(di Francesco Matera) Parola d’ordine, almeno 600 mila vaccini al giorno, questo l’obiettivo di Mario Draghi che non a caso ha cambiato il vertice della Protezione Civile affidandone la guida a Fabrizio Curcio. Il piano è quello di sfruttare i 300mila volontari della Protezione Civile sparsi su tutto il territorio nazionale rinforzando in maniera sensibile anche la presenza di sanitari al loro fianco.

Siamo andati troppo lenti, ad oggi in Italia sono state somministrate 4,2 milioni di dosi complessive mentre sono stati vaccinati con due dosi solo 1,4 milioni di italiani. La media nazionale di somministrazione della dosi disponibili è del 72 per cento, con alcune Regioni che vanno più spedite rispetto alle altre. Da qui l’esigenza di affidare ad una struttura rodata come la Protezione Civile il compito di vaccinare tutta la popolazione in maniera progressiva e costante in tutte le regioni. L’idea è quella di affiancare inizialmente le Regioni ovvero attuare un Piano Unico Nazionale.

L’Italia potrebbe decidere di seguire l’esperienza della Gran Bretagna con un piano veloce verso l’inoculazione delle mono dose per coprire la maggior parte della popolazione, si garantirebbe così una vaccinazione di massa più spedita a fronte di una flessione della percentuale di copertura contro il virus. Con la rivisitazione del metodo si potrebbero somministrare 19 milioni di dosi al mese portando a circa 600 mila inoculazioni giornaliere. Un vero record europeo, dopo l’estate con l’inizio dell’anno scolastico potremo così superare la soglia del 70% dei vaccinati a favore della tanto invocata immunità di gregge.

Al Dipartimento della Protezione civile sono certi di riuscire nell’impresa, hanno la capacità logistica di allestire ambulatori e presidi sanitari con strutture mobili e tende, sfruttando i normali centri di assembramento come i supermercati o le stazioni ferroviarie. Molto utili saranno anche le caserme delle forze armate e di polizia. Una mano potrebbe venire anche dalla Difesa che in campo di logistica ha una mirabile esperienza, consolidata da decenni grazie alla duttilità di impiego in aree lontane dai confini nazionali.

Ad aiutare il sontuoso progetto di Draghi potrebbe rivelarsi vincente il nuovo vaccino americano, disponibile già a partire dalla fine di marzo con 26,6 milioni di dosi. Parliamo del vaccino della Johnson&Johnson, molto più semplice da gestire perché si conserva a temperature da frigo – tra 2 e 8 gradi – e soprattutto è monodose. Il prossimo 12 e 13 marzo di dovrà esprime l’ente regolatorio europeo Ema sulla sua efficacia e commerciabilità tra i paesi comunitari. Dopo un paio di settimane sarà chiamato ad esprimersi anche l’ente italiano, Aifa.

Nel frattempo l’Istituto superiore di sanità ha reso noti dati che dimostrano l’efficacia dei vaccini nel ridurre la circolazione del virus: “Dalla seconda metà di gennaio — scrive su Twitter l’istituto — vi è stato un netto calo per la popolazione di età maggiore o uguale a 80 anni. Attesa diminuzione numero di casi e gravità dello stato clinico in risposta all’aumento della copertura vaccinale“. In un altro tweet l’Istituto sottolinea che da metà gennaio si osserva una divergenza delle curve epidemiche, che prima mostravano un andamento simile -e si nota un trend in calo per gli operatori sanitari.

GLI ALTRI VACCINI

AstraZeneca prevede di consegnare 40 milioni di dosi per 20 milioni di persone. Numeri simili anche per Pfizer-BionTech e Sanofi-Gsk, che però inizierà a consegnare dal 2022. Non è escluso che l’arrivo del vaccino di Johnson&Johnson spinga altre aziende ad accelerare le consegne e recuperare il tempo perduto.

IL VACCINO DELLA JOHNSON&JOHNSON

Il medicinale, così come riporta Repubblica, si basa su una tecnologia simile a quella usata da AstraZeneca, cioè su un vettore virale, un adenovirus dello scimpanzé, che entra nelle cellule e rilascia il Dna della proteina spike, quella che sta sulla superficie del coronavirus e contro la quale si scatena la reazione immunitaria. Secondo gli studi osservati dagli esperti statunitensi, il vaccino non arriva alle coperture di Pfizer e Moderna, superiori al 90%, ma comunque ha percentuali considerate significative. Nei volontari su cui è stato testato negli Usa ha raggiunto il72% di copertura, ma ha protetto all’86% da forme severe.

Vaccinazione: Pronto il Piano Draghi con 600 mila dosi al giorno