La Difesa tedesca a pezzi perde anche il suo ministro

La ministra della Difesa tedesca, Christine Lambrecht, da circa un’anno in carica, si dovrebbe dimettere domani. E’ accusata dai suoi generali ma anche da esponenti esterni di inedaguatezza.

Il cancelliere Scholz ha fatto di tutto per difenderla ma ormai si è arrivati in un vicolo cieco senza alcuna possibilità di ritornare indietro. All’orizzonte la nomina di un’altra donna.

Lambrecht ha preso la triste eredità dei suoi predecessori. Bilanci per la Difesa non sufficienti ed Esercito non addestrato alle sfide del presente e del futuro. Aveva avuto però una chance unica perchè poteva gestire la Zeitwende, il sontuoso stanziamento di 100 miliardi di euro che Scholz ha dedicato alla Difesa dopo l’invasione russa ai danni dell’Ucraina. Obiettivo era quello di modernizzare la Bundeswehr. Un flebile tentativo è stato dimostrato con la partecipazione al programma F-35 e l’acquisto di 60 elicotteri Chinook CH-47F. Tutto qui. Perchè ad un anno dall’insediamento materiali e munizioni dell’esercito continuano ad essere datati.

Nel frattempo però la Germania ha sostenuto lo sforzo occidentale consegnando a Kiev blindati, missili e sistemi di difesa antiaerea, ma non è stata capace di sostituirli. Ad oggi i magazzini rimangono vuoti e non pare ci siano contratti già avviati per porre rimedio in tempi stretti.

Al netto delle sue capacità manageriali, nell’anno di mandato, Lambrecht è stata anche colpita da una serie di scandali (si pensa grazie alle soffiate alla stampa da parte dei suoi generali). Ha utilizzato un elicottero militare per portare il figlio in vacanza a Sylt, l’isola dei tedeschi ricchi. Infine, la notte di San Silvestro, Lambrecht aveva diffuso sui social uno strano video amatoriale, registrato da sola in mezzo ai fuochi d’artificio, dove parlava di sé e non diceva nulla della guerra.

Per non parlare che non è mai stata gradita ai suoi generali per via delle nomine fatte nei punti chiave della Difesa a personaggi esterni all’Amministrazione militare.

Il cancelliere Scholza avrà una grana in più, nominare subito il sostituto perchè venerdì prossimo nella base di Ramstein, in Germania, i ministri della Difesa di 50 Paesi del gruppo di contatto per la difesa dell’Ucraina si riuniranno sotto la guida degli Stati Uniti, per discutere e coordinare i nuovi aiuti militari a Kiev. All’ordine del giorno sarà soprattutto la fornitura dei carri armati pesanti Leopard 2, di produzione tedesca. La Polonia ha già messo a disposizione i suoi, ma ha bisogno di un’autorizzazione da parte di Berlino per consegnarli. E a Ramstein ci vorrà un ministro della Difesa tedesco in grado di dare la risposta.

La figuraccia tedesca in ambito Nato

 Audino Uski su l’Espresso ha raccontato la debacle tedesca in ambito Nato. Solo due settimane al passaggio di consegne dalla Francia alla Germania nel comando congiunta della Nato (Vjtf), l’unità di intervento rapido creata al vertice Nato del 2014 in Galles in risposta all’occupazione russa della Crimea. Il 18 dicembre scorso i vertici dell’esercito e il ministero della Difesa a Berlino hanno ricevuto una lettera dai contenuti esplosivi a firma del generale della decima divisione corazzata Ruprecht von Butler. Nel corso delle esercitazioni di Münster con i panzer Puma, i 18 mezzi corazzati da combattimento per la fanteria hanno raggiunto un’operatività pari a zero, un «fallimento totale», riferisce il generale di divisione. «La capacità operativa dei veicoli è una lotteria, mi spiace doverlo dire così duramente», conclude il generale, consapevole che i mezzi corazzati sarebbero dovuti entrare in azione nella missione Nato Vjtf di lì a poco. La notizia della miseria in cui versa l’esercito tedesco rischia di valicare le frontiere e diventare un ennesimo caso internazionale. La titolare del dicastero Christine Lambrecht è corsa ai ripari, decidendo di sospendere l’entrata in azione dei panzer Puma nella missione Nato e di rimettere in funzione i «vecchi ma buoni» Marder, i cingolati in dotazione all’esercito tedesco dal 1970.

La vicenda viene sintetizzata dalla stampa tedesca come «il fallimento totale dei Puma», il veicolo frutto della partecipazione congiunta di due grandi marchi dell’industria della difesa tedesca, Rheinmetall, Landsysteme e Krauss-Maffei-Wegmann (Kmw). Il ministero sospende anche l’acquisto di un altro lotto dei cingolati mentre l’amministratore di Rheinmetall, Armin Papperger, liquida la vicenda come «una tempesta in un bicchier d’acqua» e in un’intervista alla Frankfurter Allgemeine am Sonntag parla di «lievi difetti» che si possono sistemare in due-tre settimane.

La Difesa tedesca a pezzi perde anche il suo ministro