L’incubo di Conte: “Un rimpasto prima delle regionali”. PD e 5S spingono per cambiare alcuni ministri

(di Massimiliano D’Elia) Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte così a margine della conferenza stampa di presentazione del decreto di agosto: “Sono pienamente soddisfatto dei miei ministri”. 

Perchè Conte ha voluto ribadire in quella sede, prima della pausa estiva, la sua piena fiducia ai suoi ministri? Le motivazioni sono molteplici ma una su tutte il desiderio di rimpasto fatto sottintendere dal Pd e da una  parte del Movimento allineata a Luigi Di Maio. Tante sono le poltrone “traballanti”, dalla Giustizia, alla Scuola per poi passare ad un ministero di peso, quello dell’Interno.

Un rimpasto potrebbe tenere a bada i risentimenti dopo le elezioni regionali di fine settembre, dove sondaggi alla mano M5S e PD, nonostante le probabili alleanze sui territori, potrebbero perdere 4 Regioni di peso. Un rimpasto darebbe la parvenza, anche, di un nuovo vigore al Governo che a settembre dovrà sostenere l’esame più difficile: presentare a Bruxelles il Recovery Plan italiano per convincere gli euroburocrati ad accordare i 219 miliardi di euro messi a disposizione per il nostro Paese dal Recovery Fund.

A non gradire l’idea di un rimpasto, secondo le ultime dichiarazioni, sarebbe però proprio il premier Conte. Ad avvalorare la tesi un retroscena reso noto dal quotidiano la Repubblica. L’eventuale rimpasto dovrà passare per un voto di  fiducia ai due rami del Parlamento. Sempreché si tratti di cambi in ministeri di peso tipo Interno, Giustizia, Economia e Difesa. Il passaggio per la fiducia alle Camere, secondo Repubblica, sarebbe il messaggio che il Quirinale ha fatto giungere direttamente al capo dell’esecutivo.

Per questo motivo  Conte non è favorevole ad un rimpasto, passare al voto delle Camere può diventare  un percorso insidioso: aprirebbe ad una mini crisi di governo e darebbe ulteriore benzina alle opposizioni. 

Nel frattempo all’interno dei due partiti di peso della maggioranza ci sono pesanti fratture dopo l’esito della votazione fatta sulla piattaforma Rousseau che ha di fatto cambiato la pelle al Movimento di Beppe Grillo aprendo la strada all’alleanza “totale” con i nemici storici di sempre, quelli del Pd.

All’interno dei due partiti, Pd e M5S, non proprio tutti digeriscono la prospettiva di un’alleanza “totale” da replicare anche sui territori. Nessuno vuole assoggettarsi all’altro e viceversa. Non dimentichiamo che se le sono dette pubblicamente di tutti i colori, con tanto di querele-denunce presentate nelle varie procure italiane. Per sotterrare l’ascia di guerra le querele, per ora, sono state tutte ritirate dal Pd e dal Movimento. Italia Viva, invece, non le ha ritirate, vuole un’arma sempre pronta a sparare, anche perché mira, nel vociferato rimpasto,  a piazzare la sua ancella Maria Elena Boschi,  magari proprio al posto dell’Azzolina.   

Nel Pd, invece, vogliono far entrare a tutti i costi Nicola Zingaretti nel Governo in un ministero di peso (Interno?). A via delle Botteghe Oscure si sono resi conto che i 5 Stelle hanno troppa autonomia nelle decisioni del Governo, occorre quindi puntellare con personaggi di peso i ministeri che contano. 

Anche se Nicola Zingaretti ha sempre rifiutato pubblicamente l’idea non è detto che di fronte alla reale possibilità possa cambiare opinione. 

Nel Movimento, invece, si è aperta una profonda crisi interna. L’alleanza con il Pd anche nei territori è vista più che un’opportunità una specie di pietra lapidaria sul Movimento. In molti si sono dichiarati apertamente contrari alla linea di Di Maio e Grillo, altri seguono con maggiore convinzione  Alessandro Di Battista e Davide Casaleggio, fedeli  da sempre alle linee programmatiche iniziali del Movimento delle Stelle. Dopo le elezioni regionali Davide Casaleggio ha annunciato una specie di Stati Generali del Movimento per chiarirsi sulle idee e sugli obiettivi, la domanda sorge spontanea, semmai si farà…., chi ci andrà dei grillini? La scissione potrebbe partire proprio dalla conta dei presenti.

La recente storia ci insegna che è tradizione in Italia, fare consuntivi nel mese di agosto e cambiare le carte in tavola dei governi.

 

L’incubo di Conte: “Un rimpasto prima delle regionali”. PD e 5S spingono per cambiare alcuni ministri

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