L’Iran diventa cruciale per l’industria dei droni russa: produzione su suolo russo e pagamenti in oro per aggirare le sanzioni

di Andrea Pinto

La collaborazione militare tra Russia e Iran ha compiuto un salto decisivo negli ultimi due anni, trasformando Teheran in un partner fondamentale per l’industria bellica russa. Un rapporto pubblicato giovedì da C4ADS — centro di ricerca statunitense sulla sicurezza globale — e condiviso con il Washington Post, rivela come la produzione congiunta di droni di progettazione iraniana stia rafforzando la capacità offensiva di Mosca nella guerra in Ucraina, mentre aggira abilmente le sanzioni imposte da Stati Uniti e alleati.

Droni Shahed “made in Russia”

Nel 2022, la Russia ha avviato un accordo strategico con l’Iran per la produzione locale dei droni Shahed-136, rinominati Geran-2 dalle autorità russe. Nello stabilimento situato ad Alabuga, nella regione del Tatarstan, è stato pianificato l’assemblaggio di oltre 6.000 droni entro l’estate del 2025. Il risultato è un netto potenziamento delle capacità di attacco russo: secondo fonti ucraine, nel 2025 sono ormai comuni offensive notturne con oltre 100 droni, e in alcune occasioni si sono registrati attacchi con 300 UAV. Questi droni kamikaze, capaci di trasportare 53 kg di esplosivo e volare per centinaia di chilometri, sono diventati uno strumento centrale nella strategia militare russa. Le loro versioni più recenti — come il Geran-3, dotato di propulsione a getto — volano più velocemente e più in alto, rendendo più difficile l’intercettazione da parte della difesa aerea ucraina.

Un’industria che si evolve

Il rapporto indica che la Russia è riuscita a passare rapidamente dall’importazione alla produzione interna dei droni, sfruttando la tecnologia e il know-how iraniano. I ricercatori hanno rilevato che gli sviluppatori russi sono ora in grado di modificare o evolvere i modelli esistenti senza ulteriore supporto diretto dall’Iran. “È una localizzazione riuscita”, spiega Omar al Ghusbi, autore del rapporto, “anche se per alcuni componenti critici permangono delle dipendenze esterne”.

Oro al posto dei dollari

Per aggirare le sanzioni finanziarie occidentali, Mosca e Teheran hanno implementato un sistema di pagamento parallelo. Oltre all’uso di banche negli Emirati Arabi Uniti, parte dell’accordo è stata regolata attraverso la consegna di lingotti d’oro. Un contratto visionato da C4ADS tra lo stabilimento russo di Alabuga e la compagnia iraniana Sahara Thunder — già sanzionata dagli USA — cita una transazione in oro per un valore di circa 104 milioni di dollari. Il ricorso all’oro ha permesso alle due nazioni di evitare l’uso del dollaro statunitense e di mantenere un elevato livello di riservatezza, sfruttando le Free Zone degli Emirati per operazioni finanziarie al riparo da controlli stringenti.

Le falle nelle sanzioni globali

La storia di Sahara Thunder, azienda iraniana coinvolta nella spedizione di petrolio e negli appalti militari, è emblematica. Dopo essere stata colpita dalle sanzioni nel 2024, ha avviato la procedura di liquidazione, probabilmente per riformarsi sotto una nuova identità legale e continuare le proprie attività. Questo schema, sottolinea il rapporto, dimostra l’adattabilità delle entità sanzionate e la limitata efficacia dei controlli attuali.

Sfida aperta all’Occidente

La crescente sinergia tra Mosca e Teheran rappresenta una sfida diretta all’ordine internazionale. Entrambi i paesi, fortemente penalizzati da misure economiche internazionali, stanno rafforzando la propria posizione nel campo della guerra tecnologica, sfruttando debolezze strutturali nel sistema di sanzioni globali.

“La collaborazione con l’Iran ha permesso alla Russia di sostenere la propria guerra in Ucraina e aumentare la propria capacità produttiva in modo rapido e resiliente”, si legge nel rapporto. Un avvertimento chiaro ai governi occidentali: per essere efficaci, le misure restrittive devono evolversi quanto le tattiche di chi intendono colpire.

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