Elezioni e Russiagate, la tempesta perfetta in arrivo per Giuseppe Conte

(di Massimiliano D’Elia) Gli Usa danno al dossier “Russiagate”, rilevanza penale,  saranno interrogati, quindi, i capi dei servizi americani all’epoca dell’amministrazione Obama. Il giudice federale Beryl Howard ha decretato che il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti dovrà consegnare la versione non redatta del rapporto del consigliere speciale Robert Mueller alla Camera dei rappresentanti entro il 30 ottobre. Secondo la stampa statunitense, il dipartimento dovrà anche fornire il materiale segreto del grand giury raccolto nell’ambito dell’indagine. L’ordinanza del giudice rappresenta una vittoria per i Democratici che indagano sul presidente Donald Trump e sul possibile reato di ostruzione alla giustizia.

Il primo ministro italiano Giuseppe Conte e alti funzionari in Australia hanno, tuttavia, difeso il loro coinvolgimento nella revisione del procuratore generale degli Stati Uniti, William Barr, sulle origini del cosiddetto “Russiagate”, dopo le critiche ricevute dai partiti dell’opposizione. I servizi di intelligence italiani – scrive il “Wall Street Journal” – hanno chiarito di non avere alcun legame con il professore Joseph Mifsud, il cui incontro con un aiutante della campagna di Trump nel 2016 ha contribuito a spronare l’indagine di controspionaggio del Federal bureau of investigation (Fbi) sulle interferenze elettorali russe, ha detto Conte. I funzionari dell’intelligence italiana hanno poi dichiarato a Barr di non aver avuto alcun ruolo negli eventi che hanno portato all’inchiesta sul Russiagate, ha affermato Conte. Il premier italiano ha anche definito la richiesta di informazioni “preliminare” e ha affermato che il rifiuto di collaborare sarebbe stato considerato sleale nei confronti di un alleato di lunga data.

La vicenda nelle ultime ore, dopo alcune  prove prese in Italia ha subito  un’accelerazione e una virata a 360°. Il dubbio in Italia è che il premier  Giuseppe Conte  abbia nascosto qualcosa, fornendo al Copasir, e dunque anche all’opinione pubblica italiana, una ricostruzione annacquata della verità. 

La lettera del 17 giugno

La richiesta americana, secondo la lettera inviata a Giuseppe Conte era quella di avere maggiori informazioni su un agente dell’Fbi che nel 2016 lavorava nella capitale. Durante i colloqui Barr avrebbe chiesto di conoscere i suoi contatti con l’intelligence italiana ma anche verifiche su eventuali rapporti con Joseph Mifsud. Non a caso fu  proprio l’Fbi a indagare sui contatti tra Trump e i russi durante la campagna per le presidenziali del 2016. E dunque Mifsud — questo è il sospetto di Barr – potrebbe essere stato la loro «talpa» per screditare Trump.

Scrive Belpietro su Libero che a questo punto si riaccreditano anche i dubbi sulla nascita del nuovo governo e su quell’endorsement così insolito e improvviso dell’inquilino della Casa Bianca. 

Il punto da chiarire è capire come mai due alti rappresentanti della giustizia americana, William Barr e John Durham, siano dovuti correre in pieno agosto e in piena crisi di governo a Roma per incontrare i nostri 007.

Il viaggio romano del ministro della Giustizia e del procuratore è stato organizzato in fretta e furia  per poter acquisire prove rilevanti su Joseph Mifsud, il professore di origine maltese, legato in qualche modo anche con la Link Campus University. Mifsud avrebbe riferito a Papadopulos, consigliere di Trump, che la Russia aveva e-mail compromettenti della senatrice Hillary Clinton. 

Libero scrive anche che i due americani hanno  chiesto di incontrare i vertici delle nostre agenzie presso l’Ambasciata Usa in Italia. Incontro avvenuto in una camera schermata e bonificata, immune da “orecchie” indiscrete. “Sarebbe stato fatto ascoltare un audio del professore Mifsud che implorava aiuto e protezione: si sentiva minacciato”. Dal 2017 il professore risulta irreperibile e fonti giornalistiche straniere sostengono che sia nascosto in Russia, altre invece, in Gran Bretagna.

Scrive sempre Belpietro, che un presidente americano, Barack Obama, chieda a un governo alleato (Italia, Australia e Gran Bretgna) di aiutarlo a incastrare gli avversari non è certo una cosa che si veda tutti i giorni, come per altro non è roba ordinaria assistere a un esecutivo che si immischia in beghe politiche di altri Paesi, aiutando a organizzare tranelli per azzoppare le altrui candidature. Nell’uno o nell’altro caso però sarebbe utile saperlo, perché l’Italia non ci farebbe una bella figura. Tuttavia Conte su questo intrigo ha sempre tenuto la bocca chiusa, badando bene a non informare i vicepremier del precedente governo, ma tacendo della richiesta degli uomini di Trump anche quando per ben due volte si presentarono a Roma. Quando la storia dei viaggi infine spuntò sui giornali, il premier disse che avrebbe chiarito in Parlamento, ma poi, come abbiamo detto, mercoledì al Copasir ha ammesso gli incontri e negato tutto il resto, assicurando di non aver fornito elementi utili alla strana inchiesta d’oltreoceano. Tutto a posto, insomma, come spiegò rispondendo con poche parole ai giornalisti, E invece no. perché l’altra sera Fox news, un’emittente americana molto vicina a Trump, in un servizio dedicato al caso ha fornito la versione a stelle e strisce, sostenendo che a Roma l’attorney general e il procuratore avrebbero raccolto nuove prove che allargano l’indagine, al punto che Durham ora vorrebbe interrogare i vertici dell’intelligence nominati da Barack Obama. E chi le ha fornite queste nuove prove? Conte dice che gli 007 italiani non sapevano nulla dell’attività di Mifsud, ma Barr e il procuratore, secondo la Fox, sembrano dire altro. Anzi: gli americani avrebbero in mano la memoria dei cellulari di Mifsud e perfino una registrazione. Dunque, in questa storia di spie di dossier e di guerre senza esclusione di colpi fra democratici e repubblicani, qualcuno non la racconta giusta.

La vicenda potrebbe essere sfuggita di mano al nostro presidente del Consiglio. Siamo ora tutti in attesa di conoscere i contenuti del rapporto “Barr”, che sarà pubblicato il prossimo 5 novembre, in cui emergeranno gli elementi acquisiti in Italia per mano dei nostri servizi segreti. Il direttore del Dis, generale Vecchione, molto vicino a Giuseppe Conte sarà audito al Copasir nei prossimi giorni.

Tra elezioni regionali e Russiagate, la tempesta perfetta per il premier italiano che potrebbe portare giù, in fondo agli abissi, la nave  del governo rosso-giallo. Non a caso Matteo Renzi, per tempo, si è messo a guardare con i suoi pop corn da una poltrona “girevole” privilegiata, Italia Viva.

 

Elezioni e Russiagate, la tempesta perfetta in arrivo per Giuseppe Conte