Il gennaio più caldo di sempre

di Aniello Fasano

A gennaio 2025 le temperature sono state di 1,75 gradi Celsius superiori al livello preindustriale e di 0,79 °C superiori alla media del periodo 1991-2020. I dati di gennaio sono stati “sorprendenti” anche per gli esperti di cambiamenti climatici del Copernicus, il servizio europeo sui cambiamenti climatici. Mai prima d’ora il pericolo del cambiamento climatico è stato così evidente e la risposta così sprezzante.

Da una parte Trump che ha congelato i finanziamenti per i programmi di ricarica delle auto elettriche, ha bloccato l’agenzia che aiuta i paesi a gestire gli estremi meteorologici e ha firmato l’uscita degli USA dall’accordo di Parigi 2015, dall’altro gli scienziati mostrano i dati incontrovertibili che il mese scorso è stato il gennaio più caldo mai registrato. Potrebbe essere un caso, chiaramente sono dati che fanno riferimento a statistiche molto corte, ma è anche vero che mai come ora il quantitativo di gas serra che gli esseri umani continuano a riversare nell’atmosfera sta minando la capacità del pianeta di raffreddarsi naturalmente.

Bill McGuire, dell’UCL, ha spiegato che i dati di gennaio sono stati “sia sorprendenti che, francamente, terrificanti”, ed ha aggiunto che “sulla base delle inondazioni di Valencia e degli incendi apocalittici di Los Angeles, non credo che ci possano essere dubbi sul fatto che sia arrivato un pericoloso, onnipervasivo crollo climatico. Eppure le emissioni continuano ad aumentare”.

In Germania i partiti di estrema destra sono in forte ascesa nei sondaggi promettendo di eliminare i parchi eolici, “mulini a vento della vergogna”, e di impedirne la costruzione di nuovi. Nella vicina Austria, il partito di estrema destra Freedom Party ha vinto il maggior numero di seggi alle elezioni di settembre con una campagna elettorale incentrata sulla riduzione drastica delle misure a favore del clima. I Patriots for Europe, terzo gruppo più grande del parlamento europeo, si è scagliato contro “l’ideologia del green deal” durante un comizio a Madrid nel fine settimana. Lo slogan di questi partiti che ritengono le politiche verdi molto costose per i lavoratori comuni sta risuonando ormai ovunque. In Canada il leader conservatore Pierre Poilievr si è scagliato contro la carbon tax, mentre il sostituto di Trudeau del Partito Liberale rivedrà le imposte sulle “divisive” politiche verdi. Le conseguenze sono immediate e nel mondo degli affari le aziende stanno ridimensionando i loro “sforzi verdi”.

A dieci anni dall’accordo sul clima di Parigi 2015, il patto globale che mirava ad accelerare le misure per ridurre il riscaldamento globale, il risultato è fallimentare. Per ora nessun altro paese ha deciso di seguire l’esempio del Presidente Trump da poco uscito, ma le titubanze dell’Argentina e dell’Indonesia sul perché dovrebbero rispettare un accordo che gli Stati Uniti ignorano, si fanno sentire.

Si è passati dalle parole ai fatti, non si tratta più di stabilire obiettivi, ma di perseguirli attraverso politiche che richiedono sacrifici in un momento storico peraltro già difficile. Anche se la transizione energetica sembra iniziata è difficile realizzarla in tempi brevi contenendo un clima sempre più imprevedibile e inquietante. L’orchestra continua a suonare mentre la nave affonda.

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