La questione siriana vista da un’altra prospettiva

Si è tenuta ieri presso la sala consiliare del Palazzo della Provincia di Frosinone una conferenza sulla Siria, definita in apertura dal Consulente del Ministero dell’Informazione Siriano, Ouday Ramadan particolarmente “coraggiosa” in un contesto come quello attuale in cui il circolo mediatico dominante, fornisce la “sua verità” spacciandola per informazione indipendente e disinteressata.
Quello che emerge dimostra l’esatto contrario, se non altro perché come giustamente affermato da uno dei relatori a premessa della conferenza, “per conoscere la verità bisogna sempre sentire le due campane”, vecchio detto che per occasione sembra calzare a pennello.
L’incontro, presenziato dal Presidente del Consiglio Provinciale di Frosinone, Luigi Vatana ed a cui hanno partecipato oltre al già citato Consulente del Ministero dell’Informazione Siriano, Ouday Ramadan anche l’Imam, Ali Hassan Ramadan della Commissione Affari Religiosi del Governo Siriano, oltre ai membri del Coordinamento per la Pace in Siria, Oreste della Posta ed il prof. Biagio Cacciola, si è svolto alla presenza di PRP Channel di fronte ad una platea non numerosa come eventi del genere meriterebbero, ma sicuramente attenta, competente e fortemente interessata alla delicata tematica affrontata.
“La prima vittima della guerra è la verità”, parte da questa frase il dibattito innescato da Oreste della Posta e continuato con il racconto di oltre 6 anni di atrocità fatto dai due siriani in aula. Si toccano molti dei punti salienti della questione siriana, ancora troppo avvolta da una coltre che anche a causa dei silenzi “occidentali” impedisce alla gente di avere una visione più ampia del martirio del popolo siriano, in atto.
Qualcuno chiede come fosse gestita la convivenza tra popoli di diversa religione in Siria, e l’Imam risponde che non c’era nulla da gestire, perché il popolo siriano vive da sempre in perfetta sintonia e comunione a prescindere dalle religioni delle singole persone ed aggiunge: “nel nostro paese i Cristiani non sono ospiti, ma sono la Siria, culla della lingua aramaica, quella parlata da Gesù Cristo”.
In Siria, ci raccontano i nostri amici, almeno prima del conflitto, è sempre stata garantita la libertà di culto e le campane delle chiese non hanno mai smesso di suonare. Un lungo periodo trascorso in Medio Oriente e più precisamente in Libano mi aiuta a comprendere ciò che ascolto dai loro racconti. Chiese e Moschee si susseguivano le une con le altre nel centro di Beirut ed i fedeli di entrambe le religioni vivevano la loro vita senza alcun bisogno di integrazione, perché quella che vivevano era la normalità della vita, vissuta nel rispetto tra fratelli di religione o semplicemente tra persone simili nella creazione. Ricordo l’alternanza tra i richiami alla preghiera provenienti dai minareti ed appunto il suono delle campane. Ricordo un popolo che viveva in pace ed ebbi modo di verificarlo non solo a Beirut, ma anche in tutto il resto del paese dei cedri, da Tiro a Sidone, da Tripoli a Baalbek ed ancora a Naqoura e in tutti i villaggi sia al confine con Israele che con la Siria.
Tornando alla questione siriana emerge che la rivoluzione che portò a questo martirio fu creata ad arte con l’illusione di portare al popolo: Pace, Riforme, Libertà e Cambiamento. Quello che ha portato invece è sotto gli occhi di tutti. Una guerra sicuramente più lunga del previsto a cui non serve aggiungere aggettivi, creata ad arte per puri interessi economici dettati dalla necessità di controllare i gasdotti che portano al Mediterraneo e che rappresentano la più grande fonte di diversificazione energetica rispetto al petrolio. E proprio i paesi arabi del cosiddetto petroldollaro sono ritenuti i primi responsabili di questo conflitto che affligge il popolo siriano.
La Siria è stata utilizzata come un gioco da tavola paragonabile al Risiko in cui si sono fronteggiati tutti i poteri forti del pianeta in una sorta di guerra per procura.
Fondamentalisti islamici finanziati dal Qatar, dall’Arabia Saudita, dagli Emirati Arabi Uniti e dalla Turchia, paesi che, all’inizio, volevano la destabilizzazione di questo Stato in funzione filo-Usa, sono stati fatti entrare nella parte est del paese per provare a destituire Assad ed il suo governo, votato, ci tengono a sottolinearlo, da almeno il 60% del popolo e quindi legittimamente eletto e voluto dai siriani. Un governo, ci dicono, da sempre garante della laicità e della convivenza tra culture e religioni diverse, un governo socialista che nonostante tutto ha provato a garantire beni e servizi a tutto il suo popolo, gratis o quasi, un governo ed un popolo che nonostante le forze impari messe sul campo ha dimostrato di saper resistere e di sconfiggere l’isis in una guerra tutt’altro che locale.
Il conflitto che era in atto, e che si sta ancora combattendo, non é stato una guerra “religiosa” come hanno tentato di mascherare, ma un vero e proprio attacco alla sovranità della Siria.
Il gioco non é riuscito proprio per l’impressionante coesione sociale della Siria che ha visto il suo esercito, composto appunto da soldati di diverse confessioni religiose, resistere all’inizio in modo eroico, per poi sconfiggere le armate mercenarie dell’isis, ormai sul punto di essere disarticolate completamente.
Fortunatamente dunque la Siria ha retto, perché se non avesse retto il conflitto si sarebbe spostato altrove nel mondo, ha retto per per il forte legame tra la sua popolazione e l’azione sociale dello Stato. Nessun altro esercito nazionale avrebbe retto all’ondata d’urto di armi NATO vendute per vie traverse a Al Nusra (il ramo di al Qaeda in Medio Oriente). E all’Isis, oltre a tante altre fazioni di terroristi supportati dall’Occidente in particolare dal governo francese, prima di Hollande e poi di Macron.
Certo ora le cose sono profondamente cambiate. In particolare sul campo dove grazie alla decisiva azione di paesi come la Russia, l’Iran, il Libano sopratutto grazie all’essenziale contributo di Hetzbollah, l’Iraq, ed il popolo curdo tutti schieratisi con generosità e sacrificio al fianco della Siria di Assad. Ma la lotta sta continuando e continuerà fino in fondo, fino a quando la minaccia dell’umanità del fondamentalismo islamico non verrà annientata.
Un guerra globale che sembra stia finalmente volgendo al termine, che grazie al fiero popolo siriano e ai paesi citati precedentemente che hanno preso le sue difese, non si è estesa ad altre aree del mondo e che, pur con indicibili sacrifici, è riuscito a buttare a terra e calpestare quella “bandiera nera come il cuore di chi l’aveva issata” su gran parte del paese.
GB

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