Italia non firma la dichiarazione contro le sanzioni USA alla CPI

Settantanove Paesi hanno espresso sostegno alla Corte penale internazionale (CPI), opponendosi alle sanzioni imposte dagli Stati Uniti, ma l’Italia ha deciso di non firmare la dichiarazione congiunta. Tra i firmatari figurano nazioni come Germania, Francia, Gran Bretagna e Canada, mentre, oltre all’Italia, anche il Giappone e l’Ungheria hanno scelto di non aderire.

La decisione di Donald Trump di colpire la CPI con misure restrittive ha suscitato forti reazioni internazionali. Il decreto esecutivo firmato dal presidente degli Stati Uniti prevede il congelamento dei beni e il divieto di viaggio per funzionari della Corte e chiunque abbia collaborato alle sue indagini, in particolare quelle riguardanti gli Stati Uniti e Israele. Secondo il governo americano, le inchieste della CPI sono “illegittime e infondate” e minacciano la sovranità statunitense e israeliana.

L’Unione Europea e le Nazioni Unite hanno chiesto con fermezza agli Stati Uniti di revocare le sanzioni. Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, ha ribadito il ruolo cruciale della Corte nella lotta contro l’impunità per i crimini internazionali e ha affermato che l’Europa continuerà a difendere la giustizia e il rispetto del diritto internazionale. Anche l’Ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha espresso preoccupazione, sostenendo che la CPI debba operare in piena indipendenza.

Di diverso avviso il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che ha elogiato la decisione di Trump, definendola un atto di difesa della sovranità degli Stati Uniti e di Israele contro un tribunale “corrotto, antiamericano e antisemita”. Netanyahu ha affermato che la CPI ha intrapreso una campagna mirata contro Israele, cercando di stabilire un precedente per azioni legali contro gli Stati Uniti.

La mancata adesione dell’Italia alla dichiarazione ha sollevato interrogativi sulla posizione del governo rispetto alle politiche statunitensi. L’Italia, pur essendo membro fondatore della CPI, ha scelto di non unirsi al fronte europeo contrario alle sanzioni, accodandosi invece a paesi come Ungheria e Repubblica Ceca. Il premier ungherese Viktor Orbán ha sottolineato la necessità di riconsiderare il ruolo del proprio Paese in organizzazioni internazionali soggette a sanzioni americane, evidenziando i mutamenti nella politica globale.

Mentre il dibattito internazionale si intensifica, resta da vedere se l’Italia chiarirà la propria posizione nei prossimi giorni. La decisione del governo potrebbe riflettere un allineamento strategico con Washington o un tentativo di mediazione tra le posizioni contrastanti all’interno dell’Unione Europea.

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