Libia, pescatori italiani: li vogliono incastrare per traffico di droga

(di Andrea Pinto) Molto flebile sui media la notizia che 18 pescatori siciliani dal primo settembre scorso sono trattenuti a Bengasi da ambienti vicini al generale Kalifa Haftar. Partiti da Mazara del Vallo, sarebbero stati trovati a pescare nelle acque libiche. Tutti al governo pensavano che si trattava di un banale incidente diplomatico, che si sarebbe risolto in pochi giorni. Ci si aspettava un loro immediato rilascio, in considerazione dell’appoggio italiano al Governo di Accordo Nazionale retto da Fayez al Serraj, invece a mettersi di traverso direttamente il generale Haftar che controlla la città di Bengasi. Proprio quell’Haftar, signore della Cirenaica e strenuo oppositore di al Serraj (Serraj ha annunciato le sue dimissioni nel corrente mese di ottobre).

Nel frattempo non è chiaro se i pescatori siano o meno in stato di detenzione con l’accusa di trasporto e traffico di droga. La polizia libica avrebbe trovato nei pescherecci e mostrato all’opinione pubblica alcuni panetti di droga. Una versione che poco convince gli armatori italiani dei due pescherecci italiani Antartide e Medinea: i pescherecci sono stati lasciati incustoditi sul molo di Bengasi, nessuno ha controllato, ovvero sigillato gli stessi come si dovrebbe.

La vicenda ha poi assunto una connotazione diversa e pretestuosa. Ambienti vicino ad Haftar hanno avanzato un’insolita richiesta di riscatto, trasformando i nostri pescatori da semplici trattenuti per indagini a veri e propri “ostaggi”. I libici chiedono la liberazione di quattro loro connazionali arrestati nel 2015 a Catania, processati in Corte di assise e in Cassazione, condannati a 30 anni come trafficanti di migranti e assassini. Per i libici di Bengasi sono considerati, invece,  solo giovani giocatori di calcio. Si tratta dei ventenni Joma Tarek Laamami, Abdel-Monsef, Mohannad Jarkess e Abd Arahman Abd Al Monsiff. 

Al porto di Bengasi si sono alternate nel corso dei giorni manifestazioni della popolazione locale che chiedeva la liberazione dei quattro calciatori in cerca di fortuna all’estero. A loro dire dovevano raggiungere la Germania per essere iscritti nelle squadre di calcio giovanili. 

Una tesi ritenuta fin dagli inizi della vicenda ripugnante dal procuratore della Repubblica di Catania Carmelo Zuccaro: “Altro che giovani calciatori. Non furono condannati anche per omicidio solo perché non al comando dell’imbarcazione. Hanno però cagionato la morte di quanti trasportavano, 49 migranti tenuti in stiva. Lasciati morire in maniera spietata. Sprangando il boccaporto per non trovarseli in coperta. Un episodio fra i più brutali mai registrati”. 

Il procuratore Zuccaro precisa sull’eventualità di uno scambio di ostaggi: ”Non penso che verremo interpellati, ma da operatori del diritto saremmo assolutamente contrari. Sarebbe una cosa ripugnante”. 

Nel frattempo, però i famigliari dei 18 pescatori e gli armatori dei due pescherecci iniziano a spazientirsi contro  l’inefficienza del governo italiano. Lo sostiene con forza  Leonardo Gancitano, l’armatore dell’Antartide: “Ci siamo resi conto che con quel pezzo di Libia hanno rapporti solo Turchia e Francia. E quindi abbiamo pensato che forse è meglio rivolgerci a Macron, anziché a Conte”.

I familiari dei marittimi hanno manifestato dinanzi a Palazzo Montecitorio. Poi nel corso della trasmissione televisiva Quarta Repubblica di Nicola Porro una delle madri dei pescatori ha denunciato: “Ci vogliono incastrare“. La signora ha poi “urlato” pubblicamente la latitanza delle istituzioni, lamentando di essere stanca di doversi interfacciare solamente con lo staff del ministro degli esteri e non direttamente con lui.

Non a caso dopo un paio di giorni, ieri la signora seguita da una piccola delegazione di famigliari è stata ricevuta da Di Maio stesso e il presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

Assieme a loro anche l’armatore Marrone, che si è fatto portavoce delle istanze di gente ormai allo stremo e al limite della sopportazione. Il presidente della Regione Nello Musumeci è intervenuto nei giorni scorsi chiedendo al governo nazionale di accelerare i tempi per il rilascio dei 18 marittimi: “Ci sono le famiglie dei 18 pescatori che attendono con angoscia e trepidazione che la Farnesina faccia conoscere la verità, qualunque essa sia. Ne bastano le rassicurazioni fornitemi di cos’altro ci vorranno accusare”

Libia, pescatori italiani: li vogliono incastrare per traffico di droga

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