CGIA Mestre e As.tro presentano i risultati dello “Studio sul settore dei giochi

In Italia 2022 – Focus su apparecchi con vincita in denaro e online”

Nell’anno del ritorno alla piena operatività dopo il biennio pandemico, il comparto degli apparecchi registra ancora una perdita di posti di lavoro (2.328 unità) e un taglio di 1.314 aziende.

La crescita del gioco online innescata dall’emergenza sanitaria e dal lockdown premia l’erario: per il 2022 stimato un gettito record di 909 milioni

Un settore in lenta ripresa dopo la crisi pandemica, ma ancora alle prese con il calo dei posti di lavoro, più di 3 mila persi tra il 2021 e il 2022. È il quadro che emerge dal “Percorso di Studio sul settore dei giochi in Italia” condotto dalla CGIA Mestre, presentato oggi a Roma in collaborazione con l’associazione As.tro. L’indagine, focalizzata in particolare sugli apparecchi da gioco (le cosiddette AWP e le videolottery), parte dalla stima del numero di addetti del comparto, realizzata sulla base di informazioni fornite dagli archivi camerali e dalla banca dati del Ries, il registro degli operatori di gioco dell’Agenzia Dogane e Monopoli, al quale i soggetti che operano nel settore degli apparecchi sono tenuti a registrarsi. Lo studio evidenza una contrazione di 2.328 unità tra gli addetti al settore a fine 2022 (da 47.336 a 45.008), il 5% in meno rispetto al 2021, con 1.314 aziende che fuoriescono dalla filiera del gioco lecito tramite AWP/VLT nel giro di un anno (da 54.429 a 53.115). Un dato che risente ancora del biennio 2020-2021, definito “drammatico” dalla CGIA. Il settore dei giochi, infatti, «è stato quello che ha subito il più lungo periodo di sospensione dell’attività a causa dell’emergenza sanitaria».

LE CAUSE DELLA CRISI – Il 2022 è stato l’anno di ritorno alla piena operatività; nonostante questo, gli operatori del settore hanno dovuto fare i conti con le conseguenze della pandemia e con le novità normative entrate in vigore nel biennio precedente: tra queste, l’introduzione della tessera sanitaria per l’uso delle vlt, la riduzione del payout, l’aumento della tassa sulle vincite. A partire dal 2021, inoltre, è scattato l’ultimo aumento delle aliquote del PREU. Dal report emerge quindi che rispetto al 2019 sono stati registrati quasi 6.000 esercizi in meno nei quali si possono trovare le AWP, che a loro volta sono calate di circa 13 mila unità. Anche le sale da gioco specializzate in cui si trovano le VLT dal 2019 sono in discesa: nel 2022 ve ne sono 466 in meno (-9,5%), e si registra un calo di oltre 3.200 VLT (-5,6%). Dal 2019 al 2022 la raccolta è calata di quasi il 28% (-12,9 miliardi) passando da 46,5 a 33,6 miliardi di euro, mentre le vincite hanno subìto un taglio del 31% (-11,1 miliardi di euro) coerentemente alla riduzione del payout.

IL CONTRIBUTO FISCALE – Dal punto di vista fiscale, il comparto degli apparecchi continua comunque a fornire un importante contributo per l’erario, sebbene in flessione rispetto al periodo pre-Covid. Nel 2022 gettito del PREU (derivante dalle AWP e dalle VLT) è stato di 5,6 miliardi di euro (pari al 50% del gettito dell’intero settore del gioco lecito). A questi vanno aggiunte le altre imposte, contributi, tributi dovuti dalla filiera AWP/VLT: si tratta di ulteriori 800 milioni di euro, per un contributo fiscale complessivo di 6,4 miliardi di euro: un gettito superiore a quello delle tasse per l’auto pagate dalle famiglie (5,4 miliardi), dell’addizionale comunale Irpef (5,1 miliardi) e della cedolare secca sugli affitti (3,4 miliardi).

Rispetto al 2019, tuttavia, si registra una flessione: il PREU si è contratto del 17% (nonostante l’incremento dell’aliquota risente principalmente della riduzione della raccolta), mentre l’ammontare delle altre imposte si è ridotto del 15,3% a causa contrazione dei margini del comparto.

PIU’ DI 4MILA LAVORATORI PER IL GIOCO ONLINE – Riguardo il gioco online, i concessionari autorizzati a operare nel settore sono 83 di cui 53 italiani e 30 esteri. Per il segmento lavorano circa 4.395 addetti. I risultati economici di queste imprese derivano da diverse attività connesse con il gioco lecito sia fisico che a distanza; l’esercizio e la raccolta del gioco online è quindi solo una delle attività svolte da queste imprese. La stima è che i soli proventi online dei 53 concessionari italiani rappresentino un ammontare di risorse in grado di sostenere almeno 1.600-1700 lavoratori.  Nel corso degli anni, sottolinea il report, è cresciuto in maniera rilevante il gettito per l’erario. Dal 2015 al 2020 il dato è triplicato (da 212 milioni a 634 milioni di euro), mentre nel 2021 è passato a 887 milioni di euro. Nel 2022, inoltre, si stima che il totale abbia raggiunto un ammontare di almeno 909 milioni di euro. A crescere è anche il tasso di incidenza della spesa online sulla spesa totale del gioco lecito. Tale peso è passato dal 9,5% del 2019 al 20,6% del 2020 e al 24% del 2021 (dagli 1,8 miliardi del 2019 ai 3,7 miliardi del 2021). Dietro questi aumenti «vi è sia la crescita del gioco online, ma anche la contrazione che il gioco fisico ha dovuto sopportare a causa dei lunghi periodi di sospensione dell’attività». Non stupisce quindi che nel 2022 – primo anno di ritorno alla normalità – si sia registrata una riduzione rispetto al biennio pandemico. L’incidenza del gioco a distanza si è quindi assestata al 19,2% nel 2022, più del doppio del livello pre-pandemia.

CONTRASTO ALL’ILLEGALITÀ E NORME LOCALI – Lo studio si sofferma infine anche sulla differenza tra gioco legale – che risponde a regole precise, assicura determinate percentuali di vincite ed è una risorsa preziosa per l’erario – e quello illegale, che sfugge a qualsiasi forma di tassazione e non ha regole che tutelino i giocatori. Sulla quantificazione di quest’ultimo non vi sono dati puntuali; nel 2022, tuttavia, l’Agenzia Dogane e Monopoli ha dichiarato che sulla base delle ultime stime il gioco illegale vale «tra gli 10 e i 15 miliardi di euro». Altro nodo per il settore rimane legato alle leggi regionali e delibere degli enti locali che negli ultimi anni hanno puntato a contenere il comparto del gioco lecito con disposizioni come il “distanziometro” e i limiti orari. Le diverse norme locali hanno disciplinato la materia con un diverso grado di severità, in alcuni casi con una forte riduzione delle attività sul territorio.

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