Verso una deterrenza europea nell’era ipersonica: “chi colpisce per primo, vince”

di Pasquale Preziosa

Il conflitto in Ucraina ha restituito con forza all’Europa la consapevolezza della vulnerabilità dei suoi confini orientali e della necessità di costruire una propria attitudine strategica credibile. Tuttavia, ciò che si va delineando nel sistema internazionale va ben oltre il confronto convenzionale: l’evoluzione della minaccia ipersonica, la competizione tecnologica e la geografia dei nuovi conflitti richiedono all’Europa un salto di qualità nella propria architettura di deterrenza.

L’esperienza statunitense nel teatro indo-pacifico e in quello medio-orientale dove l’integrazione tra velivoli F-35 e droni ad alta quota MQ-4C Triton sta dimostrando una capacità concreta di rispondere alla minaccia ipersonica, offre una lezione chiara: la superiorità tecnologica e l’integrazione sensoriale avanzata sono oggi le vere chiavi della dissuasione strategica.

L’Europa, però, non dispone ancora né di una piattaforma ISR strategica paragonabile al Triton né di un sistema d’arma ipersonico operativo. Questo gap impone una riflessione urgente e ambiziosa sulla deterrenza futura del continente. Nel Pacifico, l’MQ-4C Triton svolge una funzione essenziale di sorveglianza persistente su ampie porzioni di oceano e spazio aereo. Con i suoi sensori radar AESA a banda X, le capacità ELINT/SIGINT e la quota operativa di oltre 45.000 piedi, il Triton è in grado di rilevare lanci missilistici, monitorare corridoi strategici e fornire dati in tempo reale all’intera catena di comando.

In Europa, invece, non esiste un sistema paragonabile: i programmi europei di droni MALE (come l’EuroMALE) sono ancora in fase di sviluppo e non offrono la stessa autonomia, persistenza o capacità sensoriale. La mancanza di una tale piattaforma rappresenta un punto cieco critico, soprattutto per il monitoraggio dei vettori ipersonici russi che potrebbero essere lanciati da lunghe distanze e con traiettorie imprevedibili.

A oggi, l’Europa non dispone di alcuna capacità offensiva o difensiva ipersonica. Mentre la Russia ha già dispiegato sistemi operativi come il Kinzhal e l’Avangard e Stati Uniti e Cina sviluppano e testano missili da crociera ipersonici, veicoli plananti e sistemi di intercettazione glide-phase, l’Europa rimane scoperta e dipendente. Questa dipendenza non è solo tecnologica: è strategica.

In uno scenario di conflitto ad alta intensità, l’incapacità di colpire o di difendersi in tempi compatibili con la velocità ipersonica espone il continente a un rischio di destabilizzazione asimmetrica. Il GCAP e i futuri sistemi aerei europei sono una promessa ancora lontana. Il Global Combat Air Programme (GCAP), frutto della cooperazione tra Regno Unito, Italia e Giappone, così come il programma FCAS (Future Combat Air System) tra Francia, Germania e Spagna, promettono di rivoluzionare il potere aereo europeo entro la metà del secolo. Sistemi di fusione sensoriale, combattimento collaborativo e compatibilità con armamenti ipersonici saranno al centro di queste piattaforme. Tuttavia, l’orizzonte operativo resta fissato oltre il 2035.

Nel frattempo, l’Europa deve affrontare minacce reali e attuali, senza strumenti adeguati a contenerle. Il rischio è che, nel vuoto di capacità, si determini una vulnerabilità strategica strutturale. L’esperienza indo-pacifica dimostra che la deterrenza nell’era ipersonica richiede tre pilastri fondamentali: sensoristica avanzata, capacità di risposta autonoma e infrastrutture di comando e controllo integrate.

L’Europa ha bisogno di costruire questi pilastri su basi concrete e coordinate, evitando la dispersione industriale e la frammentazione politica. La priorità dovrebbe essere lo sviluppo di un sistema europeo paragonabile al Triton: un UAV con lunga autonomia, sensori radar AESA ad alta frequenza, capacità SIGINT e comunicazioni satellitari. Una tale piattaforma, basata magari su cooperazioni preesistenti (es. Airbus, Leonardo, Dassault), permetterebbe all’UE e alla NATO di monitorare in modo continuativo aree critiche come il Baltico, il Mar Nero e l’Artico, garantendo un primo livello di deterrenza e allerta precoce.

In parallelo, l’Europa deve lanciare un programma congiunto per lo sviluppo di armi ipersoniche offensive sia in versione a lancio aereo (da piattaforme F-35 o Eurofighter modificati) sia come missili da crociera autonomi. La cooperazione con Regno Unito e Giappone, già attivi in questo campo attraverso il GCAP, potrebbe accelerare la maturazione industriale e tecnologica del continente.

Nel campo difensivo, servono investimenti urgenti in almeno tre campi: sensori spaziali (es. programmi simili all’HBTSS statunitense), intercettori glide-phase, reti C4ISR integrate che riducano i tempi di decisione e ingaggio a livelli compatibili con la minaccia. L’Europa dispone già di decine di F-35A operativi in vari Paesi (Italia, Norvegia, Paesi Bassi, Danimarca, Finlandia, Polonia, Germania). Queste piattaforme, se adeguatamente interconnesse, potrebbero fungere da nodo avanzato per la raccolta dati, il targeting e la risposta rapida, in attesa dell’entrata in servizio del GCAP o di altri sistemi.

La rete MADL, combinata con data fusion multi-dominio, dovrebbe diventare lo standard operativo europeo. Il tempo strategico non è infinito e sembra prossimo ad esaurirsi. Il confronto in corso tra Stati Uniti e Cina sull’egemonia nel Pacifico è anche un monito per l’Europa. La velocità è tornata ad essere “la nuova moneta del potere”: chi colpisce per primo, vince. Ma colpire per primi, o anche solo sopravvivere al primo colpo, richiede capacità autonome, integrate, reattive e tecnologicamente avanzate. La finestra per colmare il divario ipersonico si sta chiudendo. Se l’Europa vuole restare rilevante nella definizione dell’ordine globale, deve dotarsi di una deterrenza credibile anche in ambito ipersonico, basata su sistemi a lungo raggio, piattaforme ad alta quota, armi ad alta velocità e un’infrastruttura operativa integrata. Le minacce si muovono oggi a Mach 10 e le risposte politiche europee utilizzano i parametri temporali e le dinamiche del secolo scorso.

Pasquale Preziosa: già Capo di Stato Maggiore AM, oggi esperto del Comitato Scientifico dell’Eurispes e professore universitario di geostrategia.

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