Turchia vuole riaprire rapporti con Ue

Ankara vuole aprire un dialogo costruttivo con l’Europa e perseguire una nuova strategia con l’Europa. Mentre l’orizzonte di adesione della Turchia all’UE sembra completamente svanita a causa della deriva autoritaria del Paese, tra le due parti si fa strada la linea del pragmatismo fondato sui rapporti economici e strategici – dalla lotta al terrorismo alla collaborazione energetica e alla questione dei rifugiati. Da una parte Erdogan – che si prepara alle elezioni presidenziali del 2019 – ha anche bisogno di rinnovare la propria immagine nel Paese. Anche da questo punto di vista rinnovare i rapporti economici – assicurando capitali e scambi commerciali – con gli Stati UE è visto come un obiettivo importante.

Rapporti con Parigi

La visita di ieri del presidente turco Recep Tayyip Erdogan all’omologo francese Emmanuel Macron, la prima – fatta eccezione per Bruxelles – realizzata dal capo di Stato turco in una grande capitale europea dopo il fallito golpe del 15 luglio 2016, è considerata come un importante segnale di questa nuova linea dei rapporti tra la Turchia e l’Unione. Nel contesto europeo “Macron e Parigi emergono come gli attori più efficienti. I rapporti profondamente negativi instaurati da Ankara con Berlino e Washington hanno aperto un importante spazio di azione politica per Macron”, afferma l’analista e politico Ali Yurttagul in un articolo sul quotidiano Ahval. Per l’esperto, a livello economico, la possibilità di prendere parte nei “grandi progetti” – dal settore della difesa a quello energetico – all’ordine del giorno nella Turchia di Erdogan è il movente piu importante per Parigi. Ieri a margine della visita del capo dello Stato turco a Parigi è stato firmato un accordo per lo sviluppo di un sistema di difesa aerea a lungo raggio, affidato al consorzio franco-italiano Eurosam. Il secondo movente, invece, è di ordine più “pragmatico”. “Macron ritiene che dialogare con Erdogan possa far compiere passi in avanti in questioni come la libertà di stampa, con un pragmatismo simile a quello dimostrato nei rapporti con Paesi come la Cina e l’Iran”, aggiunge Yurttagul. “Questo pragmatismo potrebbe forse portare alla scarcerazione di uno o due giornalisti, ma non aiuterà né a migliorare la libertà di stampa e nemmeno lo Stato di diritto”.

Rapporti con la Germania

Nelle ultime settimane Ankara si è dimostrata volenterosa di ricucire anche i rapporti con la Germania, partner commerciale di prim’ordine per la Turchia. Messaggi conciliatori sono arrivati da entrambe le parti dopo l’incontro realizzato lo scorso novembre in Turchia tra Mevlut Cavusoglu e Sigmar Gabriel – rispettivamente ministro degli Esteri turco e tedesco. L’incontro di Cavusoglu con l’omologo previsto per oggi in Germania – a Goslar, nella città natale di Gabriel – dovrebbe servire a dare seguito ai primi contatti positivi, lanciando “un nuovo inizio”, come ha scritto il ministro turco nella lettera indirizzata al gruppo media tedesco Funke. “Un nuovo inizio” perché il 2017 è stato uno degli anni peggiori dei rapporti tra la Turchia e la Germania e i nodi da risolvere restano ancora numerosi. A partire dallo stato di arresto di decine di cittadini tedeschi, che secondo il governo tedesco sono stati imprigionati per “motivi politici”. Tra questi anche Deniz Yucel, giornalista turco-tedesco del quotidiano Die Welt, tenuto in carcere senza nemmeno un atto d’accusa da oltre 10 mesi. Ma i rapporti tra le parti restano anche molto tesi per le centinaia di richieste d’asilo presentate nel Paese europeo da parte di cittadini in fuga dalla Turchia dopo il fallito golpe, tra cui diversi diplomatici che Ankara accusa di affiliazione terroristica. Erdogan e i suoi ministri hanno inoltre accusato Berlino di pratiche naziste per non aver permesso lo svolgimento in Germania dei comizi per il referendum presidenziale turco dello scorso aprile. La reazione di Berlino, da prima cauta soprattutto per non danneggiare l’accordo UE-Turchia sui rifugiati, è diventata sempre più critica nei confronti di Ankara a seguito dell’arresto dei cittadini tedeschi. E le questioni che sono state motivo di scontro non sono ancora risolte. Tuttavia anche per la Germania sembra delinearsi un approccio più “pragmatico” nei confronti della Turchia. Per esempio il ministro degli Esteri Gabriel, in un’intervista rilasciata al settimanale Der Spiegel, spiegando che il governo federale non ha approvato numerose esportazioni di armi in Turchia ha aggiunto che “la situazione non cambierà fino a quando il caso Yucel non verrà risolto”. Per questo, recenti commenti positivi del ministro Cavusoglu sul caso del giornalista turco-tedesco hanno fatto pensare ad una sua prossima scarcerazione. Il ministro Gabriel, a fine dicembre, ha inoltre indicato una possibile strada per modificare lo status – ancora in vigore, seppure di fatto congelato – di “Paese candidato UE” per la Turchia. “Un accordo Brexit ben riuscito potrebbe servire come un modello per gestire i legami con altri Paesi, inclusa la Turchia”, ha detto Gabriel aggiungendo di “non riuscire a immaginare la Turchia o l’Ucraina diventare membri UE nei prossimi anni. Ed è per questo che dobbiamo considerare altri modi di stretta collaborazione”. Da tempo l’adesione all’UE – e ai Criteri di Copenhagen – hanno smesso di essere un obiettivo da raggiungere per Erdogan, che tuttavia non vuole apparire come la parte che rinuncia alla prospettiva europea. Ora che la linea del pragmatismo economico e strategico sembra assumere contorni sempre piu netti per gli Stati membri UE e prevalere sul resto – incluso il rispetto dello Stato di diritto e la morsa di Ankara sulla stampa – si potrà forse parlare davvero di un “nuovo inizio” tra la Turchia e gli Stati dell’Unione.

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