di Antonio Adriano Giancane
Il conflitto in Ucraina potrebbe entrare in una fase decisiva con l’annuncio di un nuovo round di colloqui diretti tra Mosca e Kiev, previsti per giovedì 15 maggio a Istanbul. L’iniziativa, che sulla carta rappresenta un’importante occasione per riaprire un canale di dialogo tra le parti, è stata formalmente proposta dal presidente russo Vladimir Putin e subito accolta da quello ucraino, Volodymyr Zelensky. A far salire l’attenzione sull’incontro è anche la possibile partecipazione del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che si è detto disponibile a volare in Turchia qualora ritenesse la sua presenza utile a sbloccare le trattative.
Il contesto diplomatico che fa da sfondo ai colloqui è segnato da intensi movimenti internazionali. Durante il fine settimana, leader di Germania, Francia, Regno Unito e Polonia si sono recati a Kiev per incontrare Zelensky e formulare un appello congiunto a Mosca: un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni a partire dal 12 maggio, accompagnato dall’avvertimento di nuove e più dure sanzioni in caso di rifiuto.
La reazione di Mosca non si è fatta attendere: il Cremlino ha respinto l’iniziativa, definendo le richieste occidentali un “ultimatum inaccettabile”. Putin, pur rilanciando la proposta dei colloqui di Istanbul, ha chiarito che qualsiasi tregua dovrà essere subordinata a discussioni più ampie sulle “cause profonde” del conflitto. Un’impostazione che, secondo molti osservatori, rischia di trasformare l’incontro in Turchia in un’altra occasione persa.
Donald Trump, attualmente impegnato in un tour diplomatico nel Golfo, ha dichiarato che sta valutando la possibilità di una deviazione verso Istanbul. “Ci sto pensando. Potrei esserci, se le cose lo richiedono”, ha detto. Zelensky ha accolto favorevolmente l’ipotesi, definendola “una buona idea” e invitando l’ex presidente americano a contribuire in modo attivo alla ricerca di una soluzione negoziata.
Il presidente ucraino ha già confermato la sua presenza al tavolo dei negoziati, esortando Putin a presentarsi e ad abbandonare quella che ha definito una “strategia dell’elusione”. “Siamo pronti a parlare per porre fine alla guerra. Speriamo che questa volta Putin non cerchi scuse”, ha dichiarato Zelensky. Il leader ucraino ha inoltre rinnovato l’invito al Papa a visitare Kiev, sottolineando l’importanza del sostegno morale e spirituale del Pontefice in questo momento cruciale.
Mentre la diplomazia si affanna, sul terreno il conflitto prosegue con crescente intensità. Le forze armate russe hanno lanciato nuove offensive lungo la linea del fronte, in particolare nelle regioni orientali e nell’area di Kursk. Fonti militari ucraine parlano della perdita di posizioni strategiche e di un’offensiva coordinata tesa a guadagnare terreno prima dei colloqui.
In risposta, i ministri degli Esteri del G5+ (Francia, Germania, Polonia, Regno Unito, Spagna, Italia e Commissione Europea) si sono riuniti a Londra per valutare l’adozione di un nuovo pacchetto di sanzioni contro la Russia. Tra le misure in discussione, restrizioni sulle esportazioni energetiche e sul sistema bancario russo.
A oggi, Vladimir Putin non ha ancora confermato ufficialmente la sua presenza a Istanbul. Secondo il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, la Russia considera ancora “premature” le condizioni poste dall’Occidente per un dialogo costruttivo. Questa reticenza ha fatto crescere i timori che il presidente russo stia utilizzando la diplomazia come copertura per guadagnare tempo sul fronte militare.
Nel frattempo, secondo quanto riportato dall’agenzia Interfax, Putin ha partecipato a una conferenza sull’economia dove ha lanciato duri attacchi contro l’Occidente, in particolare contro la coalizione dei cosiddetti “Volenterosi”, accusata di voler imporre nuove sanzioni a Mosca. “Coloro che vogliono male alla Russia sono pronti ad adottare sanzioni anche a loro discapito. Sono deficienti”, ha detto Putin, salvo poi correggersi ironicamente: “Oh, chiedo scusa”.
Il comportamento di Putin, che rifiuta il cessate il fuoco e prende tempo sull’incontro con Zelensky, appare sempre più come un segnale chiaro: il Cremlino non è ancora pronto a sedersi a un tavolo di pace con reali intenzioni negoziali. Dietro l’ambiguità diplomatica, si delinea il sospetto che Mosca voglia prolungare il conflitto per consolidare i guadagni territoriali ottenuti e prepararne di nuovi. In questo scenario, i colloqui di Istanbul rischiano di trasformarsi in una vetrina diplomatica vuota, mentre sul campo si consuma una delle crisi più gravi della storia europea recente. La comunità internazionale resta in allerta, ma il tempo stringe e l’Ucraina continua a pagare il prezzo più alto.
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