Dolore muscolo-scheletrico: una pandemia silenziosa a livello globale e una costante nella quotidianità degli italiani

(di Nicola Simonetti) Molteplici le tipologie di dolore muscolo-scheletrico, tra cui mal di schiena e dolore cervicale, ma anche muscolari generici e a livello di tendini e articolazioni. “Un non star bene con se stessi, un convivere con il dolore fastidioso, continuo o intervallato. Disturbi spesso dovuti alla sedentarietà, al sovrappeso, ma anche – dice Claudio Cricelli, presidente della Società Italiana di Medicina Generale – a stress e stili di vita scorretti”. Vite frenate dal dolore che limita il potenziale di chi ne soffre, riduce l’ottimismo (36%), la fiducia (33%) e scoraggia nella realizzazione di sogni e ambizioni (39%). “L’apparato muscolo-scheletrico – dice il dr Gianluigi Di Giulio, radiologo ospedale di Monopoli Bari) – è l’ insieme delle strutture ossee, articolari e muscolari che svolgono funzioni di sostegno e di difesa dell’organismo, ne consentono i movimenti e rappresentano circa l’80% del peso totale del corpo umano.
L’apparato muscolo-scheletrico può essere colpito da molteplici patologie, congenite o acquisite, queste ultime distinte in neoplastiche e non neoplastiche; tutte necessitano di un corretto iter diagnostico per l’adeguato approccio terapeutico.
Per le patologie malformative congenite, che più frequentemente colpiscono la componente ossea, spesso l’esame radiologico è sufficiente a completare l’iter diagnostico. La TC, per la possibilità di realizzare ricostruzioni multiplanari e 3D, può trovare indicazione in un plannig correttivo pre-operatorio.
Le patologie neoplastiche possono originare dai muscoli, dall’osso e dagli altri tessuti, cartilagineo, fibroso, tendineo, tuttavia la comparsa di una tumefazione, in assenza di traumatismo, e l’assenza di dolore, portano a sottovalutare il quadro clinico e la diagnosi spesso risulta tardiva. Un corretto approccio clinico ed il suggerimento di una indagine diagnostica di primo livello (ecografia adatta a valutare le strutture muscolari ed i tessuti molli, radiografia adeguata nello studio delle strutture ossee) spesso necessitano di approfondimento con RM, metodica che per le sue peculiarità è in grado di caratterizzare meglio la neoplasia e di assicurare un miglior dettaglio anatomico in un bilancio pre-operatorio. La TC ha indicazione soltanto nel follow-up.
Fortunatamente – assicura Di Giulio – però sono le patologie non neoplastiche quelle che maggiormente affliggono la popolazione e si distinguono in traumatiche e non traumatiche.
La traumatologia della strada così come l’infortunistica sportiva, dell’agonista e del dilettante, ha avuto in questi ultimi anni un deciso incremento: in questo caso, nel sospetto di lesioni ossee si deve eseguire una radiografia, eventualmente integrata, nei casi dubbi, dalla TC. L’ecografia , invece, trova indicazione nel dimostrate raccolte/ematomi, lesione muscolare o tendinea. In taluni casi, allorquando sia richiesta una migliore valutazione delle strutture capsulo-ligamentose, non valutabili ecograficamente poiché più profonde o non accessibili (intra-articolari), si esegue RM, in grado, peraltro di dimostrare aree di contusione ossea (fratture intraspongiose), lesioni minori legate al trauma non evidenti radiologicamente ma con rilevanza medico-legale-assicurativa.
La patologia degenerativa che interessa con maggiore frequenza l’apparato muscolo-scheletrico, in una popolazione con età media sempre più elevata, è l’artrosi, che colpisce la colonna ed alcune articolazioni (spalla, anca, ginocchio, mano). Gli stessi distretti sono anche interessati da patologie di natura reumatologica, prima erroneamente inquadrate nel quadro artrosico, oggi meglio distinte per la differente clinica, esami di laboratorio con ricerca di anticorpi specifici, e particolari lesioni ossee rilevabili radiologicamente. Queste patologie, che si differenziano per la terapia, sono però accomunate dall’elevato impatto sociale anche in termini di costi, da qui la necessità di metterle correttamente a fuoco.
Il dolore e l’impotenza funzionale sono le motivazioni che inducono il paziente a far ricorso al medico di medicina generale che, avvalendosi del supporto specialistico, consiglia in prima istanza un esame radiografico. Spesso, purtroppo, l’iter diagnostico non si conclude, quando ad un quadro clinico positivo corrisponde un esame radiografico negativo. In questi casi è opportuno consigliare una Risonanza Magnetica, in grado di evidenziare fasi iniziali di malattia. In ogni caso – conclude il dr Di Giulio – una diagnosi precoce, prima che si siano verificati fenomeni distruttivi (erosioni), promette maggiori probabilità di migliori risultati terapeutici.
Oltre 9 su 10 gli italiani hanno sofferto di dolore muscolo-scheletrico almeno una volta nella vita ed il 93% ha avuto episodi nell’ultimo anno. L’82% degli italiani non intervengono al manifestarsi del dolore, ma aspettano prima di affrontarlo; un atteggiamento rischioso, poiché il dolore è un campanello d’allarme del nostro organismo ed è importante non trascurarlo, individuarne le cause sottostanti e intervenire tempestivamente sin dalla comparsa dei primi sintomi. Questo permette di evitare un aggravarsi del dolore, con le relative conseguenze sulla qualità di vita, e un ricorso a soluzioni più invasive.
Il quadro preoccupante deriva da un’indagine globale sul dolore e su quello muscolo-scheletrico in particolare, che, per la sua terza edizione, ha coinvolto oltre 24.000 persone in 24 Paesi, mettendo in luce importanti fattori culturali, ma anche psicologici e relazionali, che contribuiscono a rendere il dolore muscolo-scheletrico una barriera per il benessere delle persone e delle società.
I più colpiti sono i lavoratori d’ufficio. A soffrire di più a causa del dolore muscolo-scheletrico sono infatti coloro che lavorano alla scrivania (31% vs 26% dei lavoratori manuali), residenti nelle aree urbane (66% vs 22% dei residenti nelle aree rurali) e con un reddito elevato (43% vs 35% di chi ha un basso reddito). Se genitori, il problema aumenta (58% vs. 42% senza figli).
L’89% degli italiani intervistati dichiara di essere meno motivato sul lavoro a causa del dolore muscolo-scheletrico e l’86% riconosce che questo influisce negativamente sulla propria produttività. Inoltre, quasi la metà degli intervistati (47%) afferma che il proprio dolore influenza anche le persone con i quyali convivono o lavorano. A livello globale, 4 intervistati su 5 (75%) dichiarano di sentirsi persone migliori nei giorni in cui non hanno dolore, l’82% riconosce che il dolore influisce nel loro modo di relazionarsi con gli altri e il 74% dichiara che il dolore incide sulle proprie azioni.
“I dati 2018 – osserva Konstantinos Vossos (GSK consumer) – confermano l’impatto negativo del dolore muscolo-scheletrico sugli individui e sulle società e mettono in luce aspetti che meritano di essere analizzati e affrontati, come gli effetti del dolore sul benessere psico-fisico, sull’autostima e l’immagine di sé, ma anche sulla sfera familiare, affettiva e sociale”.
Oltre la metà degli italiani intervistati (56%) vorrebbe che fosse fatto di più contro il dolore muscolo-scheletrico e in particolare le aspettative sono rivolte agli esperti, come medico e farmacista ai quali essi abitualmente si rivolgono (rispettivamente 85% e 35%) ma dai quali molti “non si sentono pienamente capiti e vorrebbero maggiore comprensione e attenzione”. Medico e paziente devono essere alleati nell’instaurare un dialogo il più possibile chiaro e approfondito sull’episodio di dolore, per individuare insieme il percorso diagnostico e terapeutico più idoneo”. Ma, in Italia, il tempo medio di una visita medica non supera i fatidici 9 minuti: lo rivelano i dati della Società Italiana di Medicina Interna. Meno della metà della Svezia, che vanta 22 minuti, con la magra consolazione di fare meglio del Bangladesh dove i camici bianchi dedicano agli assistiti appena 48 secondi, come accertato da uno studio pubblicato sul British Medical Journal. Di fatto, i medici di base italiani sono costretti alle visite lampo in quanto pochi e oberati di lavoro. Nell’arco di appena 10 anni (dal 2005 al 2015), il carico di lavoro dei medici di famiglia è più che raddoppiato: tra appuntamenti, telefonate e visite a domicilio, i contatti da parte dei pazienti sono passati da 4,6 a 9,7 nell’arco dei 12 mesi. Questo rende più difficile il rapporto e, soprattutto, il necessario colloquio tra professionista e paziente.
Un aiuto (che non sostituisce il medico) può essere dato dal sito web www.vialiberaalmovimento.it. a informazioni, infografiche e una guida pratica per imparare a individuare e descrivere il proprio dolore, favorendo in questo il colloquio con il medico.

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