di Antonio Adriano Giancane
Israele ha dato il via alla tanto annunciata operazione militare “Muro di Ferro” in Cisgiordania, concentrandosi principalmente sul campo profughi di Jenin, uno dei 19 insediamenti palestinesi che risalgono alla creazione dello Stato israeliano nel 1948. La missione, lanciata all’alba di oggi, è stata descritta dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu come una “vasta e significativa operazione militare” finalizzata a combattere il terrorismo e “sradicare il terrorismo a Jenin“. Secondo fonti palestinesi, al momento sono stati confermati almeno sette morti e 35 feriti, tra cui molteplici donne e bambini. Le vittime, riporta l’Autorità Nazionale Palestinese (ANP), sono tutte di origine palestinese.
L’operazione è una delle più ampie e gravi mai condotte dalle forze israeliane a Jenin. Sebbene Israele abbia effettuato raid e attacchi aerei in Cisgiordania dall’inizio del conflitto con Hamas lo scorso 7 ottobre, questa è la prima operazione su larga scala nella regione. Le forze israeliane, tra cui l’esercito (IDF), lo Shin Bet e la polizia israeliana, sono entrate nel campo di Jenin dopo aver lanciato attacchi aerei mirati contro presunti obiettivi di gruppi militanti.
Secondo fonti militari israeliane, l’obiettivo dell’operazione è distruggere le infrastrutture terroristiche e neutralizzare potenziali minacce terroristiche che potrebbero infiltrarsi in Israele. Il comandante delle IDF, il generale Herzi Halevi, ha anticipato che l’operazione durerà diversi giorni, con piani di estensione in tutta la Cisgiordania. La città di Jenin, a lungo considerata un centro di resistenza all’occupazione israeliana, è vista da Tel Aviv come un focolai di attività terroristiche.
La risposta di Hamas non si è fatta attendere. L’operazione israeliana, infatti, ha suscitato una forte reazione da parte di Hamas, che ha esortato i palestinesi della Cisgiordania ad intensificare la resistenza contro le forze israeliane. In un comunicato, l’organizzazione terroristica ha invitato i residenti della regione a un “scontro deciso contro l’aggressione israeliana” e ha promesso di sostenere i “combattenti della resistenza” in Cisgiordania. Hamas ha definito l’operazione un atto di “oppressione sionista” e ha sollecitato la mobilitazione generale contro l’occupazione.
Oltre agli attacchi su Jenin, le forze israeliane hanno compiuto arresti in altre città della Cisgiordania, tra cui Hebron, Qalqilya, Ramallah e Nablus. L’agenzia di stampa palestinese Wafa ha riferito che almeno 20 palestinesi sono stati arrestati, tra cui un giornalista di Hebron. L’operazione è avvenuta mentre la tensione cresce anche nelle aree più centrali della Cisgiordania, con le forze israeliane impegnate in numerosi raid contro gruppi accusati di avere legami con Hamas e altre formazioni estremiste.
In Israele intanto il capo di stato maggiore delle IDF, il generale Herzi Halevi, ha annunciato che lascerà il suo incarico il prossimo 6 marzo, in seguito al fallimento del 7 ottobre, quando un attacco massiccio di Hamas ha colto di sorpresa Israele. “Un fallimento che rimarrà per tutta la mia vita“, ha dichiarato Halevi, facendo riferimento agli eventi del 7 ottobre che hanno segnato l’inizio di una guerra devastante. Halevi ha promesso di supervisionare la commissione d’inchiesta sull’attacco fino alle sue dimissioni, preparandosi a trasferire il comando delle forze israeliane al suo successore.
Intanto, la situazione politica in Israele resta tesa. Il governo Netanyahu, già alle prese con le critiche provenienti dalle forze di estrema destra nel suo esecutivo, ha dovuto affrontare anche un’intensa pressione riguardo alla gestione del conflitto con Gaza e delle operazioni in Cisgiordania. La crisi politica, combinata con l’instabilità economica e sociale, sta mettendo a dura prova la leadership israeliana.
Nel frattempo, anche l’Autorità Palestinese sta affrontando un momento delicato. La crescente influenza di Hamas nella Cisgiordania, dove ha lanciato appelli per intensificare la lotta contro le forze israeliane, sta erodendo la posizione dei leader di Ramallah. Le tensioni tra le forze dell’Autorità Palestinese e Hamas potrebbero complicare ulteriormente la già difficile situazione.
L’operazione “Muro di Ferro” segna una nuova escalation nel conflitto israelo-palestinese, con l’esercito israeliano che intensifica la sua lotta contro quella che considera la rete di terroristi palestinesi nella Cisgiordania. La risposta di Hamas potrebbe portare a un ulteriore aggravamento della violenza nella regione, mentre il futuro politico di Israele rimane appeso a un filo, con il governo Netanyahu stretto tra le richieste di pace e le pressioni interne per una linea dura.
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