Iran ad un passo dalla bomba nucleare, il dilemma degli esperti

Il Medio Oriente si trova oggi sull’orlo di una delle crisi più gravi della sua storia recente. La crescente tensione tra Israele e Iran ha assunto una dimensione potenzialmente nucleare, dopo che Tel Aviv ha lanciato una serie di attacchi mirati contro le infrastrutture nucleari iraniane. Israele ha giustificato l’operazione affermando di avere prove certe che Teheran fosse a un passo dalla costruzione di una bomba atomica. Tuttavia, fonti statunitensi, citate dal Wall Street Journal, restano caute e ritengono che l’Iran non abbia ancora preso una decisione definitiva in tal senso.

Secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), l’Iran dispone oggi di scorte sufficienti di uranio arricchito al 60% da poter essere portato al 90% — livello militare — in una o due settimane. Tale quantità basterebbe per realizzare almeno nove ordigni nucleari rudimentali. Gli Stati Uniti stimano che, qualora Teheran decidesse di procedere, potrebbe assemblare una bomba in pochi mesi. L’Iran ha già padroneggiato le principali tecniche necessarie alla costruzione di un ordigno nucleare, come la produzione e fusione del metallo di uranio e la progettazione di detonatori e iniziatori di neutroni.

La recente ondata di attacchi israeliani ha colpito duramente siti chiave come Natanz, Isfahan e Arak. Israele afferma che il suo intervento ha rallentato il programma nucleare iraniano di almeno due o tre anni. Secondo analisti internazionali, l’operazione ha incluso attacchi aerei con oltre 200 velivoli, infiltrazioni del Mossad, l’uso di droni sabotatori e cyberattacchi coordinati. Le infrastrutture colpite non riguardano solo l’arricchimento dell’uranio, ma anche le strutture adibite alla produzione di metallo di uranio e i laboratori di esplosivi ad alta precisione.

L’Iran ha risposto con forza. Centinaia di missili e droni sono stati lanciati contro obiettivi israeliani, con vittime registrate sia a Tel Aviv che ad Haifa. L’80–90% dei vettori è stato intercettato dal sistema di difesa Iron Dome, ma alcuni sono riusciti a colpire gli obiettivi, causando danni a infrastrutture strategiche e provocando almeno 24 vittime tra civili e militari. Sul fronte interno, Teheran accusa Israele di aver ucciso oltre 600 persone nei raid, tra cui scienziati, militari e tecnici del settore nucleare.

La dimensione diplomatica della crisi resta in stallo. L’Iran ha sospeso ogni possibile negoziato, accusando la comunità internazionale di complicità passiva. Dopo la censura formale dell’AIEA, Teheran ha annunciato l’intenzione di aprire un nuovo impianto segreto per l’arricchimento dell’uranio, minacciando anche il ritiro dal Trattato di Non Proliferazione. Il presidente Donald Trump, in un messaggio ambiguo, ha dichiarato di voler valutare per due settimane l’evoluzione del conflitto prima di decidere un eventuale coinvolgimento diretto degli Stati Uniti. Intanto, le forze americane restano in stato di massima allerta nel Golfo Persico.

Preoccupano anche i rischi ambientali. L’AIEA ha lanciato un’allerta sul degrado delle condizioni di sicurezza negli impianti colpiti, in particolare a Isfahan e Arak. Finora non si sono registrate perdite radioattive, ma le operazioni di soccorso sono rallentate dalla presenza di materiali sensibili e dalla possibilità che le strutture compromesse rilascino sostanze pericolose.

Nel frattempo, Israele prepara una nuova fase dell’operazione militare, mentre l’Iran minaccia ritorsioni su scala più ampia, compresa la chiusura dello Stretto di Hormuz. La comunità internazionale si interroga sul prossimo passo, mentre cresce la consapevolezza che l’Iran è ormai a un passo dal diventare una potenza nucleare, se non già tecnicamente in grado di esserlo. La finestra diplomatica si restringe, e con essa le possibilità di evitare un conflitto regionale di proporzioni catastrofiche. I colloqui di Ginevra tra il gruppo EU + E3 e una delegazione iraniana, guidata dal ministro degli esteri, non ha sortito gli effetti sperati mentre Israele ha detto di essere pronta ad una lunga guerra anche senza l’aiuto militare degli Stati Uniti, al netto del fatto che comunque gli americani continuano a fornire il supporto logistico allo sfrozo bellico di Tel Aviv.

Rischio per l’Europa?

Sul piano istituzionale, EU + E-3 (UK, Francia, Germania) hanno cominciato colloqui in Svizzera (20 giugno) per limitare sia il programma nucleare che quello missilistico iraniano ma l’Iran ha dichiarato che non negozierà “finché dura l’aggressione israeliana”. I missili a media gittata come Sejjil (2 000 km) permetterebbero adesso a Teheran di raggiungere alcune aree dell’Europa meridionale. Fino a quel punto, non sono noti test o lanci verso destinazioni europee; tuttavia, tecnicamente la minaccia c’è.

Subscribe to our newsletter!

Iran ad un passo dalla bomba nucleare, il dilemma degli esperti