Starlink domina la corsa ai satelliti in orbita bassa, offrendo internet veloce in tutto il mondo. Amazon, Cina e UE tentano di competere con progetti come Kuiper, SpaceSail e IRIS². Oltre alla tecnologia, è in gioco l’influenza geopolitica e la sicurezza digitale globale
Andrea Pinto
Dopo sei anni di lavoro e alcuni ritardi, il sogno di Amazon di fornire internet ad alta velocità anche nei luoghi più remoti della Terra ha finalmente preso il volo. Nell’aprile scorso, un razzo Atlas V della United Launch Alliance è decollato da Cape Canaveral, in Florida, trasportando i primi satelliti operativi del Progetto Kuiper, la nuova rete a banda larga della multinazionale fondata da Jeff Bezos. In pochi minuti, il razzo ha raggiunto i 6.400 km/h, posizionando i 27 satelliti a 450 km sopra la Terra. Questi raggiungeranno successivamente l’orbita finale a 630 km.
Questo lancio non segna soltanto l’inizio di un nuovo fornitore di servizi internet, ma rappresenta anche la prima mossa concreta in una battaglia per il controllo della connettività globale, che vede Bezos contrapposto al rivale Elon Musk, fondatore e proprietario della già affermata rete satellitare Starlink, parte dell’impero SpaceX. A sfidare i due giganti statunitensi ci sono anche la Cina e l’Unione Europea, in una corsa alla conquista dell’infrastruttura spaziale che definirà gli equilibri economici, digitali e militari del futuro.

La corsa nell’orbita bassa
Questa competizione si svolge nella Low Earth Orbit (LEO), lo spazio compreso entro 2.000 km dalla superficie terrestre. Dieci anni fa, questa fascia era dominata da satelliti militari, scientifici o per l’osservazione della Terra, con circa 1.300 satelliti attivi. Oggi, si contano oltre 11.000 satelliti in orbita, e si prevede che il numero salirà a 100.000 nel prossimo decennio.
Il motivo principale? L’enorme domanda di connettività. I satelliti in LEO hanno una latenza molto più bassa rispetto a quelli geostazionari, rendendoli ideali per la banda larga veloce. I principali otto operatori del settore hanno ottenuto autorizzazioni per lanciare più di 50.000 satelliti: Starlink da sola ha l’autorizzazione per 12.000.
La supremazia di Starlink
Dal 2019, Musk ha lanciato oltre 8.417 satelliti, circa il 39% di tutti quelli mandati nello spazio dalla missione Sputnik del 1957. Starlink ha attualmente circa 7.300 satelliti operativi, il 65% dell’intera flotta attiva nel mondo.
Il vantaggio di Starlink sta tutto nella struttura verticale di SpaceX: razzi Falcon 9 a basso costo e alta frequenza (circa due lanci a settimana) una linea di produzione in grado di fabbricare otto satelliti al giorno, rapidità nell’innovazione e un’ingente capacità di finanziamento. Gli utenti, inoltre, utilizzano terminali a basso costo, inizialmente sovvenzionati da SpaceX e ora sempre più economici grazie alla produzione su larga scala. I numeri parlano chiaro: Starlink fornisce internet a bassa latenza a oltre 5 milioni di utenti in 125 Paesi, e secondo Quilty Space genererà 12 miliardi di dollari di ricavi e 2 miliardi di cash flow nel 2025., con l’obiettivo finale di mettere in orbita più di 40.000 satelliti.
I rivali non stanno a guardare
Amazon punta a investire tra i 16 e i 20 miliardi di dollari per Kuiper, ma i costi elevati e la necessità di sostituire i satelliti ogni 5-7 anni rappresentano una sfida. Eutelsat, secondo player con il progetto OneWeb, conta su una costellazione di 648 satelliti e avrà bisogno di circa 2 miliardi di euro per aggiornare il sistema. Il canadese Telesat sviluppa Lightspeed (200 satelliti), finanziato da un prestito governativo da 2,14 miliardi di dollari canadesi.
In Cina, due sistemi si stanno preparando: Guowang e SpaceSail, con un totale previsto di 26.000 satelliti. SpaceSail, supportata da istituzioni statali e dalla municipalità di Shanghai, ha già raccolto quasi 1 miliardo di dollari nel 2023 e ha lanciato 90 satelliti. Anche se molti non funzionano, si prevede che centinaia saranno operativi entro fine anno. Guowang, invece, è direttamente controllata dal governo centrale attraverso China Satellite Networks (SatNet) e mira a replicare il modello Starlink per il mercato cinese. Il grande ostacolo della Cina resta però la capacità di lancio.
Potere geopolitico orbitale
Non tutti i progetti satellitari avranno come unico metro di giudizio il profitto. La crescente influenza di Musk negli affari internazionali e la sua vicinanza a Trump preoccupano diversi governi, portandoli a cercare soluzioni autonome. L’Unione Europea, per esempio, ha destinato 6 miliardi di euro al progetto IRIS², un sistema sovrano di connettività multi-orbita pensato per istituzioni pubbliche, attivo dal 2030. Anche Germania, Italia e Taiwan stanno progettando proprie costellazioni.
Ma questi progetti europei sono lenti, complessi e appesantiti dalla burocrazia. Eppure, in un mondo sempre più diviso tra tecnologie occidentali e cinesi, la sovranità digitale ha un prezzo che molti Paesi sono disposti a pagare.
La Cina, da parte sua, considera l’espansione di Starlink una minaccia alla sicurezza nazionale. Dopo il 2020 — anno in cui Starlink ha accelerato le operazioni — Pechino ha incluso l’internet satellitare tra le infrastrutture strategiche. Il ruolo di Starlink nel sostenere le forze ucraine durante l’invasione russa ha rafforzato questa percezione.
SpaceSail sembra essere lo strumento principale della “Via della Seta Digitale”, la versione high-tech della Belt and Road Initiative. In Malesia, per esempio, SpaceSail ha stretto un accordo con l’operatore MeaSat, che include marketing congiunto, ricerca, sviluppo e sperimentazioni sulle frequenze del futuro. Un approccio “a lungo termine” che potrebbe attirare molti Paesi emergenti, in particolare in Africa, dove Starlink è ancora costoso.
Secondo l’FCC, il vero timore non è solo la competizione tecnologica, ma la possibilità che la Cina combini l’iniziativa Belt and Road con una rete satellitare LEO ad alta velocità: uno scenario in grado di ridefinire le sfere di influenza digitali del pianeta.
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