di Emanuela Ricci
Francia, Italia e Spagna, tre delle principali nazioni europee impegnate nella missione Unifil in Libano, stanno lavorando a un’iniziativa congiunta per frenare l’escalation di violenze nel sud del paese, al confine con Israele. La situazione è diventata particolarmente critica nelle ultime settimane, con attacchi sempre più frequenti contro le forze di peacekeeping delle Nazioni Unite, che operano nella zona per garantire il rispetto del cessate il fuoco, previsto dalla risoluzione ONU 1701.
L’iniziativa potrebbe essere presentata già nel corso del prossimo weekend, durante il G7 Difesa che si terrà a Napoli, mentre i dettagli operativi potrebbero essere definiti in una successiva conferenza sul Libano che l’Italia intende organizzare in Sicilia nelle prossime settimane.
La crisi e il ruolo di Unifil
La missione Unifil, attiva da oltre quarant’anni, ha il compito di monitorare il rispetto del cessate il fuoco tra Israele e Libano, soprattutto lungo la cosiddetta “Linea Blu”, il confine non ufficiale tra i due paesi. Negli ultimi tempi, però, la missione si è trovata in grande difficoltà a causa degli attacchi di Hezbollah, che continua a lanciare razzi contro Israele. La tensione crescente ha messo a rischio la sicurezza dei caschi blu delle Nazioni Unite, trasformandoli in bersagli mobili.
Le preoccupazioni per la sicurezza degli operatori di Unifil sono state al centro delle discussioni tra Francia, Italia e Spagna, che contribuiscono con contingenti significativi alla missione. I tre Paesi, indignati per i recenti attacchi, hanno espresso la loro protesta ufficiale in una dichiarazione congiunta durante il vertice di Cipro, segnalando la necessità di intervenire per evitare una maggiore destabilizzazione della regione.
La posizione di Francia, Spagna e Italia
Il presidente francese Emmanuel Macron è stato il più esplicito nell’esprimere la sua condanna per la situazione in Libano. Ha definito “inaccettabili” gli attacchi contro Unifil e ha rilanciato l’idea di un embargo sulle armi a Israele. Macron ha anche chiesto la convocazione dell’ambasciatore israeliano a Parigi per discutere le azioni del governo israeliano e la situazione al confine.
Simile la reazione del primo ministro spagnolo Pedro Sánchez, che ha anch’esso convocato l’ambasciatore israeliano a Madrid. La Spagna si allinea alla posizione francese, promuovendo un’azione congiunta a livello europeo per evitare ulteriori violenze.
L’Italia, invece, ha scelto un approccio più diplomatico e prudente. Pur condannando gli attacchi, la premier Giorgia Meloni ha evitato una posizione di scontro frontale con Israele. Secondo fonti del governo, Meloni ha intenzione di parlare direttamente con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, per discutere della situazione e cercare una via d’uscita diplomatica. Il suo obiettivo è mantenere aperto il dialogo, anche in considerazione dell’importanza strategica del rapporto tra Italia e Israele.
Le prospettive per una soluzione diplomatica
Nel corso della settimana, Francia, Italia e Spagna hanno lavorato per mettere a punto una strategia congiunta, che potrebbe essere presentata al G7 della Difesa a Napoli. L’iniziativa si concentra su due direttrici principali: da un lato, rafforzare il contingente Unifil; dall’altro, incrementare il supporto alle Forze Armate Libanesi (Laf) affinché possano assumere un ruolo più centrale nella gestione della sicurezza lungo la Linea Blu.
Macron ha discusso dell’ipotesi con Nabih Berri, presidente del Parlamento libanese, proponendo di incrementare il numero di unità delle Laf fino a 5.000 soldati. Queste truppe potrebbero schierarsi lungo il confine con Israele, assumendo il controllo diretto della sicurezza, in linea con quanto previsto dalla risoluzione ONU 1701, che richiede il disarmo di tutte le milizie e l’esclusiva autorità del governo libanese sulla sicurezza nazionale.
Tuttavia, modificare il mandato di Unifil, trasformandola da una missione di peacekeeping a una di peace enforcement, sarebbe molto difficile a causa degli attuali equilibri geopolitici e delle resistenze nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Per questo motivo, l’idea è quella di rafforzare la presenza delle Laf sul campo, anche prevedendo una riserva operativa dell’Unifil pronta a intervenire con breve preavviso.
Il ruolo degli Stati Uniti e le sfide politiche interne
La situazione in Libano è complicata non solo dal conflitto con Israele, ma anche dalle profonde divisioni politiche interne. Gli Stati Uniti vedono in questa crisi un’opportunità per indebolire Hezbollah, applicare la risoluzione ONU e influenzare i futuri assetti politici del Libano. Washington ha esortato il Libano a velocizzare il processo di elezione di un nuovo presidente, con il generale Joseph Aoun, comandante delle Laf, come possibile candidato favorito.
Tuttavia, la strada è piena di ostacoli. Hezbollah continua a mantenere una forte influenza politica e militare nel paese, e gode del sostegno di parte della popolazione sciita e dell’Iran. Anche la destra cristiana libanese, guidata da Samir Geagea, sta giocando la sua partita politica, complicando ulteriormente il quadro.
Le potenze regionali, come l’Arabia Saudita, l’Egitto e il Qatar, sono divise sul futuro del Libano. I sauditi vedono in Aoun una figura accettabile, ma hanno avvertito gli Stati Uniti di non forzare la sua candidatura, per evitare che il Libano diventi un paese satellite americano, rafforzando indirettamente anche Hezbollah. Anche l’Egitto e il Qatar condividono questa visione, ritenendo che Hezbollah rimarrà una forza inevitabile con cui dovrà fare i conti qualsiasi accordo di pace.
Il G7 della Difesa a Napoli
Dal 18 al 20 ottobre si terrà per la prima volta nella storia del “Gruppo dei 7”, una sessione dedicata alla Difesa, con l’obiettivo di promuovere il ruolo del G7 quale efficace forum di consultazione anche per individuare un approccio condiviso a tematiche di carattere politico-militare.
L’agenda dei lavori prevede una discussione sui principali conflitti e aree d’instabilità a livello globale, funzionale a definire comuni intendimenti politici e a condividere possibili linee d’azione.
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