A chi va il reddito di cittadinanza? Il parere discordante dei giuristi

Il Mattino riporta il parere di Alessandro Pace che non è d’accordo con le dichiarazioni del vicepremier Luigi Di Maio sul  reddito di cittadinanza. Di Maio, “occorre individuare una platea chiara e lo puoi fare solo su coloro che sai chi sono, da dove arrivano, cioè dall’Italia, e dove stanno”.

Alessandro Pace, “parliamo di uno strumento che rientra nel campo dell’assistenza, se uno straniero genera dei redditi in Italia, e chiaramente paga le imposte, ha diritto anche a ricevere, se esiste, un sussidio corrispondente. Lo dice l’articolo 53 della Costituzione sulla capacità contributiva. Il professor Pace non esclude che ci siano le condizioni perché il presidente della Repubblica possa non firmare questa legge. Di diversa opinione è del costituzionalista Lorenza Carlassare, “il provvedimento recita – si chiama reddito di cittadinanza: quindi devi avere la cittadinanza, non basta la residenza per ottenerlo. Personalmente è più grave che non diano nessuno a questo sussidio, non che sia riservato soltanto agli italiani. L’articolo 38 della Carta recita che “ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale”. Ma al comma successivo si legge che “i lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria”. Appunto disoccupazione involontaria, chi vorrebbe lavorare ma non riesce a trovare un posto, al quale va garantita la dignità”.

La giurisprudenza si è mossa in maniera opposta. Per esempio nel 2011 la Cassazione ha bocciato la legge regionale friulana che escludeva dalle erogazioni del fondo anti-povertà chi non era residente in regione da meno di 36 mesi. Secondo i giudici, violava i principi di eguaglianza e ragionevolezza. Qualcosa di simile è avvenuto con il bonus bebè, che la legge del 2007 concedeva solo agli immigrati regolari con permesso di soggiorno di lunga durata. Al riguardo Tiziano Treu, ex ministro del Lavoro ora alla testa del Cnel, segnala che “è inaccettabile, secondo il diritto europeo, che una prestazione assistenziale come il reddito di cittadinanza possa essere data solo agli italiani”.

Il riferimento è soprattutto nella direttiva residenti, la 2011/98/UE, che prescrive che “ai lavoratori di Paesi terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato membro” sia garantita «una politica di integrazione più incisiva che miri a dare loro diritti e obblighi analoghi a quelli dei cittadini dell’Unione”.

Racconta al riguardo Natale Forlani, ex direttore del Dipartimento Immigrazione del ministero del Lavoro, “se il governo fa una norma del genere, la magistratura, che non ha mai scinto l’offerta di lavoro al sostegno al reddito, gliela cancella dopo tre mesi.

Poi lo status dei “lunghi soggiornanti” non regge se si fa una questione di risparmi; perché in Italia lo è il 70 per cento degli stranieri presenti”.

Secondo il giuslavorista Piergiovanni Alleva, già a capo della consulta giuridica della Cgu e consigliere di Di Maio per il decreto Dignità, la questione è più complessa. “Bisogna chiarire se stiamo di fronte a uno strumento di previdenza o di assistenza. Nel primo caso solo chi paga i contributi, ha diritto a una prestazione. E indipendentemente dalla cittadinanza. Se invece il reddito di cittadinanza lo si considera un diritto universale, una misura di sicurezza sociale, allora non può reggere la distinzione tra italiani o non”.

 

 

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