Palazzi crollati in una nube di polvere, strade divelte, voragini nell’asfalto: il Myanmar è stato devastato da un terremoto di magnitudo 7,7 che ha colpito il Paese alle 14.20 ora locale. La scossa principale, con epicentro a 16 chilometri dalla città di Sagaing, ha avuto effetti distruttivi su larga scala, aggravati da una seconda scossa di magnitudo 6,4 registrata dodici minuti dopo. Il bilancio delle vittime, ancora provvisorio, parla di circa mille morti, ma le autorità temono che il numero possa salire a oltre diecimila.
La città di Mandalay, una delle più grandi del Myanmar, e la vicina Sagaing sono tra le aree più colpite. Le immagini raccontano di palazzi collassati su se stessi, ponti distrutti e infrastrutture gravemente danneggiate. Il lungo ponte che collegava le due sponde del fiume Irrawaddy è stato completamente disintegrato. A Bangkok, distante oltre mille chilometri dall’epicentro, un grattacielo in costruzione è crollato, seppellendo numerosi operai.
Nelle aree più povere del Myanmar, la costruzione tradizionale su palafitte ha in parte limitato i danni, ma le perdite restano ingenti. A Taungoo, un monastero che ospitava profughi e una scuola è crollato, causando la morte di cinque bambini e un novizio, mentre altri venti piccoli risultano tutt’ora dispersi.
Il generale Min Aung Hlaing, leader della giunta militare al potere dal colpo di Stato del 2021, ha chiesto aiuto alla comunità internazionale, un evento raro per un regime che da anni si mantiene isolato. La situazione umanitaria nel Paese era già critica a causa della guerra civile, con oltre venti milioni di persone bisognose di assistenza e tre milioni di sfollati interni. Ora il terremoto ha reso ancora più difficile l’accesso agli aiuti, soprattutto nelle zone controllate dai gruppi ribelli, che detengono circa il 70% del territorio nazionale.
Le operazioni di soccorso procedono a rilento, ostacolate dalla distruzione delle strade e dalla mancanza di attrezzature adeguate per il recupero dei dispersi. La capitale Naypyidaw ha subito gravi danni, con edifici governativi distrutti e numerose vittime ancora sotto le macerie.
Lo stato d’emergenza è stato proclamato in sei regioni. La popolazione, già provata dal conflitto e dalla povertà, ora si trova a dover affrontare una nuova catastrofe senza risorse né vie di fuga. L’intervento internazionale sarà fondamentale per evitare che il bilancio della tragedia diventi ancora più drammatico.
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