Farmaci biosimilari. I clinici: simili ma non identici salvo che per efficacia e tollerabilità e costano meno

(di Nicola Simonetti) L’occasione per la messa a punto chiarificatrice viene dall’approvazione, in Italia, del biosimilare di Adalimumab, un farmaco chiave per circa 100.000 pazienti potenzialmente trattabili per malattie reumatologiche, gastroenterologiche e dermatologiche con risparmi complessivi, per il SSN, di 140-170 milioni Euro nel periodo 2018-2020, che si sommano agli oltre 148 milioni di Euro di risparmi stimati per il periodo 2016 – 2020, ottenibili dall’introduzione delle altre due terapie anti-TNFα già disponibili (studio dell’università Tor Vergata – prof. FS. Mennini).

Questo fa diventare Biogen la prima azienda farmaceutica ad avere – dice Giuseppe Banfi, amministratore delegato di Biogen Italia – i 3 farmaci biologici anti-TNFα (infliximab ed etanercept, i precedenti) più prescritti in Italia e in Europa. Adalimumab, proprio perché uno e trino (utile nei tre campi specialistici reumatologia, dermatologia, gastroenterologia per il trattamento di artrite reumatoide e giovanile idiopatica, spondiloartrite assiale, spondilite anchilosante, artrite psoriasica, psoriasi, psoriasi pediatrica, malattia di Crohn in pazienti pediatrici e adulti, colite ulcerosa, uveite e idrosadenite suppurativa).

Che non siano affermazioni apodittiche lo dichiarano, all’unisono, i prof. Carlomaurizio Montecucco, ordinario reumatologia Univ. Pavia, Giampiero Girolomoni, della dermatologia di Verona e Maurizio Vecchi della gastroenterologi di Milano che si sono rifatti a severe ricerche (una per tutte la “Prosit bio” di Fiorino e coll. pubblicata su “Journal Crohn colitis”) ed alla pratica clinica.

Ma – ha detto –  Rosaria Iardino, pres. “Fond. The Bridge” – gran parte dei pazienti non lo sa e, spesso, pensa che prezzo ridotto significhi minor qualità. Pochi medici hanno la pazienza di spiegare, illuminare, convincere. Ne nascono i rifiuti e, a volte, le denunce legali.

“Il biosimilare – dice Vecchi – viene prescritto per quel paziente in quelle condizioni di patologia e psicologia. Indubbia la inderogabile necessità dello specifico colloquio medico-paziente. Ma, a volte, bisognerà pur tenere presente un malato che, per anni, ha usato, ricevendone beneficio, un determinato farmaco biologico che agisce anche per le proprie connotazioni morfologiche (tipo, colore di scatolo, di compressa) che gli sono diventate familiari.

Un condizionamento che va rispettato. L’eventuale cambio, ora più che mai, va motivato, accompagnato da particolare attenzione.

Il biosimilare – chiarisce Montecucco – deve necessariamente differenziarsi dall’originale poiché, anche quest’ultimo, proprio per le sue caratteristiche “vitali”, non è sempre lo stesso, cambia pur mantenendo, come il suo similare, efficacia e tollerabilità. Una specie di Fregoli della biologia.

“Il risparmio generato rappresenta una risorsa per i pazienti nel momento in cui tale risparmio viene reinvestito nel Sistema Sanitario, a beneficio di tutto il sistema e in particolare con programmi mirati a migliorare il percorso diagnostico, terapeutico e assistenziale dei pazienti stessi” (Iardino).

Farmaci biosimilari. I clinici: simili ma non identici salvo che per efficacia e tollerabilità e costano meno

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