Uccisione Jamal Khashoggi. Azienda italiana di spionaggio al servizio dei sauditi

Il Fatto Quotidiano ha pubblicato un articolo che spiega come la storia di Jamal Khashoggi è, in qualche modo, legata alla società italiana “Hacking Team”. La società italiana ha inventato un software che riesce a spiare attraverso computer, tablet e smartphone.

Il Washington Post il 12 ottobre scorso ha scritto che “nei mesi precedenti alla sua scomparsa, Jamal Khashoggi disse ai suoi amici che aveva ricevuto alcune chiamate da parte di un importante funzionario – tale Al Qahtani – che lo invitava ad abbandonare l’esilio e tornare in Arabia Saudita, con la promessa di essere riabilitato dal governo saudita, mediante un prestigioso posto di lavoro.

Jamal Khashoggi, come noto, è stato il critico numero uno dell’attuale principe saudita Mohammed bin Salmano (MBS), mediante i suoi editoriali, inseriti nella sezione del Washington Post ‘Global opinion’.

Poi c’è Al Qahtani, anche lui arabo, molto vicino al principe dell’Arabia Saudita che  ha comprato nel 2016 il 20%, proprio della società italiana “Hacking Team” che spia i telefonini e i computer.

Il 2016 è anche l’anno in cui il ministero dello sviluppo economico italiano, afferma Il Fatto, aveva concesso un’autorizzazione specifica per fornire il prodotto della Hacking Team all’Arabia Saudita. Tuttavia Hacking Teamm in realtà già dal 2010 aveva iniziato una collaborazione con le agenzie saudite, come si evince nei documenti interni pubblicati da Wikileaks nel 2015 e poi divulgati nel febbraio scorso dal sito italiano di Motherboard.

Il software della società italiana, per le sue capacità, da molti anni sarebbe stato nelle mire dei sauditi e in particolare del personaggio più temuto da Khashoggi, Al Qahtani, presidente da gennaio 2018 della Saudi Federation for Cybersecurity, programming and drones.

Il timore del giornalista saudita ucciso è riportato nll’articolo del Washington Post, “Khashoggi disse ai suoi amici che lui non credeva a quelle parole e non si fidava ne dell’offerta ne del funzionario che la proponeva, ovvero Saud Al Qahtani, consigliere  del Principe arabo”.

Al Qahtani è molto influente sui social con un profilo Twitter con più di 1,3 milioni di follower.

Dal sito del Qatar The New Arab Al Qahtani è stato definito “lo Steve Bannon Saudita”. Il sito ww.alaraby.co.uk ha pubblicato un ritratto dello Steve Bannon saudita nel quale si legge: “Secondo fonti saudite come il famoso dissidente Mujtahid, al Qahtani si dice abbia una unità per sorvegliare i social media che produce report giornalieri sui dissidenti”.

Jamal Khashoggi scriveva spesso contro Al Qahtani. A febbraio lo defìniva il funzionario attraverso i quale il principa dell’Arabia Saudita controlla i media.

L’azienda italiana Hacking Team è nata nel 2003 ed era riuscita a creare e commercializzare, un software spia in grado di intrufolarsi nel telefonino o nel pc o tablet di chiunque per carpirne i segreti, le mail, le conversazioni o addirittura per registrare e filmare.

I carabinieri e i pm italiani da Roma a Napoli a Milano hanno usato, ovvero usano quest’arma micidiale. Scrive Il Fatto che  anche Aise e Aisi (le agenzie di intelligence italiane) utilizzavano il softaware. Oggi a quanto pare hanno annullato il contratto con Hacking Team.

Questo softaware potentissimo in passato è stato offerto anche ai Governi stranieri, con l’autorizzazione del ministero dello Sviluppo Economico. Talvolta, scrive Il Fatto, anche a regimi non democratici come l’Egitto o il Sudan o appunto l’Arabia Saudita.

Uccisione Jamal Khashoggi. Azienda italiana di spionaggio al servizio dei sauditi

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