Coronavirus: “Il Festival della menzogna, una gara a chi ha mentito di più”

(di John Blackeye) Il Festival della menzogna è cominciato all’inizio dell’anno e, tranne l’Italia e la Spagna, gli iscritti alla competizione di chi la spara più grossa, sono proprio in tanti.

Approfittando della confusione generale, della paura e dell’emergenza, il colosso cinese si è trincerato dietro la sua grande muraglia e si affaccia di tanto in tanto per dire che tutto va bene. Non ci sarebbe da meravigliarsi se nel giro di un paio di mesi il presidente cinese si presentasse da quest’altra parte del mondo chiedendo, quasi stupito, che cosa sia successo nel frattempo.

Colpita nel cuore della sua economia che all’inizio dell’epidemia ha visto fermare il commercio “cinese” in tutte le città del mondo, la Cina è corsa subito ai ripari trasformando una emergenza sanitaria in emergenza economica. Probabilmente in quella immensa terra del dragone, la vita umana deve valere zero e allora hanno minimizzato il fenomeno e hanno probabilmente taroccato i dati, visto che i numeri dell’epidemia che ci vengono formalmente forniti sembrano irrealistici e suonano pure come una beffa.

L’Italia, invece, ha fatto registrare ad oggi 115000 contagi e quasi quattordicimila morti. Come è possibile che un’area geografica come quella cinese che conta più di un miliardo di popolazione e che già all’inizio dell’anno poteva registrare contagiati nelle più grandi città del paese, abbia potuto fermare il contagio, arrestando il picco degli infetti a poco più di ottantamila soggetti e registrando la modica cifra, si fa per dire ovviamente, di poco più di tremila morti in un paese sconfinato come quello? Eppure il virus non fa distinzione di razze e di latitudini ma colpisce tutti allo stesso modo.

Ma dall’altra parte dei confini cinesi chi può mai dire cosa sia successo? Chi ne ha contezza? Chi mai può controllare? E così l’epidemia da coronavirus, in Cina, è terminata per ordine di stato. E chi si è visto si è visto.

Facciamoci star bene questi numeri perché altri non ce ne saranno. Anzi, la ciliegina sulla torta delle notizie farlocche ci viene propinata dai cinesi che vogliono farci credere che gli ultimi contagi che hanno registrato, sono quelli portati da persone che vengono da fuori. E qui Totò avrebbe esordito con un calorosissimo: “Ma mi faccia il piacere”.

Intanto hanno messo in salvo l’economia di stato, girando i riflettori dell’informazione su tutte le atre parti del mondo che stanno fronteggiando il virus in questi giorni. Magari di morti ne avranno migliaia al giorno pure in Cina, come l’Italia, ma oramai fanno credere di essere così fuori dal problema che si permettono il lusso di mandare in giro per il mondo equipe di esperti sanitari e aiuti umanitari. E noi ad aspettarli a braccia aperte negli aeroporti come se avessero portato la salvezza, con tutti i telegiornali ad immortalare l’atterraggio degli aerei carichi di nulla, quando il male, non dimentichiamolo, lo hanno portato al mondo proprio loro.

La Germania non è da meno. Il popolo teutonico si è fatto trovare preparato all’appuntamento con la pandemia. Almeno così pare. Anche i tedeschi non ci hanno svelato il loro elisir di lunga vita si, perché di quello si tratta, se a fronte degli ottantunmila contagiati, qualche centinaio in meno della Cina, ad oggi, hanno registrato soltanto novecentonovantasette morti. E secondo queste statistiche, in Germania, il tasso di mortalità sarebbe sceso abbondantemente sotto quello cinese. Anche qui l’economia è salva ma la verità è calpestata.

La Francia, invece, che si trova geograficamente stretta tra Italia e Spagna – che contano più di centodiecimila contagiati a testa –  per miracolo, si ritrova un numero di infetti nella popolazione pari alla metà di quello italiano e spagnolo, con un numero di morti pari a quattromila. Sarà l’effetto di Lourdes e de la Salette ma anche qui pare che i conti non tornino.

Il Regno Unito invece si è salvato grazie al Canale della Manica che lo distacca dal resto d’Europa, anche fisicamente, è comunica cifre pari a trentamila contagiati e tremila morti. Vorrei vedere i loro ospedali i loro obitori, probabilmente si accorgerebbero di qualche errore di arrotondamento.

Gli Stati Uniti invece, dall’altra parte dell’Oceano, affermano di avere più di duecentomila contagiati – loro fanno sempre le cose in grande – solo che il tasso di mortalità del virus deve aver perso vigore volando da una parte all’altra dell’oceano, perché i deceduti, per fortuna loro, sono poco più di cinquemila, facendo registrare anche qui un tasso di mortalità bassissimo in linea con le menzogne di cui abbiamo già parlato.

Non si sa se ci sia una morale in tutto ciò. Ma noi siamo italiani e come direbbe qualcuno, anche nelle tragedie come queste, siamo pane al pane e vino al vino. Ci manca quella cattiveria istituzionale che però non avrebbe trovato spazio in una società basata sull’informazione e sulle libertà costituzionali.

Noi conosciamo quello che vediamo e siamo consapevoli di quello che viviamo. Sappiamo con certezza che i dati italiani e probabilmente quelli spagnoli sono sottostimati. Molti deceduti non sono ancora stati conteggiati fra quelli attribuibili al coronavirus e i numeri, a fine pandemia, saranno sicuramente molto più alti di quelli che ogni giorno andiamo a cercare sui siti specializzati per assistere al macabro aggiornamento.

Ma il tasso di mortalità di un virus non lo può stabilire l’economia. Il tasso di mortalità lo stabilisce la malattia e questa miete vittime ovunque allo stesso modo.

Una riflessione però si impone, anche se non vogliamo trovare la morale in queste valutazioni, e cioè, se questi sono i nostri Partners internazionali c’è davvero da stare attenti.

Aspettiamo che passi la tempesta ma poi, tornato il sereno, cerchiamo di ritrovare quella unità nazionale che riusciamo a manifestare solo in queste occasioni o durante i campionati mondiali di calcio. Mettiamo da parte anacronistiche ed inutili divisioni politiche frutto di un infausto periodo bellico che vede spaccata l’Italia tra quelli di destra e quelli di sinistra. Alziamoci in piedi come abbiamo sempre fatto ed iniziamo a camminare da soli sulle gambe dell’industria nazionale ma senza strizzare l’occhio a chi, della menzogna, ha fatto le proprie fortune.

Noi siamo fuori dal festival e ne andiamo fieri.

Coronavirus: “Il Festival della menzogna, una gara a chi ha mentito di più”

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