L’America nascosta di Vivian Maier

di Raffaella Angelino

Scoperta per caso dopo una vita nell’ombra, oggi riconosciuta come una delle più grandi fotografe del Novecento. Per gli appassionati di fotografia di strada, ma non solo, “Vivian Maier. The exhibition” è la mostra da non perdere nel 2025. Allestita al Centro Culturale Altinate-San Gaetano di Padova, fino al 28 settembre, si tratta della retrospettiva più ampia mai dedicata all’enigmatica fotografa americana che ha incantato il mondo con la sua arte silenziosa e profonda, capace di rilevare il codice segreto dei gesti quotidiani.

Tata di mestiere e fotografa per passione, Vivian Maier – nata nel 1926 e scomparsa nel 2009, prima che i suoi scatti potessero arrivare al grande pubblico – ha lasciato un archivio immenso, scoperto solo dopo la sua morte. Nessuno sapeva del suo immenso talento per la fotografia, della capacità di catturare storie con gli occhi attraverso l’obiettivo della sua inseparabile Rolleiflex. Eppure, dai primi anni Cinquanta del Novecento, fino agli anni Novanta, la donna ha documentato meticolosamente ogni aspetto del mondo che la circondava, l’anima più profonda dell’America del secolo scorso camminando per le strade di Chicago e New York. Con discrezione, celandosi dietro l’apparenza di “modesta” babysitter,registrava ogni gesto, ogni volto, ogni contraddizione della società americana in trasformazione, con ironia, dolcezza e rigore documentaristico. I suoi scatti – oltre 150.000 negativi ritrovati per caso da John Maloof in un magazzino – raccontano il cuore pulsante della città, il flusso incessante della metropoli, come nessun altro. Il mosaico umano delle periferie e delle strade, dei volti dimenticati, dei dettagli che sfuggono agli occhi distratti.

Nell’universo di luci e ombre di Vivian Maier ci si può immergere attraverso un viaggio artistico che è anche un viaggio emotivo, silenzioso e lucido. La “fotografa invisibile”, infatti, non chiedeva pose, non costruiva scene. Ritraeva la vita vera: i bambini, quelli di cui si prendeva cura ma anche quelli incontrati per caso, donne e uomini dimenticati, passanti distratti, riflessi, vetrine, ombre. Dai banchieri di Midtown ai senzatetto addormentati sulle panchine dei parchi, alle coppie che si abbracciavano o, talvolta, riprendendo se stessa in autoritratti – selfie ante litteram – in cui la fotografa svela poco di sé, lasciando spazio alla sua arte, alla sua visione delle cose.

Eppure, il suo lavoro è rimasto sconosciuto per decenni, chiuso dentro centinaia di scatole, quasi fino alla sua morte. È il 2007 quando Maloof acquista durante un’asta parte dell’archivio della Maier, confiscato per debiti. Capisce subito di aver trovato un tesoro prezioso e da quel momento non smetterà di cercare materiale riguardante la misteriosa fotografa. La mostra padovana, curata da Anne Morin – la più grande esperta e studiosa della vita dell’artista – e prodotta da Arthemisia, è dunque l’occasione ideale per scoprire l’opera di una donna che ha fatto della fotografia la sua ragione di vita. Oltre 200 fotografie che spaziano tra bianco e nero e colore, oggetti personali, documenti inediti, filmati Super 8, registrazioni audio, sezioni immersive e tematiche, ci conducono al centro esatto del suo mondo, o meglio, del nostro mondo visto con i suoi occhi.

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