Tunisi, Gentiloni parla con inviato Onu su Libia e Africa

   

Il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, durante il suo viaggio a Tunisi, ha incontrato l’inviato speciale dell’Onu per la Libia Ghassan Salamè, dove ha approfondito di temi più caldi del “dossier” libico. Il Premier italiano ha ribadito il sostegno italiano alle prossime elezioni libiche nel 2018. Molto fermi anche nell’impegno internazionale nei campi per i migranti. Grazie anche all’iniziativa italiana”, rivendica Gentiloni, è ora possibile parlare con le autorità  libiche di rimpatri volontari e corridoi umanitari. Ma bisogna fare in modo che regga il “fragile” equilibrio nel Paese e nel Nord Africa, dove preoccupa il ritorno di foreign fighters da Siria e Libia.

Prima di visitare il museo del Bardo, dove nel 2015 persero la vita in un attentato 24 persone tra cui 4 italiani, il premier incontra Salamè. Nei colloqui di sabato i vertici tunisini hanno chiesto al governo italiano supporto sul fronte sicurezza e immigrazione, oltre che sul piano economico: si discuterà  sia di una nuova tranche del pacchetto (da oltre 500 milioni) di riconversione del debito, sia della possibilità di fornire mezzi e veicoli, dopo i 12 pattugliatori dati a Tunisi nel 2011.

Ma il naufragio di un barcone al largo della Libia riporta in primo piano la ben più difficile frontiera tripolina. Con l’inviato Onu Gentiloni parla anche di stabilizzazione, dando sostegno alle prossime tappe individuate da Salamè  per consolidare il “fragile” equilibrio: confermare a dicembre gli accordi di Skhirat; indire un’assemblea nazionale di tutti i soggetti politici e civili in primavera; rafforzare l’assetto transitorio di consiglio presidenziale e governo per avere interlocutori più solidi; lavorare, infine, per il voto “a suffragio universale” nel 2018.

Solo se questi passaggi porteranno stabilità, si potrà garantire sicurezza, evitando, fa eco da  Bari Marco Minniti, che il Nord Africa diventi un “paradiso sicuro” per 25-30 mila foreign fighters e una “piattaforma di attacco all’Europa”.

E solo con interlocutori solidi si potrà fare “di più e meglio” per i migranti, contro la disumanità registrata nei campi libici negli ultimi anni. “Il centrodestra combatterà l’invasione dei migranti con centomila espulsioni l’anno, cinquecentomila in un quinquennio”, promette Matteo Salvini, ai prodromi di una campagna elettorale che sul tema promette scintille e probabilmente sarà centrale per gli elettori. Ma il governo respinge questa ricetta e politiche di emergenza che “sono vento nelle vele dei populisti”. Bisogna “stroncare i trafficanti”, dice il ministro dell’Interno, ma insieme “aprire le porte alla legalità” con “corridoi umanitari per chi scappa dalle guerre” e canali “legali per chi viene a lavorare”.

E Gentiloni lancia il suo appello all’Unhcr, all’Oim e alle ong che lavorano a Tripoli perchè “approfittino dell’apertura delle autorità libiche” e rafforzino i controlli nei campi profughi, pieni di migranti economici, ma discutano anche di “rimpatri volontari e di potenziali corridoi umanitari dalla Libia”.

Per la prossima settimana, spiega il ministro degli Esteri Angelino Alfano, l’Italia ha convocato il briefing del Consiglio di sicurezza chiesto dalla Francia sulla Libia. Ma per governare alla radice le migrazioni, Gentiloni punta a una visione ben più ampia che includa l’intera Africa.

Di qui la scommessa sul summit tra Ue e Unione africana cui il premier prenderà parte mercoledì ad Abidjan, dopo le visite in Angola e Ghana.