Luttwack: “L’Italia le può suonare a Turchia e Iran se lo volesse”

Secondo quanto riporta La Stampa oggi a Mosca si firmerà la tregua tra Fayez al Sarraj, presidente del Governo di accordo nazionale, il generale Khalifa Haftar, il presidente del parlamento di Tobruk Agila Saleh, e il capo del consiglio di Stato di Tripoli, Khalid al-Mishri. Suona strano il fatto che tale importante passaggio del “dossier” libico trovi il suo fragile epilogo a Mosca sotto la supervisione di Putin ed Erdogan.

Il cessate il fuoco, scrive Semprini su La Stampa, congela una situazione sul terreno in cui Haftar è assai avvantaggiato rispetto al 4 aprile data di inizio del conflitto. Ecco perché Sarraj esige il ritiro dell’avversario, mentre il generale parla di sue condizioni di pace. Il rischio – affermano fonti del Palazzo di Vetro dell’Onu – è che Purin, per incassare il sì del feldmaresciallo gli abbia garantito qualcosa sul terreno. Non a caso Saleh ha accusato la Turchia di voler trasformare la Libia in uno «Stato ottomano» con la complicità di Sarraj, e ha invocato l’intervento diretto delle forze armate egiziane nel caso il conflitto continui.

Libero ha intervistato il consulente strategico degli Usa Edward Luttwak che ha parlato dell’unico Paese che può avere reale influenza in Libia, l’Italia.

I Paesi europei le armi le hanno, e le sanno pure usare. Le stesse Forze Armate italiane potrebbero suonarle sia all’Iran che alla Turchia. Ma per usare una forza militare al servizio dell’interesse nazionale bisogna avere coesione nazionale. L’Italia ha la capacità militare per dominare la Libia: le basterebbe spostarvi le truppe che ha ora in Kosovo o in Afghanistan. Ma non ha la coesione politica per farlo. Il potere di ogni Stato dipende dalla sua capacità militare ed economica, moltiplicata per la coesione nazionale necessaria a utilizzarla. Mille portaerei per zero coesione fanno zero».

E ora che succede in Iraq? 

«Quando gli americani hanno rimosso Saddam hanno creato le condizioni per cui la maggioranza sciita determinasse il futuro del Paese, ma adesso questa maggioranza sciita è scesa in piazza per chiedere la fine dell’influenza iraniana. La cosa più probabile è che alla fine se ne vadano tutti. La presenza militare occidentale, in effetti, era per affrontare l’Isis». 

II governo italiano continua però vedere l’Iran sciita come un alleato proprio contro l’Isis

«Gli interessi italiani in Iraq non sono forti come quelli che ci sono in Libia, che in pratica è stata creata dal colonialismo italiano. E vediamo che dove c’è l’ospedale militare italiano i militari italiani assicurano in quella zona stabilità e sicurezza per tutti. L’Italia è l’unico Paese a conoscere la Libia abbastanza da poterla stabilizzare. Però deve avere la volontà di farlo». 

E se l’Iran adesso blocca lo Stretto di Hormuz per far salire i prezzi del petrolio?

«Se si vuole suicidare, può fare questo e altro. L’Iran utilizza una retorica altisonante, ma la verità è che i suoi militari e le sue milizie sono capaci solo di massacrare civili disarmati. Nelle proteste dello stesso Iran come in Siria. Però ogni volta che si sono scontrati con gli israeliani le hanno prese». 

Trump però era stato eletto per ritirarsi. E invece sta riportando una forte presenza Usa nel mondo

«Trump ha promesso che un giorno lascerà l’Afghanistan e lo farà, nel momento in cui potrà farlo. Pensa che nei Paesi islamici sostanzialmente non si possa fare niente. Vuole invece confrontarsi con la Cina, che però ormai è abbastanza contenuta da una alleanza di cui fanno parte India, Giappone, Vietnam, Australia. Non solo i Paesi ma anche i leader. Trump è riuscito a stabilire un forte rapporto personale con Modi e Abe, cosa che non era riuscita a Obama». 

Intanto la Libia va verso una spartizione tra Turchia e Russia

«Ripeto, la Turchia è un Paese con bassissima capacità militare. E per arrivare in Libia deve poi volare sopra due Paesi che essa stessa ha deciso di fare nemici: Israele ed Egitto. Quindi è debolissima in Libia. Vi agisce perché altri non fanno niente». II 3 novembre si tengono le prossime presidenziali. 

L’esito sarà influenzato dal problemi internazionali? 

«La gente vota soprattutto su base economica e emotiva, e meno del 30% della popolazione americana ha un passaporto. La politica internazionale la seguono quattro gatti, e nessuno dei candidati manifesta un vero interesse».

 

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