Papa Benedetto XVI ci ha lasciati. La chiesa perde il suo più grande teologo

Il direttore della Sala stampa della Santa Sede, Matteo Bruni: “Con dolore informo che il Papa Emerito, Benedetto XVI, è deceduto oggi alle ore 9:34, nel Monastero Mater Ecclesiae in Vaticano“. Dalla mattina di lunedì 2 gennaio 2023, il corpo del Papa Emerito Benedetto XVI sarà nella Basilica di San Pietro in Vaticano per il saluto dei fedeli.

Arrivava da una famiglia comune, con il papà poliziotto e la mamma cuoca, la quale ben presto però lasciò il lavoro per dedicarsi alla famiglia.

Ratzinger era nato a Marktl am Inn, nel cuore della cattolicissima Baviera, il 16 aprile del 1927.
Raffinato teologo, grande studioso, sembrava non essere destinato ad un ruolo di guida di tale portata. Invece fin dai tempi della Congregazione per la Dottrina della Fede era divenuto uno dei cardinali punto di riferimento per tutta la Chiesa nel mondo. Chiunque lo ha conosciuto da vicino riferisce di una grande capacità di ascolto che ha mantenuto anche negli anni susseguenti alla rinuncia, con il Monastero Mater Ecclesiae divenuto un un punto di riferimento per tutti coloro che erano alla ricerca di un consiglio, di una parola, una benedizione.
Maestro nel predicare in modo accessibile anche sui temi più complessi, in quasi otto anni di pontificato ha incontrato milioni di persone, ha compiuto decine di viaggi internazionali e in Italia, ha scritto diverse encicliche mettendo al centro l’amore e la speranza. Ha rilanciato e rinnovato la dottrina sociale della Chiesa, rendendola più aderente ai tempi difficili del mondo, tra globalizzazione e crescere delle povertà, relativismo e imperversare dell’effimero.
Resteranno nella storia della Chiesa le sue numerose pubblicazioni, a partire da “Gesù di Nazareth” in più volumi. Un ritratto per mostrare che la fede non è un elenco di proibizioni ma soprattutto un rapporto di amicizia con Dio.
Benedetto XVI, nel corso del suo pontificato, ha posto i temi della povertà e dell’Africa, dei giovani, dell’ecumenismo e dell’annuncio della fede al mondo ormai secolarizzato. Per primo poi ha sollevato i tappeti mostrando la polvere che era stata accumulata sotto: è lui che ha voluto intraprendere la lotta contro la pedofilia nella Chiesa. Era ancora cardinale (ma di lì a pochi giorni sarebbe succeduto a Giovanni Paolo II sul soglio di Pietro) quando nel 2005, nelle meditazioni della Via Crucis al Colosseo, diceva senza tanti giri di parole: “Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui!”.
Dopo i primi anni a Marktl, trascorse l’adolescenza a Traunstein; negli ultimi mesi della seconda guerra mondiale era stato arruolato nei servizi ausiliari antiaerei, mentre era iscritto d’ufficio alla Gioventù hitleriana. Una nota che gli costò tante accuse e critiche, pur essendo una condizione ‘normale’ per la Germania di quei difficili anni.
Diventato sacerdote il 29 giugno 1951, prese poi il dottorato in teologia con una tesi su sant’Agostino e fu abilitato alla docenza con un’opera su san Bonaventura. Ha insegnato in diverse università della Germania: a Frisinga, Bonn, Muenster, Tubinga e Ratisbona. E’ stato anche tra gli esperti che lavoravano accanto ai vescovi nel Concilio Vaticano II. Nel ’77 Paolo VI lo ha nominato arcivescovo di Monaco e il 27 giugno lo ha creato cardinale.
Ha partecipato ai conclavi che nel ’78 hanno eletto Papa Luciani e Papa Wojtyla. Nel 1981 Giovanni Paolo II lo ha nominato Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. E’ stato presidente della commissione per la preparazione del Catechismo della Chiesa cattolica, vice decano e poi decano dei cardinali. E’ stato eletto Papa il 19 aprile del 2005, al quarto scrutinio. Infine l’11 febbraio del 2013 la decisione a sorpresa di lasciare il Pontificato. Prima di lui occorre risalire a Gregorio XII il 4 luglio 1415, e prima ancora a Celestino V il 13 dicembre 1294, per trovare Papi che avevano fatto una scelta così dirompente. 

Due papi nella Città Santa

La storica rinuncia di Benedetto XVI, primo Papa a dimettersi da sei secoli – l’ultimo era stato Gregorio XII nel 1415 -, e la sua decisione di restare a vivere nella Città Leonina, seppur appartato nell’ex monastero Mater Ecclesiae, determinarono una situazione davvero senza precedenti: per la prima volta in duemila anni di storia della Chiesa due Papi si trovavano a coesistere in Vaticano.

Joseph Ratzinger pur avendo abbandonato il pontificato, non volle essere chiamato “vescovo emerito di Roma”, come consigliato da alcuni canonisti, scegliendo per sua stessa decisione la denominazione di “Papa emerito” o “Romano Pontefice emerito”, mantenendo anche la veste bianca, per quanto senza mantellina, e il titolo di “Sua Santità”.

Comunque la ‘coabitazione’ col successore, papa Francesco – cui al momento stesso di lasciare il papato alla fine di febbraio del 2013, aveva promesso “obbedienza” -, è stata per alcuni anni senza scosse, di armonia pubblicamente perfetta, priva assolutamente di ingerenze nel governo della Chiesa come di atti o dichiarazioni che potessero in qualche modo mettere in dubbio l’autorità o le decisioni del Pontefice in carica. Vivere “nascosto al mondo“, dedito allo studio, alla meditazione e alla preghiera, era stata l’intenzione annunciata dal Papa dimissionario: una linea che ha sempre mantenuto, con discrezione ‘bavarese’, interrotta solo dalle poche uscite pubbliche, e nel 2016 da un paio di interviste e soprattutto dall’uscita del libro-testamento, “Ultime conversazioni”, ampio domanda e risposta col giornalista tedesco Peter Seewald che aveva già realizzato con lui “Luce del mondo”.
A costituire un ‘caso’ – Ratzinger aveva già quasi 93 anni – fu però l’uscita nel gennaio 2020, prima in Francia e poi in Italia, del libro con il cardinale prefetto per il Clero, Robert Sarah, “Dal profondo del nostro cuore”, testo in cui i due autori proclamavano le loro tesi radicalmente contrarie a ogni innovazione sul celibato sacerdotale. C’era appena stato il Sinodo sull’Amazzonia, in cui i vescovi avevano votato a maggioranza la possibilità di forme di sacerdozio uxorato, cioè il conferimento del presbiterato a persone sposate, proprio per far fronte alle esigenze pastorali nelle impervie e sterminate lande amazzoniche.

Papa Bergoglio stava allora redigendo l’esortazione post-sinodale e si era in attesa delle sue decisioni sul tema, tanto che l’uscita del libro a quattro mani – Ratzinger però a un certo punto tolse la sua firma come co-autore – sembrò un tentativo di condizionare le scelte del Pontefice in carica. Tentativo che, alla prova dei fatti, riuscì, dal momento che nella sua ‘Querida Amazonia’ papa Francesco scelse di non aprire ad alcuna innovazione sul celibato, rinviando ad ulteriori elaborazioni e riflessioni.
Da parte sua, papa Francesco ha manifestato in ogni situazione un rispetto filiale per il suo predecessore, manifestandogli anche vicinanza con frequenti chiamate o visite.
“E’ come avere il nonno saggio in casa”, ha detto più volte per riconoscere il coraggio e il sostegno che gli dava poter avere vicino a sé la “saggezza” e l'”esperienza”, oltre che la sterminata cultura teologica del Papa emerito. A cui riconosceva anche di aver aperto con la sua coraggiosa rinuncia, “atto di governo della Chiesa“, una strada nuova: quella appunto dei “Papi emeriti”, che prima non esistevano, e che invece ora, col prolungarsi della vita e con eventuali decisioni analoghe a quelle di Ratzinger in momenti in cui l’età avanzata e il venir meno delle forze spingessero futuri Papi alle dimissioni, diventavano una figura da mettere in conto e anche da riconoscere canonicamente.

A papa Benedetto, tra l’altro, Francesco riconosceva di essere stato colui che aveva aperto la lotta senza quartiere contro la pedofilia, già portando avanti il ‘caso Maciel’ (fondatore dei Legionari di Cristo) da cardinale, contro tutto e tutti, quando “non aveva forza per imporsi”.
Questa ‘convivenza’ di manifesta sintonia fu sottolineata da ripetuti incontri: due immagini su tutte, quella del 23 marzo 2013 quando il neo-eletto Francesco si recò in visita a Castel Gandolfo al Papa da poco ‘emerito’, che gli affidò in consegna lo scatolone con l’inchiesta ‘Vatileaks‘ fatta dai suoi tre cardinali-007 Herranz, Tomko e De Giorgi, e quella dell’8 dicembre 2015, giorno di apertura del Giubileo straordinario della Misericordia, quando Francesco e Benedetto XVI varcano insieme, uno dopo l’altro, la Porta Santa di San Pietro. Essa, però, non impedì che attorno alla presenza dei due Papi si alimentassero le nostalgie dei ‘ratzingeriani’ avversi alle innovazioni e alle riforme del successore, dei vari ‘sedevacantisti’, che ritenevano le dimissioni di Benedetto XVI non valide perché date non liberamente, come pure ritenevano non valida l’elezione di Bergoglio per una votazione annullata a causa della presenza di una scheda in più.

Fecero discutere nel maggio 2016 anche le dichiarazioni del segretario di Ratzinger e prefetto della Casa Pontificia, mons. Georg Gaenswein, sul “ministero (petrino) allargato con un membro attivo e uno contemplativo”, che vedrebbe Benedetto XVI “come se avesse fatto un passo di lato per fare spazio al suo successore e a una nuova tappa nella storia del Papato”. Dichiarazioni in qualche modo esplosive, che ridiedero, anche se brevemente, non poca linfa ai detrattori di Bergoglio. Ma fu proprio lui, interrogato il mese dopo dai giornalisti sul volo che lo riportava a Roma dall’Armenia, a porre fine alle polemiche. “Ho sentito – disse a proposito del Papa emerito -, che alcuni sono andati lì a lamentarsi perché ‘questo nuovo Papa…’, e lui li ha cacciati via! Con il migliore stile bavarese: educato, ma li ha cacciati via”. “Ma c’è un solo Papa”, aggiunse con decisione, parlando del predecessore come di “questo grande uomo di preghiera, di coraggio che è il Papa emerito – non il secondo Papa – che è fedele alla sua parola e che è un uomo di Dio. E’ molto intelligente, e per me è il nonno saggio a casa”. 

fonte Ansa
   

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