di Antonio Adriano Giancane
In Tanzania, la situazione politica è caratterizzata da tensioni crescenti, con il principale partito di opposizione, Chadema, che denuncia una crescente repressione da parte del governo del presidente Samia Suluhu Hassan. Nonostante la promessa iniziale di un’apertura politica, la presidente Hassan sembra aver adottato misure sempre più restrittive nei confronti dell’opposizione, culminate in arresti di massa e repressioni violente contro manifestazioni pacifiche.
Secondo quanto riportato dal New York Times, lunedì scorso la polizia tanzaniana ha arrestato i principali leader del partito di opposizione Chadema e decine di sostenitori in vista di una manifestazione programmata. Tra i fermati figurano Tundu Lissu, candidato alle presidenziali del 2020, e Freeman Mbowe, presidente del partito. Questo episodio rappresenta la seconda repressione del governo del presidente Samia Suluhu Hassan nel giro di due mesi, suscitando preoccupazioni per il rispetto dei diritti democratici nel Paese.
Secondo un comunicato della polizia, i leader e circa 50 persone sono stati “arrestati e interrogati” per aver violato il divieto di protestare. Il partito Chadema ha rigettato le accuse precisando che i suoi membri stavano organizzando una manifestazione pacifica nella capitale commerciale Dar es Salaam, ma le autorità hanno impedito l’evento con arresti massicci.
Il presidente Hassan, salita al potere nel 2021 dopo la morte del suo predecessore John Magufuli, aveva inizialmente promesso un’apertura politica e un allontanamento dalle pratiche autoritarie del passato. Tuttavia, una serie di recenti episodi violenti, tra cui l’uccisione all’inizio del mese di Ali Mohamed Kibao, un funzionario dell’opposizione, e il presunto rapimento di altri dissidenti, hanno sollevato dubbi sulla tenuta democratica del suo governo.
Le tensioni politiche in Tanzania stanno crescendo man mano che si avvicinano le elezioni locali di novembre e le presidenziali del prossimo anno. “Non sappiamo quale messaggio vogliano inviarci o se stiano cercando di diffondere paura tra la popolazione in vista delle prossime elezioni”, ha affermato John Mrema, portavoce del Chadema.
In un comunicato, la polizia ha giustificato il divieto di protesta affermando che le dichiarazioni di alcuni leader del partito avrebbero potuto minare la pace e creare paura tra i cittadini. L’ufficio del presidente e il partito di governo, Chama Cha Mapinduzi, non hanno risposto alle richieste di commento.
Nonostante le promesse di Hassan per una maggiore apertura politica, gli arresti e le intimidazioni, secondo gli attivisti, indicano un ritorno alle vecchie pratiche di repressione. Sarah Jackson, vicedirettrice regionale di Amnesty International, ha definito gli arresti di massa “un segnale profondamente preoccupante” per il futuro democratico della Tanzania.
Anche la reazione della polizia durante la manifestazione ha sollevato allarme: secondo Maria Sarungi Tsehai, un’attivista locale, le forze dell’ordine hanno mobilitato mezzi intimidatori come cannoni ad acqua, elicotteri e cavalli per scoraggiare la partecipazione della popolazione alle proteste.
Gli arresti di lunedì non hanno provocato feriti, ma restano interrogativi sulle condizioni dei detenuti e sul destino politico della Tanzania in un clima di crescente repressione.
La situazione politica in Tanzania appare quindi sempre più critica, con ripercussioni potenzialmente gravi per il futuro del Paese. La crescente repressione dell’opposizione, culminata negli arresti di massa e nelle misure violente contro i manifestanti, segna un pericoloso arretramento rispetto alle promesse di apertura democratica fatte dal presidente Samia Suluhu Hassan all’inizio del suo mandato. Se queste tendenze autoritarie dovessero continuare, la Tanzania rischia di vedere compromesso il suo percorso democratico, con un aumento delle tensioni sociali e una perdita di fiducia nelle istituzioni.
Le conseguenze connesse alle tensioni interne potrebbero essere devastanti non solo per la stabilità interna, ma anche per le relazioni internazionali del Paese. Il deterioramento dei diritti civili e politici potrebbe attirare la condanna da parte della comunità internazionale e minare la reputazione di Hassan come leader riformista, riducendo gli investimenti esteri e gli aiuti internazionali, essenziali per l’economia della Tanzania. Inoltre, il perpetuarsi di violenze politiche e rapimenti, come segnalato dagli attivisti, potrebbe radicalizzare l’opposizione e aumentare il rischio di disordini civili. Con le imminenti elezioni locali e il voto presidenziale all’orizzonte, il futuro democratico della Tanzania è in bilico. Se il governo non adotterà un approccio più inclusivo e rispettoso dei diritti umani, il Paese potrebbe scivolare verso una crisi politica più profonda, compromettendo decenni di progressi verso la democratizzazione e la stabilità.
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