Marina Paterna. Vittime di pedofilia? Ecco, vi dico io come ci si sente

Un giorno è speciale, un giorno brillante, un giorno sordo, un’altro muto, l’altro ancora silenzioso.

E, il giorno dopo ancora,  come ti senti?

Spenta. Spenta come un interruttore acceso che fa corto circuito e non ti spieghi il perché. La lampadina non è fulminata. La bolletta elettrica l’hai pagata. Tutto intorno è perfetto, non ti manca nulla. Ti guardi intorno e ti ripeti sono felice, sono veramente una donna fortunata eppure, ad un tratto, la luce si è spenta lo stesso.

Ma ecco che la corrente ritorna ed è corrente elettrica come il tuo umore. È corrente alternata.

È come calpestare una scacchiera. Un giorno il pavimento sotto i tuoi piedi è bianco ed è luce, luce piena e l’altro è nero, un nero oscuro. Un buio dove neanche tu che conosci la strada a memoria riesci più a riconoscerne né i percorsi né le impronte lasciate dai passi già fatti per trovare la via di fuga.

Perché, anche se da quel bosco sai uscire e da quella stanza buia anche. Anche se ne sei già uscita milioni di volte, in punta di piedi o a piedi nudi. Ogni volta ti chiedi se, quel che è stato, è stato solo un brutto sogno. E allora devi ricominciare.

Sì, devo raccontarmi ogni volta una favola diversa e a colori, per cancellare quel che resta nella mia mente e la cosa che mi ripeto è… che passerà. E mi sento fragile, come di cristallo e piangi, piango, come fossimo due entità separate in un corpo solo. Una che vuole morire e un’altra che vuole vivere. E l’unica reazione possibile, la più immediata, la più liberatoria è: piangere. Senza saperne apparentemente il motivo. Senza poterti fermare. E non ti serve uno specchio che ti dica come stai. Te ne serve uno che ti osservi in silenzio, senza farti domande, senza farti vedere come ti sei ridotta, che non ti prenda, però, neanche in giro, ma che semplicemente aspetti insieme a te che tutto  passi. Sì, perché poi passa. Passa e se ne va.

Siamo anime fragili, troppo fragili, che non vanno lasciate sole, che non vogliono impietosire nessuno. Che hanno una dignità. Che spesso tra la gente devono indossare una maschera, la maschera del sorriso. E a volte non ce la fanno. Crollano. Siamo appunto come di cristallo e non andiamo lasciati soli, ma accompagnati da lontano in silenzio e con un abbraccio caldo e profondo. I bambini abusati nel loro silenzio si ritrovano, si riposano in un giorno di sole, chiudendosi nella loro stanza e ricreando il buio. Paradossale. Ricreano la loro condizione di buio interiore intorno a se. È lì che si nutrono e si rigenerano. È dal silenzio che nascono, è con il buio che imparano a convivere sin da subito. Ed è dalla luce che si nascondono,  per poi alla luce ritornare dopo un brutto incubo.

Nel profondo del mare, senza aria, senza più ossigeno, per istinto di sopravvivenza, fai di tutto per poter risalire in fretta prima che l’ossigeno finisca. Così cerchi di risalire più in fretta che puoi per tornare a respirare a pieni polmoni e  finalmente ritorni alla vita. Non più forte di prima. Non più debole, ma più consapevole di prima. Tu e la tua ombra non siete scindibili. Lei, che tu lo voglia o no, ti accompagnerà per sempre e dovrai imparare ad accettarlo.

La mia domanda è: Quando tutto questo finirà?

Marina Paterna. Vittime di pedofilia? Ecco, vi dico io come ci si sente

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