Donald Trump ha da tempo messo nel mirino il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell. La novità è che ora l’ex presidente degli Stati Uniti non si limita più alle critiche pubbliche, ma valuta concretamente la possibilità di rimuoverlo dall’incarico. A confermarlo è stato Kevin Hassett, principale consigliere economico della Casa Bianca sotto Trump, che ha annunciato l’intenzione di esaminare nuove analisi giuridiche per capire se il presidente possa davvero farlo. Un’ipotesi che, però, urta contro i limiti imposti dalla legge.
La “colpa” di Powell, agli occhi di Trump, è quella di non tagliare i tassi d’interesse come lui vorrebbe, rallentando così — secondo il tycoon — la crescita economica americana. Trump lo accusa di “fare politica” e di “non fare il suo lavoro”, arrivando a dichiarare che Powell non è adatto al ruolo. Eppure è stato proprio lui a nominarlo nel 2018, salvo poi iniziare ad attaccarlo già l’anno successivo, definendolo “un incapace”.
Il punto centrale è se il presidente degli Stati Uniti possa o meno “licenziare” il presidente della Fed. Il Federal Reserve Act del 1913 prevede la possibilità di rimozione per “giusta causa”, ma questa clausola è sempre stata interpretata in senso restrittivo, riferita a gravi illeciti o irregolarità. Le decisioni di politica monetaria, anche se impopolari o sgradite, non rientrano in questa definizione. Non ci sono precedenti che supportino l’idea di una rimozione per motivi politici o strategici, e molti esperti legali ritengono l’ipotesi difficilmente sostenibile.
Il caso Powell si inserisce in un quadro più ampio di tensione tra politica e banche centrali. Episodi simili si sono verificati anche in Europa: Christine Lagarde, presidente della Banca Centrale Europea, è stata criticata da diversi governi, compreso quello italiano, per la gestione dei tassi d’interesse. Ma nessuno ha mai messo in discussione la sua permanenza in carica.
Anche in Italia non sono mancati conflitti tra ministri dell’Economia e governatori della Banca d’Italia, come nel caso dello scontro tra Giulio Tremonti e Antonio Fazio, o della mozione di sfiducia proposta da Matteo Renzi contro Ignazio Visco. Tuttavia, anche in quei casi, l’esito è dipeso da vicende giudiziarie o scelte istituzionali, non da volontà politiche unilaterali.
Il tentativo di Trump di rimuovere Powell appare quindi come un nuovo fronte dello scontro tra potere esecutivo e indipendenza delle istituzioni economiche. Uno scontro in cui il confine tra politica e tecnica, tra decisione democratica e autonomia funzionale, torna a essere quanto mai attuale.
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