La nuova ferrovia Iran-Cina: un corridoio strategico che sfida l’ordine globale

di Francesco Matera

Nel pieno delle trattative indirette tra Teheran e Washington sul controverso programma nucleare, un evento di portata strategica ha catturato l’attenzione degli analisti internazionali: l’arrivo al porto secco di Aprin, nei pressi di Teheran, del primo treno merci partito da Xi’an, in Cina. A bordo, pannelli solari: un carico simbolico quanto concreto, testimone del rafforzamento della cooperazione economica tra Iran e Cina sotto l’egida della Belt and Road Initiative (BRI), il mega-progetto infrastrutturale voluto da Pechino per ridefinire le vie del commercio globale.

Questa nuova linea ferroviaria est-ovest rappresenta molto più di un collegamento logistico. Accorciando i tempi di trasporto tra Cina e Iran da 30 a 15 giorni, il corridoio si propone come un’alternativa terrestre alle fragili rotte marittime tradizionali, sempre più esposte a sanzioni, tensioni militari e instabilità geopolitica, dallo Stretto di Malacca al Mar Rosso.

Sebbene le esportazioni iraniane verso la Cina – in primis petrolio e minerali – continuino a dipendere dal trasporto marittimo, la nuova tratta ferroviaria consolida una dorsale logistica strategica che aumenta la resilienza commerciale bilaterale, riducendo la vulnerabilità agli shock esterni e offrendo nuove prospettive di sviluppo.

Il 12 maggio scorso, rappresentanti di Iran, Cina, Kazakistan, Uzbekistan, Turkmenistan e Turchia si sono incontrati a Teheran, sottolineando la volontà politica collettiva di armonizzare tariffe, procedure e standard ferroviari. Un’intesa che punta a trasformare l’Iran in un hub logistico regionale, crocevia strategico tra Asia e Europa, con implicazioni dirette sull’integrazione economica transcontinentale.

Ma oltre agli aspetti tecnici ed economici, il corridoio Cina-Iran assume una valenza eminentemente geopolitica. Si propone infatti come contrappeso al nascente Corridoio Economico India-Medio Oriente-Europa (IMEC), sponsorizzato da Stati Uniti, India, Arabia Saudita e Unione Europea, che mira a rafforzare il ruolo di Israele come grande porta commerciale tra Asia ed Europa.

La “guerra dei corridoi” è ormai una realtà. Da una parte, il blocco Cina-Iran (con l’appoggio di Mosca e delle repubbliche centroasiatiche) costruisce un sistema alternativo di interconnessione eurasiatica; dall’altra, gli Stati Uniti e i loro alleati promuovono rotte competitive in chiave contenitiva. È in questo contesto che la ferrovia tra Xi’an e Aprin si inserisce come elemento potenzialmente destabilizzante per l’attuale ordine mondiale, suggerendo un futuro sempre più multipolare, in cui infrastrutture e logistica sono strumenti di potere tanto quanto le armi e la diplomazia.

Per concretizzare appieno il potenziale di questo corridoio, sarà fondamentale investire in infrastrutture complementari, semplificare le procedure doganali e aumentare la frequenza dei treni. La sfida, per Teheran e Pechino, non è solo quella di spostare merci: è quella di riscrivere le regole del commercio globale.

La nuova ferrovia Iran-Cina: un corridoio strategico che sfida l’ordine globale

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