Lo “scontro” Trump Zelenzky e il nuovo volto dell’America

di Antonio Adriano Giancane

Lo scontro avvenuto lo scorso 28 febbraio nello Studio Ovale della Casa Bianca tra il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha suscitato un’ondata di reazioni tra gli utenti italiani sui social.

L’opinione pubblica online ha espresso un sentimento prevalentemente negativo riguardo all’evento, riflettendo un crescente malcontento verso la gestione statunitense della crisi ucraina. In particolare, il sentiment nei confronti di Donald Trump e degli Stati Uniti risulta estremamente critico, con l’88% dei commenti e dei post analizzati che esprimono una valutazione negativa.

Questi i dati emersi da un’analisi di sentiment in tempo reale condotta da Vis Factor, società leader nella consulenza strategica politica e istituzionale, attraverso Human, la propria piattaforma di web e social listening basata su un algoritmo di analisi semantica italiana, in esclusiva per Adnkronos.

Un vertice apparentemente concepito per rafforzare la cooperazione bilaterale, si è trasformato, sin dalle prime battute, in un acceso confronto che ha avuto ripercussioni ben oltre i confini della Casa Bianca, gettando nuove ombre sugli equilibri internazionali.

Al centro della disputa, il futuro degli aiuti militari statunitensi all’Ucraina, il ruolo della NATO e il controllo delle risorse strategiche, con particolare attenzione alle terre rare ucraine, fondamentali per l’industria tecnologica e militare. Trump ha messo in discussione l’atteggiamento di Zelensky, accusandolo di scarsa gratitudine per il sostegno ricevuto dagli Stati Uniti e annunciando la sospensione di 3,85 miliardi di dollari in aiuti militari. “You’re not [grateful]” avrebbe dichiarato il presidente statunitense, secondo quanto riportato da NPR.

Dietro la retorica dello scontro, si cela una questione cruciale: l’accesso alle risorse strategiche. Trump ha insistito affinché l’Ucraina firmasse un accordo che garantisse agli Stati Uniti un accesso privilegiato alle sue terre rare, minacciando di tagliare i finanziamenti militari in caso di rifiuto.

Questa posizione si inserisce in una strategia più ampia di politica estera basata su un pragmatismo spietato: l’America di Trump sembra sempre meno interessata a promuovere democrazia e cooperazione internazionale e sempre più focalizzata sull’autosufficienza e sul controllo diretto delle risorse.

Parallelamente, Trump ha rilanciato la guerra commerciale con l’Europa, annunciando dazi del 25% sui prodotti importati dall’UE. “L’Unione Europea è nata per fregare gli Stati Uniti” ha dichiarato, secondo Internazionale, segnando un nuovo punto di rottura con gli storici alleati.

Questo atteggiamento ha allarmato i leader europei, che si sono riuniti a Londra per valutare contromisure, tra cui un incremento delle spese per la difesa e una strategia comune per sostenere l’Ucraina, indipendentemente dalle scelte di Washington.

L’elemento forse più destabilizzante è l’atteggiamento di Trump nei confronti della Russia. Il presidente statunitense ha mostrato segnali di apertura verso Vladimir Putin, mettendo in crisi la tenuta della NATO. Secondo il Wall Street Journal, “Trump’s embrace of Russia rocks NATO alliance“, evidenziando come le sue politiche stiano scuotendo l’alleanza atlantica.

Questo riavvicinamento a Mosca non è nuovo, ma nel contesto attuale assume un significato ancora più dirompente: l’America sembra progressivamente allontanarsi dal suo ruolo di leader del blocco occidentale per abbracciare una politica di potere più simile a quella delle grandi potenze autoritarie.

Le mosse di Trump sollevano interrogativi profondi: l’America si sta trasformando in una potenza isolazionista, concentrata solo sulla forza economica e militare, a scapito dei valori democratici che l’hanno storicamente caratterizzata?

Il simbolo dell’aquila americana, per decenni sinonimo di libertà e democrazia, rischia di evolversi in una direzione più simile all’orso russo, emblema di pragmatismo autoritario e controllo strategico delle risorse. Se questo è il futuro che Trump immagina per gli Stati Uniti, il mondo dovrà prepararsi a un nuovo ordine globale, in cui le alleanze tradizionali verranno riscritte e la competizione economica e militare sarà l’unico vero linguaggio della diplomazia internazionale.

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