Malattie infiammatorie croniche intestinali: 200mila italiani affetti conferenza di Consensus a Milano

(di Nicola Simonetti) I malati chiedono alla classe medica : presa in carico multidisciplinare con capacità di ascolto e supporto maggiori e più adatte alle proprie esigenze. parola chiave è engagement

Le malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI) sono patologie infiammatorie croniche dell’intestino caratterizzate nel loro decorso dall’alternarsi di fasi di riacutizzazione e di remissione con danno intestinale progressivo e si distinguono in due tipi principali: la Malattia di Crohn (MC) e la Colite Ulcerosa (CU).

Ne sono affette oltre 5 milioni di persone nel mondo, 3 milioni in Europa, e più di 200mila in Italia. Le MICI possono insorgere in qualsiasi momento della vita ma solitamente colpiscono i giovani e la maggiore incidenza è documentata fra i 20 e i 40 anni.

Come è possibile incoraggiare una ottimale proattività e coinvolgimento del paziente nel proprio percorso di cura? Come può esso stesso essere parte integrante del proprio processo di guarigione? Sono queste le domande a cui la Conferenza di Consenso sulle buone prassi di promozione dell’Engagement e di presa in carico dei bisogni psico-socio-assistenziali delle persone con MICI, ha voluto dare una risposta. La letteratura scientifica, al riguardo, sta convergendo, sempre più negli ultimi anni, verso il paradigma dell’engagement e della proattività da parte del paziente che diventerebbe in questo modo coprotagonista insieme al gastroenterologo, del proprio percorso di miglioramento.

L’incontro ufficiale di oggi, organizzato dall’associazione nazionale AMICI ONLUS, in collaborazione con il Centro di Ricerca Engage Minds Hub dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e con l’Istituto Superiore di Sanità, infatti, ha voluto porre le basi per  definire raccomandazioni che identifichino pratiche e strumenti efficaci per promuovere buone prassi di promozione dell’engagement e di presa in carico psico-socio-assistenziale delle persone con MICI, sulla base di una metodologia ben precisa: gli standard definiti dal Consensus Development Program del NIH statunitensi e la metodologia descritta nel Manuale SNLG dell’Istituto superiore di sanità italiano.

“Consensus4IBD è il nome che abbiamo scelto per questo progetto” – dice Enrica Previtali, presidente AMICI Onlus – e da oggi in poi sarà l’hashtag che rappresenterà il valore di ciò che la nostra associazione sta portando avanti per tutti i MICI. L’idea della Consensus è nata dal fatto che i pazienti chiedono sempre di più di essere parte centrale nel percorso di cura e questa centralità non può essere gestita solo dal clinico di riferimento, ovvero il gastroenterologo. Ciò che le raccomandazioni, obiettivo del progetto, dovranno definire è la migliore modalità per una presa in carico del paziente da parte di un team multidisciplinare sotto la regia del gastroenterologo, dove la componente psicologica sia ben presente e a supporto dei bisogni emotivi ed esistenziali dei pazienti. Infatti, non vogliamo sentirci più considerati tali, ma persone con patologia e per questo con bisogni diversi. Riteniamo che il supporto psicologico sia fondamentale per costruire l’accettazione della nostra condizione oltre al grado di engagement e proattività della persona stessa nei confronti del percorso individuale finalizzato al miglioramento di vita”.

Il decorso delle MICI è caratterizzato da fasi di attività intervallate da periodi di remissione, con un variabile rischio di complicanze nel corso del tempo. Il processo infiammatorio cronico intestinale, inoltre, espone nel tempo ad un aumentato rischio di cancro colo-rettale. L’evoluzione cronica e progressiva della malattia, presenta anche un andamento fluttuante che crea una condizione di disagio psico-sociale nella persona che ha difficoltà a vivere normalmente a causa della compromissione della qualità di vita in termini di benessere personale, lavorativo e interpersonale.

“Il concetto di multidisciplinarità per la gestione del paziente affetto da MICI” – ha detto Alessandro Armuzzi, Segretario Generale di IG-IBD – “è uno dei punti che vede attualmente impegnata la Società scientifica di riferimento nazionale (IG-IBD). Già da tempo le nostre attività educazionali, ed in parte anche quelle di ricerca scientifica, sono volte alla valorizzazione dell’approccio multidisciplinare, che vedono nell’engagement e nella presa in carico psico-socio-assistenziale due aspetti fondamentali per poter iniziare a sviluppare e rendere concreto questo modello di gestione del paziente. Abbiamo, dunque, prontamente aderito a questa iniziativa, convinti che il “know-how” dello specialista dedicato alla gestione del paziente affetto da malattia di Crohn o colite ulcerosa possa essere uno strumento prezioso per la realizzazione di questo progetto”.

Dalla ricerca WE CARE realizzata dal centro di ricerca Engage Minds Hub in collaborazione con l’Associazione A.M.I.C.I. Onlus è emerso che la qualità di vita risulta scadente in 4 pazienti su 10. Nello specifico, l’aspetto che risulta più compromesso e invalidante è quello connesso alla sfera psico-emotiva (il 49% degli intervistati ha dichiarato una scarsa qualità di vita sotto il profilo di benessere psico-emotivo). La ricerca, inoltre, ha evidenziato come vi sia un miglioramento del funzionamento psico-emotivo e di altri aspetti legati alla qualità di vita all’aumentare del livello di engagement.  Anche l’aderenza alle terapie è risultata migliorare a seconda dei livelli di engagement. Infine, anche la soddisfazione per la qualità della cura ricevuta è risultata variare a seconda dei livelli di engagement dei pazienti. Per i pazienti con MICI una cura di qualità è caratterizzata soprattutto dalla presenza di capacità di ascolto e supporto entro il percorso di cura e assistenza; ascolto e supporto che siano condivisi e adatti alle proprie esigenze unitamente ad una cura che sia adeguata anche in situazioni di emergenza; tale aspetto risulta prioritario soprattutto per le persone che mostrano un basso livello di coinvolgimento attivo.

I ricercatori e i clinici sono in accordo riguardo l’importanza della promozione dell’engagement dei pazienti per aumentare l’efficacia clinica degli interventi; c’è una diffusa apertura circa la considerazione dei bisogni socio-assistenziali e psicologici dei pazienti durante il loro percorso sanitario. Tuttavia, ad oggi manca un consenso circa le buone prassi per la promozione dell’engagement dei pazienti con MICI e la presa in carico dei loro bisogni socio-assistenziali e psicologici.

“Nonostante la letteratura scientifica evidenzi chiaramente l’impatto della malattia sulla qualità di vita e il benessere psicologico dei pazienti con MICI – rileva Guendalina Graffigna, direttore Engage Minds HUB, Università Cattolica del Sacro Cuore – i protocolli di intervento per una presa in carico psicosociale e per la promozione del patient engagement risultano ancora frammentati e con scarse evidenze di efficacia riportate nella letteratura scientifica. Inoltre, poco sistemico è ancora il processo di analisi dell’esperienza di cura e dei bisogni scoperti dei pazienti con MICI nel loro iter di presa in carico. Questo progetto, a partire dalla rigorosa analisi delle evidenze scientifiche disponibili e dalla promozione dello scambio multidisciplinare tra esperti ambisce a porre le basi per un effettivo sviluppo di politiche sanitarie in questo ambito oltre che per un orientamento concreto della pratica clinica nella direzione di un maggiore supporto psico-sociale dei pazienti.”

Gli obiettivi della Conferenza di Consenso sono:

  • Identificare i bisogni psico-socio-assistenziali e psicologici prioritari delle persone con MICI e definire le buone prassi per una relativa presa in carico socio-assistenziale e psicologica
  • Chiarire il momento più idoneo in cui dovrebbe avvenire la presa in carico dei bisogni socio-assistenziali e psicologici delle persone con MICI definendo leve e ostacoli del processo di engagement
  • Proporre indicatori di qualità di vita e di monitoraggio specifici del processo psico-socio-assistenziale e del processo di promozione dell’engagement (inclusi elementi socio-economici)
  • Promuovere un consenso multidisciplinare (e fra professionisti sanitari, malati e i loro famigliari) al fine di stabilire raccomandazioni e linee di indirizzo sulle prassi di promozione dell’Engagement e di presa in carico dei bisogni psico-socio-assistenziali delle persone con MICI.

“Molteplici sono i benefici previsti dall’attuazione del nuovo modello di cura: un aumento dell’appropriatezza clinica, organizzativa e gestionale del paziente, una migliore integrazione tra le unità d’offerta della rete dei servizi, il raccordo ottimale tra varie competenze professionali, un migliore accesso alle prestazioni sanitarie, una funzione di accompagnamento del paziente nella gestione di tutti gli adempimenti collegati alla patologia”.

“Il mio lavoro di medico chirurgo specializzato in patologie dell’apparato digerente – sottolinea il Viceministro Pier Paolo Sileri – mi ha portato a conoscere in prima persona le problematiche che vivono i pazienti affetti dalle malattie infiammatorie croniche dell’intestino, come la difficoltà a riconoscere i sintomi, a ricevere una diagnosi e a seguire la terapia. È quindi un’assoluta priorità definire delle linee guida per il coinvolgimento attivo delle persone affette da queste malattie. Grazie a una maggiore informazione infatti aumenta l’aderenza ai trattamenti, migliora la qualità di vita del paziente e diminuiscono i costi per il Servizio sanitario nazionale per farmaci, esami, visite e ricoveri”.

La Conferenza di Consenso è uno degli strumenti metodologici per la costruzione di uno strumento di governo di un settore o un’area o un trend. Nel caso delle MICI, uno strumento per la messa a punto di una strategia terapeutica volta al miglioramento della qualità della vita e quindi, anche al contenimento dei costi sanitari. I pazienti affetti da patologie croniche in generale e, nel caso specifico quelli affetti di MICI, sono solitamente considerati grandi fruitori di prestazioni sanitarie soprattutto in considerazione del fatto che la loro aspettativa di vita non è significativamente influenzata dalla malattia. L’esordio precoce e il decorso, a volte acuto e recidivante, possono portare ad una consistente necessità di cure mediche. Le riacutizzazioni devono essere trattate, più frequentemente con un ricovero, se lievi possono essere trattate in via ambulatoriale, mentre le visite mediche sono finalizzate al monitoraggio del decorso clinico e della terapia.

Malattie infiammatorie croniche intestinali: 200mila italiani affetti conferenza di Consensus a Milano