Analisi, Preziosa:  “gommoni migranti fatti in Cina, i motori in Nigeria?

I trafficanti di esseri umani del mediterraneo utilizzavano vecchi pescherecci in disuso, acquistati dai pescatori algerini e tunisini. Da quando i militari delle varie missioni militari internazionali hanno iniziato a distruggere tali precarie imbarcazioni, sono usciti “a galla”, i “refugee boat”. Così vengono denominati gli strani gommoni fatti a misura di migranti che puoi acquistare facilmente sul motore di ricerca cinese Alibaba. Ne sono prova i  container pieni di questi gommoni, scoperti presso il porto internazionale Malta Freeport, direzione Libia. Una domanda nasce spontanea. Ok per i gommoni, conosciamo anche  i nomi delle fabbriche cinesi e i luoghi dove li producono. Due delle province più orientali della Cina, Shandong a Guangdong, patrie dell’industria nautica cinese. Ma i motori? Per i motori non è difficile immaginare la provenienza, dietro l’angolo, in Nigeria. Ecco perché. Nigeria e Cina sono due Paesi distanti geograficamente ma molto vicini. La Cina da molti anni sta concedendo prestiti onerosi  a parecchi paesi esportatori di fonti di energia di origine fossile e materie prime come la Nigeria, per assicurarsi stabilmente l’accesso alle risorse indispensabili al proprio sviluppo economico. Ma di recente  i prezzi mondiali del petrolio e delle principali materie prime sono crollati, creando grosse difficoltà economiche ai paesi produttori-esportatori. Negli ultimi 12 mesi i proventi dell’export petrolifero nigeriano si sono dimezzati rendendo problematico il rimborso puntuale dei prestiti cinesi. Nel contempo, i prodotti industriali “made in China” promossi dalle intense relazioni commerciali hanno invaso i mercati nigeriani, eliminando parecchi produttori locali che non potevano  competere con l’agguerrita concorrenza cinese.  In pochi anni la Cina è diventata il principale finanziatore internazionale dei nuovi ambiziosi progetti di sviluppo dell’infrastruttura nigeriana attraverso la concessione di prestiti commerciali per costruire strade, ponti, linee ferroviarie, aeroporti, centrali termiche, industria navale, insomma tutti i comparti produttivi che un Paese dovrebbe avere avere. Di converso le multinazionali occidentali del settore petrolifero hanno ridotto i loro investimenti, complici la caduta dei prezzi del greggio e la situazione di insicurezza creata dal movimento terroristico Boko Haram. Parallelamente la Nigeria è diventata un importante cliente delle imprese di costruzione cinesi più che mai interessate ad approfittare delle possibilità di assicurarsi contratti lucrativi, per giunta garantiti dal governo cinese. Le autorità giudiziarie nigeriane hanno anche scoperto molti casi di corruzione, legati a contratti con imprese di costruzione cinesi firmati dal precedente governo. Insomma la Cina in Nigeria la fa da padrona e non sarebbe difficile produrre proprio lì a due  passi  dalla  Libia, quei  motori  che  servono  per  far  iniziare  la traversata  ai  migranti  verso l’Europa, ovvero l’Italia. A quanto pare ora è diventato però più difficile acquistare questi gommoni sul Alibaba. Ad un impedimento, c’è la soluzione perché la posta in gioco è alta. Occorre vendere gommoni, motori per i gommoni e soprattutto esseri umani. Per commerciare sono state trovate soluzioni alternative, efficaci, silenti e non tracciabili. Mai sentito parlare della piattaforma finanziaria BigPesa? Sfrutta la tecnologia dei bitcoin e permette  pagamenti istantanei online tra Kenya, Nigeria, Tanzania, Repubblica Democratica del Congo, Uganda e Cina scavalcando costosi e lenti intermediari. Attraverso BigPesa si possono agevolmente pagare a distanza dipendenti, distributori e fornitori senza passare per il cambio delle monete locali in dollari, senza essere tracciati.

Poi c’è il portale e-commerce Amanbooce. È un portale fatto per l’Africa, fondato nel 2008 dal cinese Liao Xuhui sul modello di Alibaba. Liao ha creduto nello sviluppo del commercio online quando la velocità della rete nel continente africano era appena di 5 kb al secondo e anche una semplice email impiegava ore per arrivare a destinazione. Oggi copre le consegne in trenta Paesi africani e vende i loro prodotti in Cina. Il continente africano è sempre stato considerato un luogo sottosviluppato da esplorare e sfruttare, oggi invece l’Africa si sta imponendo come nuovo motore dell’economia mondiale. Con una crescita media di 4 punti percentuali di Pil l’anno e una popolazione in età da lavoro che presto diventerà la più numerosa al mondo. Rappresenta la nuova frontiera dello sviluppo e delle opportunità economiche e l’Occidente continua a interrogarsi su come rinnovare il rapporto con i vari Paesi africani.

Proprio l’11 luglio scorso l’Unione Europea si è svegliata e permetterà agli Stati membri di limitare le vendite alla Libia di imbarcazioni gonfiabili e motori fuoribordo. La misura è stata approvata nel corso del Consiglio dell’Ue. “Da luglio 2017, quindi gli Stati hanno una base legale per impedire di esportare o fornire questi beni alla Libia quando ci siano motivi fondati di credere che essi vengano usati per il traffico e la tratta di esseri umani. La misura potrà essere applicata anche a barche e motoscafi destinati a transitare all’interno della Ue (il riferimento è chiaro ai transiti cinesi).

Le restrizioni – si legge ancora sul sito del Consiglio, al quale hanno partecipato i ministri degli Esteri dei Paesi membri – non impediranno l’esportazione o la vendita di queste merci, se destinate a usi legittimi dalla popolazione civile, ad esempio per i pescatori, che potrebbero, però, aver bisogno di motori per le loro imbarcazioni”.

Nel frattempo le aziende cinesi sono già lì, attori, manovratori consapevoli di questa rinascita/mercato, con investimenti ingenti per fare dell’Africa la nuova fabbrica, a bassissimo costo,  del mondo. Magari proprio i cinesi potrebbero essere  la soluzione del fenomeno dei migranti, impiegando nella nuova Cina d’Africa la popolazione del continente nero che così  non dovrebbe più migrare per poter vivere.

di Pasquale Preziosa

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