Vụ bê bối mặt nạ: "Sau cơn bão, xin vui lòng, Chính phủ ở nhà"

(bởi John Blackeye) “Passato il temporale, per favore, Governo a casa”. Sono oramai passati quasi due mesi da quando l’Italia è entrata nel pieno dell’emergenza. L’epidemia passerà come sono passate tutte le epidemie della storia ma ad oggi stiamo contando duecento morti al giorno e speriamo che il numero tenda a diminuire e non ad aumentare. Purtroppo la sự nông cạn con la quale è stata affrontata dal Chính phủ l’emergenza non potrà che rimanere tra i capitoli principali con i quali si stanno scrivendo le pagine della drammatica storia d’Italia in questi giorni. Pagine buieLe mascherine per tutti sarebbero state la salvezza nazionale. Non ci vuole una laurea in medicina per affermarlo. Se tutti avessimo indossato le mascherine già dai primi giorni, il contagio sarebbe stato frenato se non addirittura azzerato. È logica. Chi era contagiato, ammalato o non sapeva di essere positivo al virus, con la mascherina, non avrebbe diffuso il virus che si trasmette con la saliva e cioè con gli starnuti, la tosse e il contatto fisico. Chi è sano o era sano, usando la mascherina si sarebbe difeso dal contagio. Semplicissimo. L’Italia si è scoperta priva di mascherine e si è drammaticamente scoperta priva di una reale capacità produttiva che abbiamo passato alla Cina, alla Romania e all’India – per speculare economicamente sui costi di produzione e consentire agli imprenditori di guadagnare di più a scapito dell’occupazione nazionale.

Allo stesso tempo, in questi giorni, abbiamo scoperto che ci siamo privati di tecnologia, macchinari ed expertise che ci avrebbero potuto consentire di produrre le mascherine in Italia. Risultato. Molti imprenditori si saranno pure arricchiti delocalizzando la produzione industriale ma oltre alla disoccupazione ora paghiamo anche queste drammatiche conseguenze. Per tali ragioni, in piena emergenza, politici e medici si sono affrettati a presentarsi in televisione per sconsigliare l’uso delle mascherine, evidenziando che le stesse servivano solo ai contagiati, ai medici ed infermieri. Bene, anzi male.

Assodato che la verità corrisponde al contrario di quello che hanno detto e che vanno ripetendo i politici italiani, ad un certo punto ci si è ritrovati nell’emergenza dentro l’emergenza. Le mascherine servono davvero. Come fare? Sentendo il Capo della Protezione Civile, l’iniziativa perseguita è stata quella di chiederne l’approvvigionamento all’estero ma è chiaro che nazioni come Romania, India, Cina, Germania e Francia, a fronte di una pandemia mondiale, pensano alla propria gente e bloccano le esportazioni. Questo è il concetto espresso dal Capo della Protezione Civile nella sua ultima conferenza stampa di ieri sera. Sembra di vedere la compagine di Governo in uno stato confusionale. Anzi pare che il Governo segua solo le indicazioni degli Economisti, cercando di racimolare miliardi dall’Europa, delegando del tutto la gestione dell’emergenza ad un Dipartimento della Protezione Civile che non ha la struttura e la forza per affrontare problemi così grandi.

Ma ci si chiede: l’Italia che è tra i sette Paesi più industrializzati del Mondo, ha davvero difficoltà a nazionalizzare per un paio di mesi l’unica fabbrica che produce mascherine sul nostro territorio e sfornare milioni di dispositivi sanitari da mandare gratuitamente a tutti i prefetti e sindaci della nostra nazione?

Ma ci dobbiamo pensare noi cittadini a queste soluzioni? Ma i funzionari di stato strapagati cosa stanno facendo in questi giorni? Dove sono i Consiglieri?

A distanza di due mesi dall’inizio dell’emergenza stiamo ancora seguendo la maledetta strada burocratica degli appalti e degli acquisti all’estero per approvvigionare mascherine che nessuno ci approvvigionerà. Ma ci vuole tanto a convertire fabbriche e ditte private in strutture adeguate a produrre milioni di mascherine? L’epidemia passerà. Se gli italiani riescono a restare chiusi in casa, si raggiungerà un picco e poi la parabola del contagio scenderà fino a scomparire. È la storia. Ma che prezzo avrà pagato l’Italia? Chi è al Governo ha il dovere di prendere decisioni anche drastiche – senza avere paura dei contraccolpi politici che metterebbero a rischio le poltrone e senza avere paura di quel maledetto contenzioso giurisdizionale che nella nostra nazione pende come una spada di Damocle su chiunque voglia prendere un’iniziativa.

Se si riesce a denunciare un Ministro del Governo per aver fermato una nave straniera piena di clandestini, è chiaro che si ha paura di fare ogni passo in ogni direzione. Anche in questi giorni continuiamo a sentir parlare di miliardi di euro in arrivo ma al momento serve fermare l’epidemia e questo lo si può fare con i decreti ma anche con iniziative concrete: avviare la produzione interna delle mascherine. Non servono i soldi per fermare il contagio, i soldi serviranno per ripartire.

Scandalo mascherine in Lombardia

Duecentomila mascherine mandate in Lombardia bởi Protezione civile nazionale e già distribuite negli ospedali sono state ritirate perché non omologate e giudicate non idonee a proteggere gli operatori sanitari che combattono sul fronte del Vi rút coronavirus, nelle corsìe di ospedali che ricoverano più di cinquemila malati di Covidien-19, 650 in terapia intensiva e 4.435 in reparto.

Secondo quanto Qn apprende da una fonte sanitaria qualificata, lo stock da 200mila mascherine, già distribuito negli ospedali lombardi, sarebbe stato oggetto di discussione, durante la videoconferenza dei direttori delle aziende socio-sanitarie e degli Irccs lombardi per fare il punto sull’emergenza Covid-19. Alcuni direttori hanno sollevato la questione, altri hanno fatto notare che i dispositivi erano privi del marchio CE e qualcuno ha sottoposto il materiale al proprio responsabile del servizio Prevenzione e protezione aziendale, che ha escluso di poterlo utilizzare per proteggere gli operatori sanitari dal Coronavirus. È vero che, nel Dpcm del 3 marzo scorso, il Governo aveva recepito le indicazioni dell’Oms e sdoganato per gli operatori sanitari le mascherine chirurgiche a 4 veli e persino quelle «prive del marchio CE previa valutazione dell’Istituto superiore di sanita».

Ma il materiale che si sono trovati in mano i lombardi quando hanno aperto le confezioni della Protezione civile non aveva tanto l’aspetto di una mascherina quanto di un notissimo panno per fare la polvere, con due buchi ai lati nei quali infilare le orecchie «facendo ben aderire» la protezione «a naso e bocca», si legge sulla confezione. E la promessa in stampato sulla busta da 50 pezzi («Filtra i batteri») non è stata giudicata sufficiente dalle autorità sanitarie, che hanno quindi deciso di ritirare un lotto da 200 mila mascherine nonostante la penuria di dispositivi di protezione individuale negli ospedali lombardi: «Alcuni hanno finito le Ffp3 due giorni fa, altri avevano presidi sufficienti solo fino a ieri sera», chiarisce la nostra fonte.

In Lombardia, spiegava giorni fa l’assessore regionale al Bilancio, «servono adesso 150mila mascherine al giorno per proteggere tutto il personale degli ospedali e i medici di medicina generale sul territorio: quante ne consumavano le strutture sanitarie in un anno prima dell’emergenza». Le forniture statali sono già state oggetto di polemica («Sinora abbiamo ricevute più mascherine in donazione che dalla Protezione civile», sottolineava martedì lo stesso assessore Davide Caparini).

 

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