenze, come la Cina, stanno facendo passi da gigante. La Cina non ha bisogno di un’unità come la DIU: il governo di Pechino ha già stabilito che la tecnologia civile deve essere resa sempre disponibile all’esercito. Questa strategia ha portato lo sviluppo di tecnologie avanzate come computer quantistici e armi ipersoniche. Inoltre, la Cina sta lanciando una costellazione di 13.000 satelliti simile a Starlink, che le fornirà capacità comunicative e di controllo superiori agli eserciti tradizionali sfruttando una strategica autonomia della rete web.
Il futuro della guerra non è più, pertanto, una questione di scegliere tra droni o caccia stealth, tra carri armati o sistemi ipersonici. Tutti questi sistemi d’arma, vecchi o nuovi, dovranno essere in grado di sfruttare appieno la rivoluzione dell’Intelligenza Artificiale e dei software moderni. Le tecnologie emergenti, alimentate da aziende innovative e venture capital, sono già pronte a rivoluzionare l’apparato militare.
Siamo però pronti culturalmente ad affrontare queste nuove sfide, che richiedono un cambiamento radicale nella filosofia del procurement? Verrebbero messe in discussione le aziende globali militari con le loro produzioni di multimiliardari sitemi d’arma. E questo è un problema non secondario perchè l’indotto che creano è rilevante con ricadute dirette anche sull’occupazione dei paesi occidentali.
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